ROMA, domenica, 14 dicembre 2008 (ZENIT.org).- Molte cose cambiano, negli anni. Le conoscenze scientifiche e le applicazioni tecniche, ad esempio. Ma altre cose non cambiano, e le chiamiamo “universali”, indicando così non solo una validità in tutto il mondo, ma anche in ogni tempo.
La dignità degli esseri umani, per esempio, è la stessa da sempre, indipendentemente dalla considerazione e dal rispetto che di volta in volta noi stessi siamo disposti a riconoscere. Che gli uomini siano uguali nella preziosità del loro essere, l’abbiamo ammesso da poco, nelle legislazioni, ma questo non cambia un fatto: che lo fossero e continuino ad esserlo comunque e dovunque, senza eccezioni di sorta.
Dovremmo essere grati a chi, singoli o istituzioni, periodicamente ce lo ricordano, perché la nostra convivenza civile dipende da questo annuncio accolto e applicato.
L’Istruzione “Dignitas personae” rientra in questo servizio di rinnovamento della memoria, di esortazione a non perdere la bussola nelle sfide che i nostri progressi nel “fare” suscitano al nostro “pensare”. A vent’anni dalla pubblicazione della “Donum vitae” ancora c’è bisogno di riflettere sul senso della “tecné”, anche perché questa si è affinata e ci mette nelle condizioni di fare ciò che prima non immaginavamo neppure.
La riflessione è offerta a tutti, “ai fedeli e a tutti coloro che cercano la verità”, si presenta come un approfondimento ragionevole e condivisibile di temi già ampiamente esaminati, ma “ritenuti bisognosi di ulteriori chiarimenti”.
Certamente per chi si definisce cattolico è un documento particolarmente prezioso, da accogliere con quell’assenso dell’intelletto e della volontà che contraddistingue colui che volontariamente ha scelto di essere parte, di partecipare alla vita della Chiesa. Fin dall’inizio vengono ricordati “le Encicliche Veritatis splendor ed Evangelium vitae di Giovanni Paolo II ed altri interventi del Magistero” dal momento che essi “offrono chiare indicazioni di metodo e di contenuto per l'esame dei problemi considerati”: agli occhi del fedele, esperto o meno delle tematiche bioetiche affrontate, questo è un indizio significativo della sua importanza.
Non si nasconde, il documento, la difficoltà e la molteplicità delle opinioni oggi presenti nella nostra cultura, ovvero nel modo di concepire la vita umana e di attribuirle dignità e valore. Non è un elenco disincarnato e utopico di ciò che un fedele di una religione dovrebbe fare per guadagnare un premio: è l’invito della ragione che non si autocensura a rintracciare i fondamenti del rispetto tra i componenti di qualsiasi comunità umana. Affinché l’utile non abbia la meglio sul giusto, il desiderio non diventi diritto, la cura del malato non si riduca ad accademico interesse per la malattia.
Ancora una volta è l’uomo al centro dell’attenzione e della preoccupazione della Chiesa. E pazienza se non mancherà chi ne lamenterà solo la presenza di divieti. A tutti gli uomini di buona volontà e di retta ragione non sfuggirà lo sguardo lungimirante e amorevole.
Per i medici e gli operatori nello smisurato campo sanitario, a contatto con quelle stagioni della vita che non hanno “utilità”, che mostrano – spogliato di ogni accessorio attraente – il valore incommensurabile di ogni vita, queste pagine saranno oggetto di meditazione e spesso anche di conforto: le accogliamo con gratitudine grande e con l’impegno di farne tesoro.
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* Vicepresidente nazionale per il nord dell’Associazione Medici Cattolici Italiani