ROMA, mercoledì, 31 ottobre 2007 (ZENIT.org).- L’appello del Papa Benedetto XVI al riconoscimento per i farmacisti del diritto all’obiezione di coscienza, lanciato il 29 ottobre scorso nel discorso alla Federazione internazionale dei farmacisti cattolici, ha scatenato un intenso dibattito.
La Federazione Nazionale dei Titolari di Farmacia (Federfarma) e il Ministro della Salute Livia Turco hanno criticato il Pontefice, mentre l’Ordine nazionale dei farmacisti, l’Unione cattolica dei farmacisti italiani (UCFI) ed il Movimento per la Vita (MpV) hanno ribadito il diritto all’obiezione di coscienza nei confronti di farmaci che potrebbero procurare l’aborto come la cosiddetta pillola del giorno dopo (Norlevo).
Sulla questione si è pronunciata anche la Federazione degli ordini dei farmacisti italiani (Fofi) dicendosi pienamente d’accordo con quanto dichiarato dal Papa e auspicando una precisa regolamentazione in merito.
In un comunicato pubblicato sulla pagina del proprio sito web, la Fofi ha spiegato che la “normativa attuale non prevede l’obiezione di coscienza per i farmacisti, i quali, pertanto, non possono rifiutarsi di dispensare i farmaci richiesti dal cittadino, qualsiasi essi siano”.
Ma proprio per questo, aggiungono, “i farmacisti italiani ribadiscono la loro adesione all’appello del Pontefice, sollecitando il Governo e il Parlamento a un intervento legislativo che regolamenti la delicata questione in via definitiva”.
A questo proposito il dottor Piero Uroda, Presidente dell’Unione cattolica dei farmacisti italiani (UCFI), ha spiegato a ZENIT che “la legge a cui si fa riferimento è entrata in vigore nel 1938 quando non venivano venduti farmaci abortivi e l’interruzione volontaria di gravidanza era punita”.
Il dottor Uroda ha sottolineato che “i farmacisti cattolici hanno praticato l’obiezione di coscienza, lo fanno oggi e lo faranno anche domani, perché chi è cattolico non può partecipare ad una azione che sopprime la vita”.
Il Presidente dei farmacisti cattolici ha inoltre affermato che “l’aborto è una disgrazia, non è un diritto, e se compiuto volontariamente sopprime una vita”, e per questo motivo, “come farmacisti e come cattolici noi ci rifiutiamo di distribuire una pillola che può provocare un aborto”.
Secondo il dottor Uroda “è ormai evidente a tutti che l’embrione è l’inizio di una vita umana”. In quella prima cellula, ha spiegato, “ci sono tutti gli elementi che daranno vita ad un bambino o ad una bambina, che noi dobbiamo difendere e non sopprimere”.
“In questo caso – ha concluso il Presidente dell’UFCI – noi rivendichiamo il diritto all’obiezione”.
Nel dibattito è intervenuto anche l’on. Carlo Casini, Presidente del Movimento per la Vita (MpV), il quale ha precisato che “i farmacisti hanno il diritto a rifiutarsi di commercializzare farmaci abortivi”.
“Infatti – ha continuato Casini – nessun caso tra i molti in cui si è tentato a colpi di magistratura di imporre ad un farmacista di vendere il Norlevo è mai neppure arrivato in aula”.
Il Presidente del MpV ha quindi spiegato che “la questione riguarda unicamente la Pillola del giorno dopo, visto che la Ru486 – ammesso che venga mai utilizzata in Italia – avrà un uso esclusivamente ospedaliero e quindi non chiama in causa le comuni Farmacie”.
Mentre, ha aggiunto, che “il Norlevo possa provocare l’aborto è dimostrato anche dalla sentenza del Tar del Lazio che ha imposto ai produttori di specificare tale possibilità nel foglio illustrativo”.
Secondo Casini non c’è dubbio che “i farmacisti hanno la facoltà di dichiarare la loro obiezione di coscienza rifiutando la collaborazione ad un possibile aborto. Lo esige una corretta interpretazione della stessa legge 194 sull’interruzione di gravidanza”.
“Ma anche senza appellarsi alla legge – ha continuato –, appartiene al comune intendere la certezza che costringere qualcuno ad uccidere un essere umano – o anche qualcuno che ritiene ragionevolmente di riconoscere un essere umano in un embrione – è davvero contrario ad ogni senso di umanità”.
In merito alle opposizioni, il Presidente del MpV ha affermato che “sbaglia il Ministro Turco quando contro i farmacisti invoca la legge dello Stato perché anche l’obiezione è legge, e quindi la norma generale che impone di mettere in vendita i farmaci trova un limite nella eccezione, anch’essa legislativamente prevista, della obiezione”.
“Tutto è già scritto e codificato – ha concluso Casini – ma forse una legge potrebbe essere opportuna. Non però per aggiungere qualcosa nell’ordinamento giuridico, ma solo per garantire un’interpretazione autentica alla legge esistente che impedisca erronee interpretazioni come quella della Federfarma e del ministro Turco”.