Denunciata la tossicità della Ru486

Intervista al Presidente della società medico-scientifica Promed Galileo

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Di Antonio Gaspari

ROMA, giovedì, 6 dicembre 2007 (ZENIT.org).- Questo giovedì, a Roma, presso la Camera dei Deputati, è stato presentato uno studio scientifico (http://www.promedgalileo.org/abortomedico.htm) in cui si denunciano tutti i limiti sull’efficacia, la tollerabilità ed i rischi della pillola abortiva Ru486.

Ad elaborare il documento è stata la Società Medico Scientifica Interdisciplinare Promed Galileo. La ricerca delle fonti è stata effettuata sulle banche dati usando strategie di ricerca orientate alla sensibilità. E’ stata ricercata, per quanto possibile, anche la letteratura “grigia” ed il web.

Secondo i ricercatori che hanno condotto lo studio, “Il documento intende rappresentare una fonte indipendente di informazioni per le Autorità Regolatorie e le Istituzioni oltre che per i cittadini poichè la percezione generale della problematica non è stata sufficientemente basata su una corretta valutazione delle evidenze”.

Il rapporto è stato presentato dal dottor Luca Puccetti, Presidente della società medico-scientifica Promed Galileo, dal professor Nicola Natale, Vice-presidente della SIGO (Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia) e Consigliere nazionale della FISM (Federazione delle Società Medico-Scientifiche Italiane) e dal dottor Renzo Puccetti, specialista in medicina interna e coordinatore per la Promed dei gruppi di lavoro.

Per comprendere il valore del documento in un contesto che vede le autorità sanitarie italiane impegnate a decidere se autorizzare o no l’utilizzo della Ru486, ZENIT ha intervistato il dottor Luca Puccetti.

Perché questo studio?

Puccetti: Nel corso del dibattito sulla pillola abortiva ci è parso che talora le informazioni divulgate non abbiano corrisposto e ancora oggi non seguano le evidenze che la letteratura medico-scientifica ha reso disponibili.

È proprio con lo spirito di cercare di offrire una valutazione il più possibile oggettiva delle evidenze scientifiche disponibili che abbiamo svolto il lavoro di revisione concretizzatosi nel documento che presentiamo all’attenzione delle autorità sanitarie competenti e della società nel suo complesso.

Ovviamente, in qualità di società scientifica, non potevamo, né avevamo l’intenzione di entrare nel dibattito bioetico attorno alla questione dell’aborto, limitandoci ad offrire una valutazione del profilo di sicurezza, efficacia e tollerabilità del mifepristone come farmaco abortivo e della procedura di aborto medico nel suo complesso.

Quali sono i risultati?

Puccetti: Il profilo di sicurezza dell’interruzione di gravidanza con mifepristone/misoprostol è inferiore rispetto a quella con aborto chirurgico, a parità di età gestazionale.

Il rischio assoluto è basso per entrambe le metodiche, ma il rischio relativo dell’aborto farmacologico è di almeno 10 a 1.

E’ a nostro giudizio da evidenziare il fatto che nelle pazienti decedute la sintomatologia ha avuto un’insorgenza subdola, si è verificata in donne trattate a domicilio, insomma si è mimetizzata fino a progredire e determinare la morte delle pazienti, altrimenti sane, in brevissimo tempo.

Vi sono però medici che affermano che l’aborto con i farmaci è una tecnica più soft.

Puccetti: Certo, a livello ipotetico sembra abbastanza naturale pensare ad una procedura farmacologica come a qualcosa di maggiormente tollerabile e tollerato, ma sotto numerosi aspetti l’aborto farmacologico delude le attese.

Se si considera soltanto il dolore, tutti gli studi che abbiano esaminato questo aspetto indicano un grado maggiore d’impegno per la donna associato all’aborto farmacologico.

In una casistica che ha valutato i livelli di dolore quasi un quarto delle donne riferisce di avere provato un dolore massimo. Si tratta di un aspetto importante, dal momento che spesso l’aborto farmacologico viene scelto dalle donne proprio nell’attesa di un dolore inferiore rispetto a quello dell’intervento chirurgico.

Vi sono poi altri due aspetti estremamente importanti: la fallibilità dell’aborto farmacologico che conduce con frequenza significativa ad una duplice procedura abortiva, con conseguente sommazione di rischi ed effetti collaterali, e il numero delle donne che dopo avere ricevuto i farmaci non si presentano alla visita programmata, situazione che rende più problematico il controllo delle possibili complicanze.

Il gradimento delle donne viene spesso invocato per giustificare la possibilità di scelta…

Puccetti: L’impressione generale che si ricava dalla letteratura sul tema specifico è di una scarsa qualità degli studi, dove è frequente l’assenza di quei criteri (gruppo di controllo, randomizzazione, analisi anonime) che elevano l’attendibilità delle risposte.

Spesso inoltre ci si imbatte in dati non univoci, inficiati da bias di selezione, che rendono da una parte scarsamente attendibili questi risultati, dall’altra rendono problematico estendere questi giudizi alla popolazione generale. In presenza di queste problemi metodologici ci pare più opportuno riferirsi ai dati oggettivi.

Nel documento si prende in considerazione anche il numero di aborti in relazione all’impiego della RU486. Cosa ci può dire in proposito?

Puccetti: Si tratta di un aspetto spesso non considerato con la dovuta attenzione che abbiamo cercato di porre in una prospettiva inedita.

Sappiamo dalla letteratura che rendere più semplice l’accesso all’aborto favorisce in qualche modo il percorso abortivo di una donna con gravidanza difficile.

Alcuni sostengono che a livello simbolico l’aborto mediante farmaci può costituire, al di là delle intenzioni, un messaggio di semplificazione dell’aborto e come tale essere capace di favorirne il ricorso.

A costoro si contrappone l’argomento empirico secondo cui, sulla base delle risultanze, nei paesi europei dove l’aborto farmacologico è stato introdotto da più tempo non vi sarebbe un incremento del tasso di abortività, cioè del numero di aborti per 1000 donne in età fertile.

I dati più aggiornati non confermano però questa interpretazione. In particolare è significativo l’incremento del rapporto di abortività, cioè del numero di aborti ogni 1000 nati vivi, in Francia, Inghilterra, Galles, Scozia e Svezia, paesi con più lunga esperienza della metodica.

Il rapporto di abortività è un indice che esprime in maniera più accurata l’attitudine delle gravidanze ad essere interrotte.

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ZENIT Staff

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