di Nicola Occhiocupo*
PARMA, giovedì, 18 dicembre 2008 (ZENIT.org).- Nell’udienza speciale concessa, lunedì 1° dicembre, agli studenti, ai docenti, al personale amministrativo tecnico dell’Università di Parma, Benedetto XVI ha posto l’accento su alcuni temi di attualità per l’ambiente accademico, e non solo: la riforma universitaria, la libertà, le antiche radici dell’Ateneo parmense.
Per quanto concerne le riforme, il Papa, partendo dalla testimonianza di San Pier Damiani, nel cui nome l’incontro è avvenuto, e che la storia annovera tra i grandi riformatori della Chiesa, il Papa ha sottolineato, tra l’altro, la validità del suo insegnamento, imperniato sulla necessità che “ogni autentica riforma deve essere anzitutto spirituale e morale, deve partire cioè dalla coscienze”. Il Pontefice, facendo riferimento espresso all’Italia, ha sostenuto come le riforme di carattere strutturale e tecniche per essere “effettivamente efficaci” debbano essere accompagnate “da un serio esame di coscienza da parte dei responsabili a tutti i livelli, ma più in generale di ciascun docente, di ogni studente, di ogni impiegato tecnico e amministrativo. Se si vuole che un ambiente umano migliori in qualità ed efficienza - ha affermato Benedetto XVI - occorre prima di tutto che ciascuno cominci con il riformare se stesso, correggendo ciò che può nuocere al bene comune o in qualche modo ostacolarlo”.
Parole particolarmente significative che investono credenti e non credenti, che impongono ai componenti della istituzione universitaria, prima fra tutti i docenti, un’approfondita riflessione etico-filosofica sulla crisi della università, che, prima di essere normativa, organizzativa, finanziaria, ordinamentale, è culturale e spirituale. L’attività didattica e di ricerca è soggetta a specifiche norme morali, prima che giuridiche, ispirata all’etica della responsabilità, dell’autonomia, della libertà, con la finalità primaria di contribuire alla crescita integrale della persona e, quindi, della società.
In stretto collegamento con il concetto di riforma, Benedetto XVI pone quello di libertà. Egli, a chiare lettere, proclama che “la validità di una riforma della università non può che avere come riscontro la sua libertà: libertà di insegnamento, libertà di ricerca, libertà della istituzione accademica nei confronti dei poteri economici e politici”. Un inno così forte alla libertà, pronunciata dal Pontefice, può meravigliare soltanto quelle persone e/o quegli intellettuali che non si sono ancora liberati da pregiudizi nei confronti di una Chiesa, ritenuta, a torto, oscurantista. Si ignorano i documenti ecclesiali, a partire dal Concilio Vaticano II, dedicati alla persona ed alla cultura, nel presupposto che la persona è la misura di ogni cultura e che nel dialogo fra le culture si gioca il destino dell’umanità.
Famose le parole, pronunciate da Giovanni Paolo II, il 2 giugno 1980, a Parigi, nella sede UNESCO: “L’uomo vive di una vita veramente umana grazie alla cultura … L’uomo non può essere fuori dalla cultura … La cultura è un modo specifico dell’esistere e dell’essere uomo”. Sede non certo unica, ma certamente privilegiata di elaborazione, di trasmissione di cultura, è l’università, nata, come scrive Papa Woityla, «dal cuore della Chiesa». Egli amava ripetere, tra l’altro, che: “come la religione richiede la libertà religiosa così la scienza rivendica legittimamente la libertà della ricerca”. La libertà e l’autonomia sono consustanziali all’Università. La Chiesa, come tante volte nella sua storia bimillenaria, ha colto i profondi cambiamenti che hanno investito il mondo contemporaneo ed offre anche una vasta apertura culturale al mondo, manifestando attenzione e rispetto per le diverse culture, per le istituzioni che la promuovono.
Un segno concreto è dato anche dall’udienza accordata da Benedetto XVI all’Università di Parma e dalle parole pronunciate, sulle orme dei suoi predecessori. Nella ricordata udienza, il Pontefice ha avuto anche l’opportunità di fare espresso riferimento alle “antiche radici” della Università di Parma, che trova fondamento in quella “Scuola di Parma”, formalizzata con il decreto di Ottone I del 13 marzo 962, annessa alla Cattedrale, sede celebrata di studi, nel periodo pre-universitario, nel secolo XI, secondo Ugo Gualazzini e studiosi stranieri, tra cui Ernest Dümmler e Donald A. Bullough, e dove San Pier Damiani acquisì quella rilevante formazione culturale e giuridica che lo portò ad essere una delle personalità più rappresentative di quel lontano periodo. È essenziale che l’Ateneo parmense continui a sviluppare, nella dimensione internazione del tempo presente, un’attività di formazione idonea a consentire ai giovani di raccogliere le sfide del mondo contemporaneo.
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*Rettore emerito dell’Università di Parma