* * *
Cari e venerati fratelli nell’episcopato,
È con gioia e affetto che vi ricevo questa mattina. Saluto in particolare Sua Eccellenza monsignor Ramzi Garmou, arcivescovo di Teheran dei Caldei e presidente della Conferenza episcopale iraniana, che mi ha appena rivolto belle parole a nome vostro. Voi siete gli ordinari delle Chiese armena, caldea e latina. Rappresentate dunque, cari fratelli, la ricchezza dell’unità nella diversità che esiste in seno alla Chiesa cattolica e che testimoniate quotidianamente nella Repubblica Islamica d’Iran. Colgo l’occasione per trasmettere a tutto il popolo iraniano il mio saluto cordiale di cui vi farete interpreti presso le vostre comunità. Oggi, come in passato, la Chiesa cattolica non smette di incoraggiare tutti coloro che hanno a cuore il bene comune e la pace fra le nazioni. Da parte sua, l’Iran, ponte fra il Medio Oriente e l’Asia subcontinentale, non mancherà di realizzare questa vocazione.
Sono soprattutto molto lieto di potervi esprimere personalmente il mio cordiale apprezzamento per il servizio che rendete in una terra in cui la presenza cristiana è antica e in cui si è sviluppata e conservata nel corso delle diverse vicissitudini della storia iraniana. La mia riconoscenza va anche ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose che operano in questo vasto e bel paese. So quanto la loro presenta sia necessaria e quanto l’assistenza spirituale e umana che assicurano ai fedeli, attraverso un contatto diretto e quotidiano, sia preziosa e offra a tutti una bella testimonianza.
Penso in modo particolare alle cure dispensate alle persone anziane e all’assistenza offerta a determinate categorie sociali particolarmente bisognose. Saluto anche attraverso di voi tutte le persone impegnate nelle opere di Chiesa. Desidero altresì ricordare il bel contributo della Chiesa cattolica, in particolare attraverso Caritas, all’opera di ricostruzione, dopo il terribile terremoto che ha colpito la regione di Bam. Non posso dimenticare l’insieme dei fedeli cattolici la cui presenza nella terra dei loro antenati fa pensare all’immagine biblica del lievito nella massa (cfr. Mt 13, 33), che fa lievitare il pane, gli dà sapore e consistenza. Attraverso di voi, cari fratelli, desidero ringraziarli tutti per la loro costanza e perseveranza e incoraggiarli a restare fedeli alla fede dei loro padri e attaccati alla loro terra per collaborare allo sviluppo della nazione.
Anche se le vostre differenti comunità vivono in contesti diversi, alcuni problemi le accomunano. Esse devono sviluppare armoniose relazioni con le istituzioni pubbliche che, con la grazia di Dio, certamente diventeranno a poco a poco più profonde e permetteranno loro di compiere meglio la propria missione di Chiesa nel rispetto reciproco e per il bene di tutti. Vi incoraggio a promuovere tutte le iniziative che favoriscono una migliore conoscenza reciproca. Due vie possono essere esplorate: quella del dialogo culturale, ricchezza plurimillenaria dell’Iran, e quella della carità. La seconda illuminerà la prima e ne sarà il motore. «La carità è paziente, è benigna la carità… la carità non avrà mai fine» (1 Cor 13, 4 e 8). Per raggiungere questo obiettivo, e soprattutto per la crescita spirituale dei vostri rispettivi fedeli, è necessario avere operai che seminino e che mietano: sacerdoti, religiosi e religiose. Le vostre comunità esigue non permettono l’emergere di numerose vocazioni locali che è tuttavia necessario incoraggiare. Inoltre la difficile missione dei sacerdoti e dei religiosi li obbliga a spostarsi per raggiungere le diverse comunità cristiane disseminate in tutto il paese. Per superare questa difficoltà concreta e altre, è al vaglio la costituzione di una commissione bilaterale con le vostre autorità per permettere così di sviluppare le relazioni e la conoscenza reciproche fra la Repubblica Islamica d’Iran e la Chiesa cattolica.
Desidero menzionare un altro aspetto della vostra vita quotidiana. A volte i cristiani delle vostre comunità cercano altrove possibilità più favorevoli per la loro vita professionale e per l’educazione dei propri figli. Questo desiderio legittimo si riscontra fra gli abitanti di numerosi paesi ed è ancorato all’umana condizione che ricerca sempre un futuro migliore. Tale situazione vi spinge, come pastori del vostro gregge, ad aiutare in particolare i fedeli che rimangono in Iran e a incoraggiarli a restare in contatto con i membri delle loro famiglie che hanno scelto un altro destino. Questi ultimi saranno così in grado di conservare la loro identità e la loro fede ancestrale. Il cammino che si apre dinanzi a voi è lungo. Richiede molta costanza e pazienza. L’esempio di Dio che è misericordioso e paziente con il suo popolo sarà il vostro modello e vi aiuterà a percorrere lo spazio necessario al dialogo.
Le vostre Chiese sono eredi di una nobile tradizione e di una lunga presenza cristiana in Iran. Esse hanno contribuito, ognuna alla sua maniera, alla vita e all’edificazione del paese. Desiderano proseguire la loro opera di servizio in Iran, conservando la loro identità e vivendo liberamente la propria fede. Nella mia preghiera non dimentico il vostro paese e le comunità cattoliche presenti nel suo territorio e chiedo a Dio di benedirle e di assisterle.
Cari fratelli nell’episcopato, desidero assicurarvi del mio affetto e del mio sostegno. Vi sarei grato se, una volta tornati in Iran, poteste dire ai vostri sacerdoti, ai vostri religiosi e alle vostre religiose, come pure a tutti i vostri fedeli, che il Papa è loro vicino e che prega per essi. Che la tenerezza materna della Vergine Maria vi accompagni nella vostra missione apostolica e che la Madre di Dio presenti al suo divino Figlio tutte le intenzioni, tutte le preoccupazioni e tutte le gioie dei fedeli delle vostre diverse comunità! Invoco su di voi in questo anno dedicato a san Paolo, l’apostolo delle nazioni, una Benedizione particolare.
[Traduzione dell’originale francese a cura de L’Osservatore Romano]