Accorato appello del Papa per il dialogo e la riconciliazione in Ciad

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CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 6 febbraio 2008 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha rivolto questo mercoledì un “accorato appello” alla riconciliazione nel Ciad, travagliato dalle lotte tra le forze governative e i ribelli che vogliono spodestare il Presidente Idriss Deby. 

Al termine dell’udienza generale, il Pontefice ha affermato di essere “particolarmente vicino alle care popolazioni del Ciad, sconvolte da dolorose lotte intestine, che hanno causato numerose vittime e la fuga di migliaia di civili dalla capitale”. 

Il Papa ha affidato alla preghiera e alla solidarietà dei fedeli “questi fratelli e sorelle che soffrono, chiedendo che siano loro risparmiate ulteriori violenze e venga assicurata la necessaria assistenza umanitaria”.

Per questo, ha rivolto “un accorato appello a deporre le armi e a percorrere la via del dialogo e della riconciliazione”. 

La capitale del Ciad, N’Djamena, è stata assalita da tre gruppi ribelli: l’Union des Forces pour la Démocratie et le Développement (UFDD), guidata del generale Mahamat Nouri, il Rassemblement des Forces pour le Changement (RFC) di Timane Erdimi e l’UFDD-Fondamentale di Abdelwahid Aboud Makaye.

La Chiesa sta facendo di tutto per tamponare la crisi. Cinquemila Ciadiani si sono rifugiati nella parrocchia cattolica di Kousseri, nella diocesi di Yagoua (Camerun), come ha riferito a “Fides” suor Lucia, della Congregazione delle Suore di S. Giuseppe di Cuneo, che opera nella missione camerunense di Mora. 

“Queste persone mancano di cibo e di medici – ha denunciato -. L’Amministratore Apostolico della Diocesi si è mobilitato per portare rifornimenti di cibo, ma ci vorrà del tempo perché le distanze sono enormi”.

Dopo lo scoppio dei combattimenti, gli abitanti di N’Djamena sono fuggiti in massa. “Il fatto che il centro della città si trovi a soli 17 chilometri dal confine con il Camerun ha facilitato la fuga – spiega la religiosa -, ma la frontiera è segnata dal fiume Logone: se il ponte è chiuso la gente deve usare le piroghe per attraversarlo”. 

L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) stima che i Ciadiani rifugiatisi in Camerun negli ultimi giorni siano 15-20.000.

I ribelli, ricorda “Fides”, hanno accettato in linea di principio il cessate il fuoco immediato. “Coscienti delle sofferenze della popolazione ciadiana e sottoscrivendo le iniziative di pace dei Paesi fratelli, la Libia e il Burkina Faso, le forze della resistenza nazionale danno il loro accordo per un cessate il fuoco immediato”, ha affermato il portavoce dell’alleanza ribelle Abderaman Kulamallah. 

“Siamo disposti ad avviare un dialogo nazionale per arrivare a una soluzione pacifica del conflitto”; “vogliamo fermare la guerra e avviare il dialogo per la costituzione di un governo realmente democratico”, ha aggiunto.

La situazione, ad ogni modo, non è ancora del tutto chiara perché non si tratta solo di una crisi interna al Ciad a causa di un contrasto tra il Presidente e i suoi oppositori. 

“È tutta la regione che va dal Sudan al Ciad, al Centrafrica e al Niger ad essere coinvolta”, afferma “Fides”, ricordando che questa area “è diventata strategica per le sue riserve di petrolio e di uranio, che suscitano le bramosie di diversi Paesi che muovono le loro pedine locali”.

Una mediazione internazionale per risolvere la questione dovrebbe inoltre tener conto del fatto che il Governo del Ciad accusa il Sudan di aiutare i ribelli, e Khartoum replica accusando il Ciad di sostenere i ribelli della regione sudanese del Darfur.

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ZENIT Staff

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