CITTA’ DEL VATICANO, martedì, 6 gennaio 2009 (ZENIT.org).- Il presidente di Caritas Internationalis, il Cardinale Óscar Rodríguez Maradiaga, avverte dell’urgenza di un cessate il fuoco a Gaza per permettere alle agenzie umanitarie di raggiungere e assistere le vittime del conflitto israelo-palestinese.
Secondo l’organizzazione caritativa, muoversi a Gaza è pericoloso, per cui i medici non riescono ad arrivare alle cliniche o alle case dei feriti, e a prestare soccorso.
Caritas Internationalis, confederazione di 162 entità cattoliche d’aiuto, sta fornendo assistenza medica d’emergenza attraverso Caritas Gerusalemme nella parrocchia locale. Nonostante le difficoltà, resta aperta una serie di centri sanitari, mentre la clinica mobile ha dovuto sospendere la sua attività.
“La Caritas e i partner della Chiesa cattolica in Terra Santa chiedono un immediato cessate il fuoco per permettere ai malati e ai feriti di essere assistiti – ha affermato il Cardinale Rodríguez –. Persone innocenti stanno soffrendo perché le agenzie di aiuto non possono raggiungerle a causa dell’azione militare israeliana”.
La Caritas chiede una fine immediata sia degli attacchi di Hamas nel sud del territorio israeliano che dei bombardamenti di Israele su Gaza per permettere l’arrivo degli aiuti.
“Il nostro staff a Gaza sta testimoniando un collasso dei servizi medici”, ha rivelato il segretario generale di Caritas Gerusalemme, Claudette Habesch. “La gente sta morendo in casa perché non riesce ad essere curata. Negli ospedali di Gaza ci sono 2.053 posti letto ma ci sono 2.500 feriti per i bombardamenti israeliani. I medici dicono che non hanno bende e antisettici”.
Dal canto suo, il ministro degli esteri israeliano, Tzipi Livni, in occasione della sua visita a Parigi, il 1° gennaio, per incontrare il ministro degli esteri francese, Bernard Kouchner, e il presidente Nicolas Sarkozy, aveva ribadito il no di Israele alla proposta francese di tregua a scopo umanitario.
“Non c’è una crisi umanitaria nella striscia di Gaza e quindi non c’è bisogno di una tregua umanitaria”. Israele, aveva detto la Livni “non ha mai interrotto il flusso di aiuti per la Striscia, anzi li ha addirittura aumentati nel corso dei giorni”.
La crisi attuale segue un blocco di Gaza di 18 mesi da parte di Israele. Il passaggio di Kerem Shalom è l’unico aperto, ma non riesce a sostenere il flusso che sarebbe necessario per far fronte ai bisogni della gente della Striscia. Può essere infatti attraversato da 100-150 camion al giorno, mentre le necessità giornaliere ne richiederebbero almeno 400. Per questo, la Caritas chiede l’apertura dei valichi di Karni e Nahal Oz.
Una ferma condanna della guerra e la richiesta di un cessate il fuoco sono giunti anche dal Consiglio Ecumenico delle Chiese (Wcc) e dal suo segretario generale, Samuel Kobia.
“Nei Paesi coinvolti in questo conflitto le Chiese e i membri delle Chiese chiedono ai Governi di iniziare l’urgente lavoro di assicurare un futuro più certo ai palestinesi, agli israeliani e ai loro vicini”, si legge in un messaggio del Wcc ripreso da “L’Osservatore Romano”.
“La stanca logica dei funzionari pubblici che incolpano gli altri negando la responsabilità del loro Governo ha portato alla perdita di molte vite”; “i Governi devono ora essere responsabili della pace”.
“La morte e la sofferenza di questi giorni sono spaventose e vergognose e non otterranno altro che nuove morti e nuova sofferenza”, denuncia il Wcc.
Per questo motivo, l’organismo chiede che i Governi della regione, la Lega araba, gli Stati Uniti, l’Unione Europea e le Nazioni Unite utilizzino “i loro buoni uffici per fare in modo che tutti coloro che sono a rischio vengano protetti da entrambi i lati del confine” e sia assicurato l’accesso agli aiuti di emergenza e medici”.
Da parte sua, l’associazione Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) ha promesso di inviare aiuti per far fronte alla drammatica situazione di Gaza, dove secondo le stime la disoccupazione interessa il 40% degli abitanti e il 30% non ha accesso all’acqua potabile. Circa la metà della popolazione è costituita da bambini.
Padre Manuel Musallam, parroco della Sacra Famiglia a Gaza, denuncia che “uomini, donne e bambini piangono. Cercano disperatamente il modo per nutrirsi e assicurare la propria protezione”, “lottando per sopravvivere”. “La gente ha paura, ma non vuole arrendersi”.
Nella Striscia di Gaza, su una popolazione di 1,5 milioni di abitanti ci sono 5.000 cristiani, perlopiù greci ortodossi, inclusi 300 cattolici di rito latino.
Visto che per i fedeli era troppo pericoloso girare nella zona, la parrocchia della Sacra Famiglia ha cancellato la Messa di mezzanotte e quella del primo giorno dell’anno, sostituendole con celebrazioni che hanno avuto luogo in una cappella scolastica.
“Non riesco a vedere molti dei miei parrocchiani ma invio loro regolarmente SMS per offrire una parola spirituale per incoraggiarli e aiutarli a pregare”, ha rivelato padre Musallam.
“All’inizio di ogni ora – ha rivelato –, abbiamo deciso di dire una preghiera: ‘Dio di pace, dà pace al nostro Paese; Dio di misericordia, dà misericordia al nostro Paese’”.