“Con-fini tra vita e morte: una strada da ridisegnare”

Esperienze a confronto in un convegno all’Ateneo “Regina Apostolorum”

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Di Luca Marcolivio

 

ROMA, venerdì, 30 novembre 2007 (ZENIT.org).– Trasmettere ai ragazzi il valore della vita, messo di fronte al dramma della morte. Questo il senso del convegno “Con-fini tra vita e morte” tenutosi martedì scorso presso l’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum” (APRA), con il contributo dell’associazione “Famiglie di Angeli” onlus, dell’associazione “Scienza e Vita” di Latina e dell’Università Roma TreRO

L’incontro è stato impostato come un confronto tra accademici ed esperti da un lato e studenti liceali dall’altro (erano presenti un centinaio di allievi degli istituti romani “Machiavelli”, “Tozzi”, “Newton”, “De Amicis” e “Leonardo Da Vinci”).

Introdotti da Emmanuele Di Leo, Presidente di “Scienza e Vita” di Latina, e da Leonardo Macrobio, docente di bioetica all’APRA, hanno preso per primi la parola alcuni psichiatri, pedagogisti e sociologi.

A esordire è stata Vincenza Tripaldi, Presidente di “Famiglie di Angeli” e cultore di Pedagogia Speciale e Bioetica a Roma Tre, ricordando che la sua onlus nasce a seguito di un lutto familiare: “Ho perso la mia unica figlia all’età di 19 anni e ho voluto dare un senso a questa disgrazia, vivere il dolore come esperienza fortificante e trasmettere agli altri quanto sia bella la vita”.

Da parte sua Elisabetta Vella, psicoterapeuta dell’Università di Roma Tor Vergata, ha approfondito il tema della sofferenza fisica e psicologica quale mezzo “per cogliere il senso della vita, per farne testimonianza ai più giovani, quando si sentono smarriti, soli, inutili, per insegnare loro ad evitare quelle condotte a rischio […] indice di una sfida alla vita o peggio di una decisione di morte”.

La fragilità, la malattia e la morte possono essere dunque un input per “spogliare i nostri comportamenti da tutti quegli inutili orpelli che la società ci impone, come bisogni primari e che viceversa, rappresentano falsi bisogni, creati dal mondo per sete di denaro e di potere, spesso ingannando i nostri ragazzi”, ha aggiunto la professoressa Vella.

La pedagogista Bruna Grasselli, docente a Roma Tre e alla Pontificia Università Lateranense, ha focalizzato la propria attenzione sulla complessità educativa e sull’opportunità di “riscoprire l’aspetto emotivo e, in qualche modo, ‘ludico’ dell’apprendimento”. “L’allievo modello – ha aggiunto – è colui che riesce a tradurre quanto apprende su un piano di gruppo e a interagire con empatia”.

Cecilia Romana Costa, sociologa a Roma Tre, ha invece segnalato alcune recenti ricerche che indicano “il ristabilirsi di una buona dialettica tra ambiti dell’esistenza a lungo separati: malattia e religione, dolore e religione, morte e religione”. Anche nelle società odierne “ebbre di regolamentazione” e di tecnica, dunque, sussiste “un bisogno di assoluto mai spento”, ha osservato.

La seconda parte del convegno ha spostato i riflettori sul punto di vista bioetico e filosofico della dialettica vita/morte. Emanuela Riccardi, docente di Teologia morale presso l’APRA e membro del comitato scientifico di Scienza e Vita di Latina, ha puntualizzato il concetto di vita, come “condizione che distingue gli organismi animati da quelli inanimati, in contrapposizione alla morte”.

La professoressa Riccardi ha riflettuto poi sul senso e sulla sacralità della vita, a fronte delle disgrazie e dell’odio tra gli uomini: “Razionalmente si può comprendere che la vita è intoccabile e sempre dignitosa dentro il riconoscimento ‘naturale’ del suo essere ‘uomo’, persona”.

“Nell’esperienza cristiana è possibile imparare il vero rispetto per sé e per l’altro; in Cristo si comprende fino in fondo che la carne, il corpo di ciascun uomo è il luogo del Divino, e quindi ha già in sé quella dignità e quel segno indelebile che Dio Creatore imprime sin dal concepimento nel grembo materno”, ha aggiunto.

In conclusione dobbiamo “camminare adagio per affermare e vivere valori perduti o dimenticati o derisi: l’attenzione ad ogni vivente, lo sguardo sul volto dell’altro, la scoperta delle cose piccole: sentire significativi fatti che non fanno clamore, entrare in sintonia con chi incontriamo, percepire il respiro dell’anima di chi ci vive accanto”, ha concluso la Riccardi.

Pietro Grassi, docente di Storia delle religioni alla Pontificia Università Santa Croce e membro del Comitato Scientifico di Scienza e Vita a Latina, ha invece affermato che “i giovani sono per loro natura portatori di valori e spesso ne lamentano la mancanza tra gli adulti”.

“La paura dell’adolescente è il non riuscire a diventare quel che vuole, contrapposta alla paura dell’adulto di perdere ciò che ha. Il disagio giovanile nasce dal deficit di affettività e può diventare patologico quando prevale la paura di crescere”, ha aggiunto.

Il concetto di libertà è stato oggetto della relazione di Guido Traversa, docente di Filosofia contemporanea presso l’APRA. “Libero è quel legame che può essere instaurato, liberamente, fra l’uomo e la natura di ciò a cui egli tende – ha affermato il docente –. Rispettare, ammirare, arricchire tale natura rende libero l’uomo, il quale, per sua natura, è già libero”.

“Se la libertà è una facoltà, essa lo è a patto che la si intenda come quella capacità di assecondare, accettare, avvertire e contemplare, una natura che è altra da se stessi. La libertà, se è una facoltà, lo è non tanto di una o anche di tutte le coscienze, quanto del legame tra chi tende e ciò a cui si tende”, ha aggiunto.

Ancora di ambito pedagogico è stato l’intervento di Nadia Murgioni, consigliere onorario della Corte d’Appello del Tribunale dei Minori di Roma. “Dare educazione e dare e darsi dei confini – ha affermato la dottoressa Murgioni -. Implica una ‘memoria educativa’ sulla nostra infanzia e un delicato bilanciamento di esperienze di permessi, apprezzamenti, divieti e indicazioni valoriali”.

In qualità di presidente di Scienza e Vita a Latina, il moderatore Emmanuele Di Leo ha citato ad esempio, un’esperienza vissuta con la propria associazione. “Qualche tempo fa entrai a contatto con un uomo affetto da tetraplegia midollare – ha raccontato –. All’inizio voleva il suicidio assistito, poi, dopo circa una decina di incontri con noi è riuscito a dare un senso alla propria vita”.

“La vera molla che lo ha cambiato – ha proseguito Di Leo – è stata la consapevolezza di essere isolato ma che la sua esistenza è utile ed importante per gli altri. Ha capito che poteva aiutare le persone nelle sue stesse condizioni e ora collabora con me nel reperimento di fondi per i malati come lui”.

A chiudere la giornata è stato padre Gonzalo Miranda, docente di Teologia morale all’APRA ed ex Decano della Facoltà di Bioetica. “Volendo citare il titolo di un film di Roberto Benigni – ha affermato padre Miranda – mi sento di dire che ‘la vita è comunque bella’, anche quando sembra solo fonte di insoddisfazione e sofferenza”.

“Una grande testimonianza è quella dello psicologo Viktor Krankl che visse la terribile esperienza dei campi di concentramento: in quelle situazioni terribili non era la forza fisica, e nemmeno una mera forza psicologica. La chiave era l’amore”.

“La dignità dell’essere umano non nasce dalle sue capacità, né dalla considerazione che la gente ha di lui. La grandezza dell’uomo sta nella sua capacità di amare e donarsi”, ha poi concluso Miranda.

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ZENIT Staff

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