Il futuro della società dipende dalla famiglia

Intervista al Cavaliere supremo Carl Anderson

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di Karna Swanson

CITTA’ DEL MESSICO, venerdì, 23 gennaio 2009 (ZENIT.org).- Il futuro della società dipende dalla testimonianza forte, autentica e visibile delle famiglie cattoliche, secondo il Cavaliere supremo dei Cavalieri di Colombo.

Carl Anderson era a Città del Messico la scorsa settimana (14-18 gennaio) per intervenire al VI Incontro mondiale delle famiglie, a cui hanno partecipato circa 10.000 persone. Il suo intervento era intitolato “Solidarietà e famiglia”.

In questa intervista a ZENIT Anderson ha illustrato alcuni passaggi del suo intervento ed ha parlato delle sue impressioni sull’incontro mondiale e di quella che egli considera la sfida più grande per la famiglia cristiana di oggi.

Il tema della sua conferenza è stato “Famiglia e solidarietà”. Perché solidarietà?

Anderson: La risposta breve è che questo è l’argomento che mi è stato assegnato. D’altra parte questo è un tema che è stato di grande importanza per Giovanni Paolo II. Ovviamente per ciò che è successo in Polonia e in tutta l’Europa orientale negli anni ’80 e ’90, ma soprattutto in quanto parte della sua visione generale di rinnovamento della Chiesa e della società.

Comprendere che la solidarietà, nel senso cristiano, è concepita come una comunione con l’altro e per l’altro. Questo è stato un concetto centrale per Giovanni Paolo II, che si è espresso nella sua teologia del corpo e in tutto il suo pensiero sulla persona umana in quanto legata agli altri. Questo è quindi il concetto di solidarietà nella famiglia e della famiglia, come modello per l’intera società, come testimonianza della comunione e della solidarietà e di una vita incentrata sull’altro: anzitutto nella famiglia, ma anche al di fuori di essa, nel resto della società.

Lei è passato dall’idea di unità, attingendo al pensiero di Giovanni Paolo II, per parlare poi della solidarietà, attingendo al pensiero di Benedetto XVI. Come è arrivato a questa conclusione?

Anderson: Ciò che è così sorprendente per me, anche se forse è solo parte del sapiente disegno della Provvidenza, è che ovviamente Giovanni Paolo II e Benedetto XVI sono due persone diverse, con due diversi indirizzi e interessi, ma tra le loro due impostazioni di pensiero vi è un forte parallelismo. Il fatto che Benedetto XVI apprezzi e si basi sulle idee introdotte da Giovanni Paolo II sulla solidarietà, sull’unità e sulla comunione tra le persone e sul suo significato; e il fatto che Benedetto XVI le riproponga, estendendole e approfondendole, dimostra la continuità che esiste nell’insegnamento della Chiesa, nella tradizione e nella vita della Chiesa. Si tratta quindi di una cosa meravigliosa e io credo che siamo molto fortunati ad avere questi due grandi Papi nella storia della Chiesa.</p>

Il concetto di solidarietà nella famiglia sembra riferirsi a un qualcosa che si verifica spontaneamente. Lei vede la solidarietà come un fenomeno naturale nella società, sebbene sia un qualcosa in fase di disgregazione?

Anderson: Io credo che una delle intuizioni più importanti di Giovanni Paolo II sia l’idea che non si tratti di mera teoria, ma di cose instillate nella stessa struttura dell’esistenza umana ad opera del Creatore come parte del suo disegno. Se guardiamo ai due grandi comandamenti – l’amore per Dio e l’amore per il prossimo – vediamo che l’amore è innato nella stessa vocazione della persona umana, nel suo nucleo più intimo. Non dovrebbe sorprenderci quindi che la struttura dell’esistenza umana sia disegnata in modo tale da portarci verso quel tipo di rapporto tra di noi. E questo, a mio avviso, è uno dei più importanti contributi che Giovanni Paolo II ha dato al continuo insegnamento della tradizione della Chiesa.  E credo che solo adesso stiamo iniziando a renderci conto della sua importanza e delle grandi implicazioni che comporta.

Quali sono le maggiori sfide che lei vede per la famiglia odierna negli Stati Uniti?

Anderson: Beh, non saprei da dove cominciare. Certamente vi sono le ovvie difficoltà sul fronte economico, sociale e culturale. Ma credo che la Grande sfida della famiglia cristiana sia quella di vivere ciò che significa essere cristiani, ciò che significa dire che Gesù è il Signore, e di credere in ciò che pronunciamo nel Credo e di vivere questa vita prima all’interno della famiglia e poi all’esterno, nell’intera società. Essere dei veri testimoni.

Quarant’anni fa, padre Joseph Ratzinger, rivolgendosi ad un gruppo di studenti, ha detto che ciò che preoccupa così tanti cristiani, più che la questione dell’esistenza di Dio, è la questione se il Cristianesimo costituisca un elemento di distinzione, se cioè si possa scorgere nella società un qualcosa di nuovo che derivi dal Cristianesimo. In questo senso, l’elemento di distinzione, per le famiglie cristiane, è questa sfida a dare testimonianza.

Vi è differenza tra le società laiche e quelle cristiane nel modo in cui ci si sposa, si crescono e educano i figli, si lavora, si trattano i propri dipendenti, i propri clienti, si vota? O questi comportamenti sono indistinti tra le due società?

Se non si dovesse trovare distinzione, allora dovremmo tornare alla grande domanda di padre Ratzinger: cosa ha portato di nuovo Gesù Cristo? Credo quindi che questa sia la sfida delle famiglie cristiane.

Il nuovo Presidente Obama si è insediato lo scorso 20 gennaio. Molti negli Stati Unitivi vedono nella sua Presidenza un punto di svolta per il Paese. Cosa vede lei nel prossimo futuro degli Stati Uniti?

Anderson: Io credo che gran parte della stampa – esclusi i presenti – oscilli continuamente fra due estremi. E credo che le aspettative per il nuovo Presidente siano attualmente molto, molto alte. Le sfide che gli Stati Uniti e il mondo devono affrontare sono così grandi che richiedono l’impegno di ciascuno a lavorare insieme per trovare soluzioni che siano opportune e adeguate.

Ma, rispetto ai suoi interventi in campagna elettorale, soprattutto sulle questioni relative alla famiglia, alla società, alla vita, se lui dovesse procedere in quella direzione, emergeranno grandi sfide per molti credenti che riconoscono la sacralità della vita. Siano essi cattolici, protestanti, ebrei, o per una certa misura persino non credenti. Credo, quindi, che tutti si aspettino che trovi delle soluzioni alle molte questioni economiche e di politica estera.

Un’ultima domanda. Quali potrebbero essere i frutti del VI Incontro mondiale delle famiglie?

Anderson: Il futuro della società dipende dalla famiglia, dal futuro della famiglia. E’ questo il decisivo terreno di incontro tra la Chiesa e la cultura di oggi. Per questo la testimonianza delle famiglie cattoliche deve essere autentica, forte e visibile rispetto alla comunità in cui esse vivono.

E deve essere una testimonianza che rifletta – e credo che il Papa Benedetto XVI lo faccia in modo eccezionale – la gioia di essere discepoli di Gesù Cristo, così che i non cristiani che vedono la famiglia cattolica possano apprezzare e volere per sé lo stesso modo di vivere. Non si tratta di una serie di “no”, ma di una serie di “sì”: un modo di vivere pieno di gioia e di realizzazione di cui anche io voglio essere parte.

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ZENIT Staff

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