di Mirko Testa
ROMA, venerdì, 29 febbraio 2008 (ZENIT.org).- “Mi permetto di raccomandarle, le ingenti difficoltà pastorali che la mia povera opera incontra nella presente situazione…”. E’ la richiesta contenuta in una lettera inedita che monsignor Karol Wojtyla inviò a padre Pio da Pietrelcina a pochi giorni dalla sua nomina ad Arcivescovo di Cracovia.
Si tratta di una lettera in italiano mai pubblicata finora né tanto meno conosciuta, che don Francesco Castelli, docente di Storia della Chiesa Contemporanea all’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Guardini” di Taranto e collaboratore della Postulazione della causa di beatificazione di Giovanni Paolo II, ha identificato dopo averla ricevuta, per mano del Postulatore monsignor Slawomir Oder, dall’archivio della Curia di Cracovia.
La missiva contribuisce a gettare nuova luce sul rapporto che intercorreva tra i due. Come si sa il futuro Pontefice e il frate stigmatizzato si erano conosciuti all’indomani della II Guerra Mondiale, nell’aprile del 1948, quando don Karol giunse a S. Giovanni Rotondo con un collega di studi per conoscere padre Pio e farsi confessare da lui.
Fu peraltro in quell’occasione che padre Pio rivelò a Wojtyla, l’esistenza di un’altra stigmate, sconosciuta agli altri, la più dolorosa, posta all’altezza della spalla dove Gesù portava la croce.
Finora, erano due le lettere note, scritte in latino e inviate al frate il 17 e il 28 novembre 1962 dal giovane Vescovo ausiliare di Cracovia che in quei giorni si trovava a Roma per prendere parte al Concilio Vaticano II, apertosi l’11 ottobre.
Nella prima, Wojtyla chiedeva le preghiere di padre Pio per la dottoressa Wanda Poltawska, una psichiatra che gli era stata di grande aiuto nella stesura del volume Amore e responsabilità, e che si era ammalata di cancro. Nella seconda il giovane presule ringraziava il Santo da Pietrelcina per l’avvenuta guarigione della donna.
La nuova missiva (Archivio della Curia di Cracovia, fondo K. Wojtyla, BI 3123 a) è datata 14 dicembre 1963 ed è più lunga delle precedenti. Come le altre due è stata scritta a Roma, probabilmente a conclusione della seconda sessione del Concilio Vaticano II.
E’ stata pubblicata e commentata da don Castelli nel numero di gennaio di quest’anno della rivista “Servi della Sofferenza”.
Don Castelli, autore su questa lettera inedita di un nuovo e approfondito contributo che comparirà sul numero di marzo di “Studi su padre Pio”, spiega che è “l’affidamento del vescovo alle preghiere del frate stigmatizzato che costituisce l’originalità più importante di questo documento, prova della crescente intensità nel rapporto tra i due”.
“Nelle precedenti lettere – aggiunge nello studio di prossima uscita – il loro legame rimaneva nell’ombra: il richiedente domandava per altri, non per sé”.
“L’ultima lettera, per la domanda personale del vescovo, esprime tra padre Pio e mons. Wojtyła un legame più consistente di qualche semplice richiesta di guarigione e fa luce sul rapporto tra padre Pio e Cracovia”, spiega ancora.
In particolare, nella missiva inedita Wojtyla fa riferimento a delle richieste da lui rivolte precedentemente a padre Pio: “La paternità vostra si ricorderà certamente che già alcune volte nel passato mi sono permesso di raccomandare alle Sue preghiere casi particolarmente drammatici e degni di attenzione”.
Fino ad oggi, infatti, si è sempre saputo che il futuro Papa chiese e ottenne le preghiere del frate solo per la dottoressa Poltawska e non si conoscevano altri casi.
Va detto, inoltre, che la Commissione storica della causa di beatificazione di Giovanni Paolo II non ha rintracciato ulteriori testimonianze documentali in proposito, né tantomeno è possibile indagare tra ciò che rimane degli archivi di padre Pio.
Infatti, a partire dagli anni ’50 in poi il frate cappuccino ricevette ogni giorno numerosissime lettere, ben 10 pacchi di lettere al giorno, tanto che si decise di distruggerle tutte per questioni di spazio.
Scorrendo oltre nella missiva, si leggono le parole di ringraziamento del Vescovo polacco a padre Pio per la guarigione di una donna ammalata di cancro e per il figlio di un avvocato – sul cui caso non si ha traccia nelle precedenti lettere e che quindi presuppone l’esistenza di almeno un’altra missiva – gravemente ammalato dalla nascita. “Ambedue le persone stanno bene”, fa sapere Wojtyla.
Il futuro Papa si rivolge poi a padre Pio per una signora paralizzata della sua diocesi – una nuova richiesta di cui non si aveva notizia – però aggiunge per la prima volta una richiesta personale: “Nello stesso tempo mi permetto di raccomandarle le ingenti difficoltà pastorali che la mia povera opera incontra nella presente situazione”.
Come ricorda anche don Castelli, Wojtyla allude a una delicata situazione venutasi a creare con la morte per infarto, nel giugno 1962, dell’Arcivescovo di Cracovia, monsignor Eugeniusz Baziak, quando era stato nominato Vicario capitolare di Cracovia con l’incarico di gestire provvisoriamente l’amministrazione dell’arcidiocesi.
Da mesi, infatti, si era aperta la ricerca di un candidato per la successione gradito sia al Primate polacco, il Cardinale Stefan Wyszyński, che alle autorità dello Stato.
Per ben due volte il Cardinale primate presenta delle terne di nomi in seguito rifiutate dal governo comunista, quando un alto funzionario del Partito Comunista Polacco (POUP), Zenon Kliszko, suggerisce che venga proposto “un uomo di dialogo, come il giovane vescovo ausiliare, di cui ho dimenticato il nome, con il quale in due settimane abbiamo risolto il caso del seminario di Cracovia”.
Il Vescovo in questione è Karol Wojtyla, che aveva con fermezza rivendicato il diritto della Chiesa sull’edificio del Seminario di Cravocia che era stato occupato dai comunisti locali per destinarne i locali all’Istituto Superiore di Pedagogia. In quell’occasione, Wojtyla chiese, tra lo sconcerto generale, di incontrare il Segretario del partito comunista cittadino.
Alla fine, all’Istituto Superiore di Pedagogia fu consentito di usare il secondo piano dell’edificio, mentre il Seminario conservò due piani per sé e il controllo del palazzo finché i futuri pedagoghi non lasciarono liberi i locali nell’estate del 1979.
Le autorità comuniste erano convinte di aver trovato in quell’attento studioso del marxismo un interlocutore più conciliante e malleabile del Cardinale Primate. Ma non avrebbbero potuto immaginare minimamente gli insegnamenti e l’attività pastorale, volti a suscitare una restistenza culturale al marxismo e all’usurpazione dello Stato comunista, cui avrebbe dato vita dal Concilio in poi, quando si mise in luce per diversi interventi importanti proprio sulla libertà religiosa e l’ateismo.
Il fatto che Wojtyla ricorresse spesso all’aiuto orante del frate cappuccino rivela di per sé oltre a un saldo legame spirituale anche un riconoscimento della sua santità. Inoltre, come lo stesso George Weigel, biografo di Giovanni Paolo II, rivela nel suo volume “Testimone della speranza” – in seguito a un colloquio privato avuto con il Papa polacco il 13 dicembre 1997 -, Wojtyla non aveva alcun dubbio che la guarigione della dottoressa Poltawska fosse dovuta a un miracolo operato per intercessione di padre Pio.
C’è da notare, poi, che la lettera del futuro Papa a padre Pio, con la richiesta di preghiere e intercessione, risale al 14 dicembre e che esattamente due settimane dopo, il 30 dicembre, venne invitato a recarsi a Roma da Paolo VI. A soli 43 anni, era stato designato Arcivescovo della sede cardinalizia di Cracovia.