TREVISO, martedì, 30 settembre 2008 (ZENIT.org).- Di fronte al vero pericolo per i diritti umani, oggi rappresentato dall’arbitrio individualistico, una risposta efficace può essere ancorare la difesa e la promozione di questi diritti alla legge naturale.
La proposta viene dal Vescovo Giampaolo Crepaldi, Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, che ha inaugurato questo lunedì la XXII Settimana Sociale dei Cattolici Trevigiani, sul tema “Dottrina Sociale della Chiesa e diritti umani”.
Un comunicato stampa del dicastero ricevuto da ZENIT ricorda che la legge naturale è intesa come il “disegno impresso dal Creatore al nostro essere da assumere liberamente e da condurre avanti”.
La fonte dei diritti, ha spiegato il presule, non è mai un consesso umano, per quanto possa essere autorevole, ma la dignità della persona umana.
Perché tali diritti siano rispettati, ha aggiunto, la giustizia da sola non basta.
“Nella società più perfetta e più giusta – come sottolineato da Benedetto XVI nella Deus caritas est – ci sarà sempre bisogno dell’amore fraterno, una risorsa che la società ed anche lo Stato non sanno produrre”, sottolinea il comunicato.
Da ciò deriva la necessità “di un’anima religiosa, senza la quale il diritti umani, una volta intravisti ed anche ufficialmente sanciti, perdono di vigore e sembra che l’umanità non abbia la forza morale per attuarli”.
Con l’eclissi di Dio, ha osservato monsignor Crepaldi, anche la verità e la carità perdono forza, ma i diritti umani ne hanno fondamentale bisogno.
Esaminando le nuove sfide che si pongono ai cristiani a sessant’anni dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, il Vescovo ha evidenziato la necessità di difendere e promuovere il diritto alla libertà religiosa, “evitando sia la concezione della laicità come neutralità, che è impossibile”, sia “l’indifferenza religiosa, che pone tutte le religioni sullo stesso piano, mentre ci sono religioni che non rispettano i diritti umani”.
Monsignor Crepaldi si è quindi soffermato sul diritto alla vita, “da recuperare nel senso più pieno”, sottolineando “l’incongruenza di battersi per la salvaguardia della natura e non per la tutela dell’embrione, di lottare contro lo sfruttamento delle donne sul lavoro e non contro le violente politiche di pianificazione delle nascite, di distinguere tra la povertà del feto umano sacrificato alla selezione eugenetica e quella dei bambini denutriti nelle molte aree povere del pianeta”.