CITTA' DEL VATICANO, martedì, 20 novembre 2007 (ZENIT.org).- “Non c’è vero sviluppo senza vocazione, e non c’è vocazione senza Dio”: a dirlo è stato il Cardinale Renato R. Martino, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, nell'introdurre questo martedì, a Roma, l’Assemblea Plenaria del suo Discastero nel 40° anniversario della Populorum progressio di Paolo VI.

Nel prendere la parola il porporato ha sottolineato l’attualità della Enciclica di Papa Montini di fronte alle sfide della verità sull’uomo, del dialogo e della globalizzazione.

A questo proposito ha messo in luce alcuni temi presenti nella Populorum progressio: la visione dello sviluppo integrale, l’appello alla volontà di tutti gli uomini per affrontare e risolvere la piaga della fame, la segnalazione dell’urgenza di una mobilitazione corale della comunità internazionale.

Secondo il Cardinale Martino, dal documento papale deriva per il Pontificio Consiglio il triplice compito di promuovere: “un umanesimo aperto verso l’Assoluto”, giacché senza Dio l’umanità intera fatica a scoprire la sua vocazione nell’essere un’unica famiglia; “un pensiero nuovo sull’agire umano”, che superi la preminenza tecnica del fare sul ricevere e del produrre sull’accogliere; “la fraternità tra gli uomini”, per liberare lo sviluppo da una riduttiva interpretazione materialistica.

Riprendendo il paragrafo 15 della Populorum progressio, il Presidente del Dicastero vaticano ha spiegato che “non c’è sviluppo senza un disegno su di noi e senza noi come disegno”; e che per questo lo sviluppo non è “qualcosa di facoltativo, ma un dovere da assumere”.

Secondo il Cardinale Martino, l'Enciclica è “l’invito ad assumersi la responsabilità della propria vocazione di uomini, secondo il piano di Dio”.

“Senza Dio – ha aggiunto il porporato – l’uomo fatica a leggere nella propria natura una vocazione; senza Dio, i popoli faticano ad individuare nella loro storia e nella loro cultura una vocazione; senza Dio, l’umanità intera, fatica a scoprire una vocazione nell’essere un’unica famiglia”.

Successivamente ha ricordato il suo predecessore alla guida del Dicastero, il Cardinale vietnamita François Xavier Nguyên Van Thuân (1928-2002), la cui causa di beatificazione è stata avviata il 16 settembre scorso, a cinque anni esatti dalla sua morte, per iniziativa del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace e con l’approvazione e l’incoraggiamento del Santo Padre.

Più tardi il Cardinale Martino ha presentato il programma dei lavori e annunciato il II Congresso mondiale degli organismi ecclesiali operanti per la giustizia e la pace, che si terrà a Roma presso l’Hotel Ergife, subito dopo la Plenaria, dal 22 al 24 novembre sul tema: “40.mo anniversario della Populorum progressio: lo sviluppo di tutto l’uomo, lo sviluppo di tutti gli uomini”.

Il congresso affronterà le sfide attuali dello sviluppo alla luce della Dottrina sociale della Chiesa, in particolare quelle dell’ecologia umana, del pluralismo e del diaologo interculturale, nonché della nuova governance nell’ambito della globalizzazione. Verrà anche approfondito l’impegno pastorale della Chiesa per lo sviluppo integrale e solidale nel mondo.

Tra gli interventi di maggior rilievo, oltre a quelli dei Cardinali Tarcisio Bertone – Segretario di Stato – Renato Martino e dell’indiano Telesphore Toppo, ci saranno le relazioni del Preside della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, monsignor Franco Brambilla – nuovo Vescovo ausiliare di Milano –, del politologo indonesiano Pius Suratman Kartasasmita, dell’internazionalista canadese Louis Sabourin, della filosofa argentina Maria Celestina Donadio e dell’economista congolese Evariste Mabi Mulumba.

Depressione e cancro

ROMA, domenica, 18 novembre 2007 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito per la rubrica di Bioetica l’intervento del dott. Tonino Cantelmi, psichiatra e psicoterapeuta, Direttore della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo-Interpersonale di Roma.

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L’umore è sotto i tacchi, alzarsi la mattina ed iniziare la giornata è faticoso, viene voglia di piangere, il cervello è percorso da pensieri foschi ed inquietanti, il sonno non è riposo ed una vago dolore interiore si tramuta in tremiti non visibili: è la depressione, la patologia psichica che sembra voler segnare l’inizio di questo terzo millennio se, come previsto dall’OMS, sarà già nei prossimi anni la prima causa di invalidità civile nei Paesi cosiddetti civilizzati.

E’ come se l’incredibile accelerazione dei nostri tempi evidenziasse in maniera impietosa la fragilità dell’uomo di oggi: il disagio psichico in generale appare in crescita e l’OMS calcola che almeno un adulto su cinque nel corso della vita presenterà un qualche disturbo psichico necessitante cura. La depressione sembra essere nel complesso una delle patologie psichiche più frequenti. Ovviamente alcune condizioni appaiono più rischiose di altre: per esempio la separazione, le perdite ed il lutto sono situazioni particolarmente significative per il manifestarsi della depressione.

La malattia in generale e la patologia neoplastica in particolare costituiscono un evidente fattore di rischio. Infatti alla depressione sembrano particolarmente esposti i pazienti affetti da patologie oncologiche: secondo molti studi un paziente ogni 5 presenta una patologia depressiva. Ancora più strisciante, in ambito oncologico, è la cosiddetta depressione sottosoglia, cioè un quadro depressivo non pienamente espresso sul piano sintomatico, ma già in grado di interferire con la vita del paziente.

Ad alcuni può sembrare scontato che una patologia di così forte impatto emotivo come quella neoplastica si associ alla depressione. Eppure questo riconoscimento non è affatto scontato. Infatti numerosi studi hanno dimostrato che la depressione è sottovalutata nel paziente affetto da patologia neoplastica. I motivi sono molteplici, ma il dato conclusivo è che la depressione è spesso non riconosciuta e quindi non trattata. In parte ciò è anche collegato allo stigma che si associa alla sofferenza mentale, alla vergogna ad esprimere la propria sofferenza emotiva, le proprie paure e le angosce, quasi come se ciò fosse segno di una debolezza da nascondere. In parte lo scarso riconoscimento della depressione è legato alla necessità di concentrare energie e terapie sulle problematiche neoplastiche e alla tendenza a spiegare le sofferenze emotive come un inevitabile prezzo da pagare. Infine alcuni sintomi della depressione vengono attribuiti alla patologia neoplastica ed alle terapie mediche in atto. Nel complesso comunque, in percentuali anche pari al 50%, la depressione non viene diagnosticata correttamente.

I criteri per la diagnosi di depressione, in generale, sono costituiti dalla presenza di umore depresso, anedonia (mancanza di piacere per le attività che comunemente davano piacere al paziente), perdita dell’energia vitale, della motivazione e apatia, irrequietezza o al contrario inibizione, alterazioni sessuali, alterazioni dell’appetito e del sonno (insonnia o al contrario eccesso di sonno), idee di morte, disturbi cognitivi (difficoltà nella concentrazione, perdita delle capacità attentive, disturbi della memoria), chiusura in se stesso, irritabilità, pessimismo, sensi di colpa e perdita della stima in se stessi. Ovviamente i quadri clinici hanno una variabilità fenomenologia individuale, una espressività sintomatica di intensità diversa e una percezione soggettiva della sofferenza che fanno sì che ogni paziente depresso sia diverso dagli altri. In ogni caso però la depressione sottrae al paziente la capacità di lottare e di sperare, deteriora i rapporti interpersonali e peggiora in modo significativo la capacità di reagire alle avversità .

Molti definiscono la depressione come la patologia della speranza: un depresso si percepisce infatti proprio come una persona inaiutabile. E quali sono le conseguenze della depressione quando non viene riconosciuta e trattata? Sono molte e gravi: non trattare la depressione significa per esempio incrementare la sofferenza soggettiva, peggiorare la qualità della vita, aumentare la disabilità e persino peggiorare la risposta alle terapie. Alcuni studi evidenziano come la depressione sia associata ad una maggiore percezione ed intensità del dolore neoplastico, poiché amplifica la sintomatologia algica attraverso meccanismi neurotrasmettitoriali. Molte e complesse sono le interazioni tra sistema immunitario e depressione e queste rendono ancora più forte il legame fra depressione e patologia oncologica. In generale molti studi evidenziano che la depressione provoca un deterioramento della risposta immunologica antitumorale. In alcuni casi è stato evidenziato come la depressione possa precedere l’esordio di una sintomatologia neoplastica, lasciando inferire complicate interconnessioni tra la patologia depressiva e quella oncologica.

Non c’è dubbio: l’esame di tutte le ricerche condotte sinora sul rapporto fra depressione e cancro porta a poter affermare che trattare la depressione è doveroso e che sottovalutarla ha conseguenze dannose per il paziente. Ci sono molte risorse per la terapia della depressione, piuttosto efficaci e sicure. Gli antidepressivi oggi disponibili sono connotati da un ottimo profilo di sicurezza e tollerabilità, anche in condizioni di comorbidità con patologie organiche significative. Permangono molti pregiudizi sull’uso degli antidepressivi (fanno dormire, danno dipendenza, cambiano il carattere, ecc…), ma si tratta per l’appunto di pregiudizi, facilmente superabili con una corretta informazione. Peraltro sono molteplici le prove di efficacia a favore della psicoterapia ad orientamento cognitivo: molti studi controllati evidenziano l’efficacia della psicoterapia cognitiva nei disturbi depressivi, a volte con risultati sovrapponibili ai trattamenti farmacologici. In altri termini la depressione non è invincibile e tutti possono riconquistare la voglia di combattere.