1. Con grande gioia vi ricevo in questo giorno in cui, in occasione della vostra visita ad limina, siete venuti fino alle tombe degli Apostoli per rafforzare i vincoli di comunione delle vostre rispettive Chiese particolari con la Sede Apostolica. La mia gioia è ancora più grande perché questa è la prima volta che ho l’opportunità di incontrarmi con voi come Successore di Pietro. Ringrazio monsignor Fernando Sáenz Lacalle, arcivescovo di San Salvador e Presidente della Conferenza episcopale, per le gentili parole che mi ha rivolto a nome vostro. Attraverso di voi, invio un saluto particolare ai vostri sacerdoti, ai religiosi e ai fedeli laici che, con generosità e infaticabile sforzo, vivono e annunciano la Buona Novella della Redenzione che Cristo ci ha portato, vera e unica speranza per tutte le genti.
Il popolo salvadoregno si caratterizza, in maggioranza, per la sua fede viva e per il suo profondo sentimento religioso. Il Vangelo, portato lì dai primi missionari e predicato con fervore da pastori pieni di amore di Dio, come monsignor Óscar Arnulfo Romero, si è ampiamente radicato in questa bella terra, recando frutti abbondanti di vita cristiana e di santità. Ancora una volta, cari fratelli vescovi, è diventata realtà la capacità trasformatrice del messaggio di salvezza, che la Chiesa è chiamata ad annunciare, poiché certamente “la parola di Dio non è incatenata” (2 Timoteo, 2, 9) ed è viva ed efficace (cfr Ebrei, 4, 21).
2. Come Pastori della Chiesa, i vostri cuori si commuovono nel contemplare i gravi bisogni del popolo che vi è stato affidato e che desiderate servire con amore e dedizione. A causa della situazione di povertà, molti si vedono obbligati a emigrare alla ricerca di migliori condizioni di vita, il che provoca spesso conseguenze negative per la stabilità del matrimonio e della famiglia. Conosco anche gli sforzi che state compiendo per promuovere la riconciliazione e la pace nel vostro Paese, e per superare eventi tanto dolorosi del passato.
Allo stesso modo, nel 2005 avete dedicato una lettera pastorale al problema della violenza, considerato il più grave della vostra nazione. Nell’analizzarne le cause, riconoscete che l’incremento della violenza è conseguenza immediata di altre piaghe sociali più profonde, come la povertà, la mancanza di educazione, la progressiva perdita di quei valori che da sempre hanno forgiato l’anima salvadoregna, e la disgregazione familiare. In effetti, la famiglia è un bene indispensabile per la Chiesa e per la società, e anche un fattore fondamentale per costruire la pace (cfr Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2008, n. 3). Per questo sentite il bisogno di rivitalizzare e di rafforzare in tutte le diocesi un’adeguata ed efficace pastorale familiare, che offra ai giovani una salda formazione spirituale e affettiva, che li aiuti a scoprire la bellezza del piano di Dio sull’amore umano e permetta loro di vivere con coerenza gli autentici valori del matrimonio e della famiglia, quali la tenerezza e il rispetto reciproco, il dominio di sé, la dedizione totale e la fedeltà costante.
3. Dinanzi alla povertà di tante persone, appare come un bisogno ineludibile migliorare le strutture e le condizioni economiche, affinché tutti possano condurre una vita degna. Non bisogna però dimenticare che l’uomo non è un semplice prodotto delle condizioni materiali o sociali in cui vive. Ha bisogno di qualcosa di più, aspira a più di quello che la scienza o qualsiasi iniziativa umana può dargli. Vi è in lui un’immensa sete di Dio, sì, cari fratelli vescovi, gli uomini anelano a Dio nel più intimo del loro cuore, ed Egli è l’unico che può appagare la loro sete di pienezza e di vita, poiché solo Lui ci può dare la certezza di un amore incondizionato, di un amore più forte della morte (cfr Spes salvi, n. 26). “L’uomo ha bisogno di Dio, altrimenti resta privo di speranza” (Ibidem, n. 23).
Per questo occorre dare impulso a un ambizioso e audace sforzo di evangelizzazione nelle vostre comunità diocesane, volto a facilitare in tutti i fedeli quell’incontro intimo con Cristo vivo che è alla base e all’origine dell’essere cristiano (cfr Deus caritas est, n. 1). A una pastorale, quindi, che sia incentrata “in Cristo stesso, da conoscere, amare, imitare, per vivere in lui la vita trinitaria, e trasformare con lui la storia fino al suo compimento nella Gerusalemme celeste” (Novo Millennio ineunte, n. 29). Bisogna aiutare i fedeli laici a scoprire sempre più la ricchezza spirituale del loro battesimo, attraverso il quale sono “chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità” (Lumen gentium, n. 40) e che illuminerà il loro impegno di rendere testimonianza a Cristo in mezzo alla società umana (cfr Gaudium et spes, n. 43). Per realizzare questa altissima vocazione hanno bisogno di essere ben radicati in un’intensa vita di preghiera, di ascoltare in modo assiduo e umile la Parola di Dio e di partecipare spesso ai sacramenti, e anche di acquisire un profondo senso di appartenenza ecclesiale e una salda formazione dottrinale, soprattutto per quanto riguarda la dottrina sociale della Chiesa, dove troveranno criteri e orientamenti chiari per poter illuminare cristianamente la società in cui vivono.
4. Nella vostra sollecitudine pastorale i sacerdoti devono occupare un posto particolare. Vi uniscono a loro vincoli strettissimi in virtù del sacramento dell’Ordine che hanno ricevuto e della partecipazione alla stessa missione evangelizzatrice. Meritano i vostri sforzi migliori e la vostra vicinanza, per conoscere la loro situazione personale, per assisterli in tutti i loro bisogni spirituali e materiali e per incoraggiarli a proseguire con gioia il loro cammino di santità sacerdotale. Imitate in questo l’esempio di Gesù, che considerava suoi amici quanti erano con Lui (cfr Giovanni, 15, 15).
Come fondamento e principio visibile di unità nelle vostre Chiese particolari (cfr Lumen gentium, n. 23), vi incoraggio a essere promotori e modelli di comunione nello stesso presbiterio e a raccomandare di vivere la concordia e l’unione di tutti i sacerdoti fra di loro e attorno al vescovo, come manifestazione del vostro affetto di padri e fratelli, senza smettere di correggere le situazioni irregolari quando è necessario.
L’amore e la fedeltà del sacerdote alla sua vocazione sarà la migliore e più efficace pastorale vocazionale, e anche un esempio e uno sprone per i vostri seminaristi, che sono il cuore delle vostre diocesi, e ai quali dovete dedicare le vostre risorse ed energie migliori (cfr Optatam totius, n. 5), poiché sono speranza per le vostre Chiese.
Seguite altresì con attenzione la vita e l’operato degli istituti religiosi, valorizzando e promuovendo nelle vostre comunità diocesane la vocazione e la missione specifiche della vita consacrata (cfr Lume gentium, n. 44) e incoraggiandoli a collaborare all’attività pastorale diocesana per arricchire “con la loro presenza e il loro ministero, la comunione ecclesiale” (Esortazione Apostolica Pastores gregis, n. 50).
5. Sebbene le sfide che avete dinanzi a voi siano enormi e sembrino superiori alle vostre forze e capacità, sapete di poter ricorrere alla fiducia nel Signore, per il Quale nulla è impossibile (cfr Luca, 1, 37) e aprire il vostro cuore all’impulso della grazia divina. In questo contatto costante con Gesù, il Buon Pastore, nella preghiera matureranno i migliori progetti pastorali per le vostre comunità e sarete veramente ministri di speranza per tutti i vostri fratelli (cfr Pastores gregis, n. 3), poiché è Gesù a rendere fecondo il vostro ministero episcopale che, a sua volta, deve essere un riflesso autentico della vostra carità pastorale, a immagine di Colui che è venuto non “per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Marco, 10, 45).
6. Cari fratelli, al termine del nostro incontro vi ringra
zio di nuovo per la vostra dedizione generosa alla Chiesa e vi accompagno con la mia preghiera, affinché in tutte le vostre sfide pastorali vi colmino di speranza e vi incoraggino le parole del Signore Gesù: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Matteo, 28, 20). Vi stringo al mio cuore con un abbraccio di pace, nel quale includo i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i laici delle vostre Chiese locali. Su ognuno di voi e dei vostri fedeli diocesani imploro la costante protezione della Vergine Maria Reina de la Paz, Patrona di El Salvador, e al contempo vi imparto con grande affetto la Benedizione Apostolica.
(©L’Osservatore Romano – 29 febbraio 2008)