ROMA, venerdì, 19 ottobre 2007 (ZENIT.org).- Il dialogo interreligioso, come quello che verrà vissuto a Napoli dal 21 al 23 ottobre , è una risposta allo scontro tra le civiltà, afferma il professor Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio.
L’incontro, che sarà inaugurato domenica da Benedetto XVI, è stato convocato da questa nuova realtà ecclesiale al fine di proseguire lo “spirito di Assisi” che ha animato la prima Giornata di Preghiera dei Leader religiosi tenutasi nella città di San Francesco il 27 ottobre 1986.
“Per un mondo senza violenza, religioni e culture in dialogo” è lo slogan che radunerà nella città partenopea ad alcuni delle più rappresentative autorità religiose del pianeta.
In un intervista concessa a ZENIT, Andrea Riccardi ha confessato che il libro di Samuel P. Huntington sullo scontro di civiltà “va preso molto sul serio”.
“Sono rimasto colpito dal fatto che il libro sia stato molto venduto nel mondo arabo. Ed ha avuto anche il favore di certi ambienti fondamentalisti, perché forse dice quello che molti vogliono sentirsi dire: è lo scontro la nostra condizione? E quello che è accaduto l’11 settembre è la riprova che Huntington aveva ragione?”.
“Io credo che siamo in un quadro di difficoltà, ma in questo quadro abbiamo la responsabilità di inventare un modello o di farlo uscire dalla realtà, e questo modello è – io dico – la civiltà del convivere”.
A questo tema, Riccardi ha dedicato il suo libro intitolato “Convivere”, editore Laterza.
“Ci sono civiltà diverse, ci sono religioni diverse, non c’è una civiltà universale, perché con la globalizzazione la civiltà occidentale non è diventata una civiltà universale”, ha continuato.
“Anzi, proprio nel libro parlo di questo processo di globalizzazione di fronte a cui sorgono dal passato le identità – ha aggiunto –. Proprio perché davanti alla globalizzazione siamo tutti nudi e vogliamo vestirci con i nostri abiti colorati”.
“E quindi, le identità esistono, le civiltà esistono, le culture esistono, le nazioni esistono, le religioni non moiono. Ma come è possibile che la secolarizzazione non abbia vinto? Il mondo non è una grande Francia, dove c’è più modernità e meno religione”.
“C’è una grande domanda religiosa dovunque, anche in Europa. Allora il problema è non di distruggere l’identità ma di vivere insieme”, ha osservato.
“Io credo che la laicità sia un modello di convivenza che riguarda un pugno di Paesi: la Francia, la Spagna, l’Italia, il Portogallo, e pochi altri. È un modello interessante e importante, ma io sono convinto che non è la cosa piú intelligente che possono fare i Paesi europei quella di dividersi tra laici e credenti, perche credo che i nostri Paesi abbiano bisogno del ‘ressourcement‘ per usare una parola francese, di andare alle origini, alle sorgenti del loro stesso discorso religioso”.
“Secondo me è sciocco dividersi sul discorso religioso – ha poi commentato –. Bisogna capire che la vita religiosa è una delle componenti importanti della nostra identità. Naturalmente, non l’unica”.
La risposta sta nella “civilità del convivere”, cioè “la capacità di vivere insieme di mondi diversi e di fondersi”.
“Da molti anni parlo del meticciato, che nasce in Messico con quella prima grande globalizzazione che è la conquista dell’America”, ha ricordato.
Questa convivenza, ha aggiunto, poggia sul dialogo, che non va però inteso come “perdita della propria identità”.
“Il dialogo senza identità non esiste. Quindi il dialogo richiede una grande identità, e dialogare non è di per sé un’identità. Se io e lei dialoghiamo è perché lei mi rappresenta qualcosa e io li rappresento qualcosa”.
“La seconda cosa che vorrei dire è che ciascuno ha molte identità – ha proseguito –. Io sono cattolico e mi definisco come tale, ma dentro di me c’è l’eredità laica, nel mio essere cristiano c’è implicitamente una tradizione ebraica, c’è l’esperienza di contatto con una cultura laico-socialista, e possiamo continuare”.
“Qualcuno di noi sceglie cosa vuole essere, ma in questa identità la purezza è un mito, e tante volte un mito pericoloso – ha osservato –. È pericoloso il mito che i fondamentalisti inventano e il fondamentalismo è una grande semplificazione”.
Per questo motivo Riccardi ha detto di rifiutare con forza il “relativismo”, per il quale non ci sono verità.
“Il relativismo è quello di un mondo senza storia, di un mondo che non ha fatto i conti con la tradizione, da dove veniamo. Questo secondo me è il grande punto”.
“L’abbaio della modernità europea è quello di non fare i conti con la tradizione. Io credo che dobbiamo fare i conti con la tradizione, e quindi il discorso del relativismo è con frequenza un discorso costruito in laboratorio”, ha poi concluso.