ROMA, lunedì, 15 ottobre 2007 (ZENIT.org).- Di fronte a prospettive demografiche preoccupanti, la comunità scientifica ha il dovere di intervenire, ma anche di porre seri ‘paletti’ sul piano etico.
E’ quanto è emerso dal Convegno “Fertilità: visione cattolica”, tenutosi il 12 ottobre scorso presso l’Istituto Dermopatico dell’Immacolata (IDI), durante il quale è stato affrontato in modo sistematico il tema del calo delle nascite in Italia e il problema della sterilità.
Nel corso del dibattito, organizzato in collaborazione con l’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum” e con il patrocinio del Ministero della Salute, sono intervenuti medici, demografi, bioeticisti e teologi, per fornire un approccio il più possibile multidisciplinare sull’argomento.
La visione teologica del tema è stata fornita dal Cardinal Javier Lozano Barragán, Presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, il quale, dopo un preambolo di natura scientifico-filosofica, ha spiegato che “l’essenza della vita si sostanzia nell’eterno dualismo tra opposizione di contraddizione e opposizione di contrarietà”.
“Dall’opposizione tra privazione e possessione nasce il fondamento vitale e la relazione. L’opposizione di contraddizione si risolve nella morte, l’opposizione di contrarietà nella ‘mutua donazione’ attraverso l’incarnazione e il sacrificio del Figlio di Dio”, ha aggiunto.
Il quadro demografico italiano è stato, invece, illustrato da Gian Carlo Blangiardo, dell’Università “Bicocca” di Milano.
In particolare, i grafici Istat presentati dal professor Blangiardo hanno messo in luce l’ormai noto declino della natalità nel nostro Paese che si accompagna a due rivoluzionari cambiamenti in atto dagli anni ’80: la scomparsa della crescita naturale (dai 2,3 figli per coppia degli anni ’70 agli 1,3 figli di oggi) all’inversione dei flussi migratori (da Paese di emigranti l’Italia è diventata meta di immigrazione).
“Ciò è dovuto alla sempre più diffusa cultura della maternità tardiva – ha spiegato Blangiardo –. Nei primi anni ’70, le donne avevano il primo figlio mediamente intorno ai 25 anni, oggi intorno ai 30-31, età a partire dalla quale inizia il progressivo declino della fertilità femminile”.
“Il risultato – ha affermato – è che da trent’anni il Paese è sotto la ‘soglia di ricambio generazionale’ dei 2 figli per coppia”.
“Il declino demografico è compensato dalla forte natalità degli immigrati – ha proseguito il professor Blangiardo – la cui media è vicina ai 3 figli per coppia”.
“L’invecchiamento della popolazione, comunque, comporterà nel lungo periodo un incremento della spesa pubblica sanitaria, non solo perché gli anziani sono sempre più numerosi, ma anche per la maggiore attenzione degli anziani di oggi (e di domani) verso la propria salute e la tendenza a spendere di più in controlli sanitari, ricoveri e simili, rispetto ai loro coetanei del passato”, ha aggiunto.
<br>Il tema della fertilità sul piano tecnico è stato poi ripreso da Giorgio Vittori, Primario di Ginecologia dell’Ospedale San Carlo, da Maria Vita Ciccarone, responsabile CESPIC dell’Ospedale San Carlo, da Anne Carus del Life Fertility Care Clinic di Liverpool e infine da Lucio Romano, ginecologo dell’Università di Napoli e Vicepresidente del Movimento per la Vita.
Le loro relazioni hanno messo in luce quanto spesso siano poco efficaci le tecniche di procreazione medicalmente assistita e che la sterilità può essere combattuta più efficacemente in modo ‘naturale’ andando a prevenirne le cause che spesso risiedono nell’alimentazione, nello stress e in altri fattori.
La seconda parte del convegno è stata incentrata per lo più sui risvolti etici della procreazione, con riferimento particolare alla procreazione medicalmente assistita.
La prof.ssa Laura Palazzani, docente di Filosofia del Diritto alla Lumsa, ha ricordato le tre grandi correnti di pensiero (teoria libertaria, utilitarista e radical-femminista) che hanno contribuito a diffondere nel mondo culture e legislazioni favorevoli alla fecondazione artificiale.
“Secondo questo tipo di mentalità – ha affermato la Palazzani – il figlio non è più un dono ma un diritto per la coppia”, e per questo “si spinge la donna a liberarsi dalla schiavitù riproduttiva, attraverso tecniche, dall’utero in affitto all’utero artificiale, che la svincolano dalle fatiche della gravidanza naturale”.
“Il freno a questa deriva eugenetica – ha aggiunto – risiede nella concezione di embrione in quanto vita umana e persona, dotato di diritti e di un suo ‘statuto personale’”.
“L’essere umano è persona – ha sottolineato –, dal momento stesso del concepimento, quindi prescindendo dalle funzioni che svolge o non svolge. Pertanto i diritti alla maternità, alla paternità e alla salute della donna non possono andare contro l’integrità del concepito”.
Da parte sua il prof. Mario Palmaro, docente di Filosofia del Diritto presso l’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum” (APRA), ha puntato il dito contro le concezioni libertarie e utilitaristiche prevalenti nei grandi organismi internazionali, a partire dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
“L’OMS – ha detto Palmaro – promuove un poco realistico concetto di ‘completo benessere fisico’, che apre la strada al diritto ad una vita sessuale soddisfacente, alla pianificazione familiare, all’accesso a tutte le tecniche riproduttive”.
“Nessuna parola, invece, sui diritti dell’embrione – ha osservato –. È una concezione antinatalista che porta a una vera e propria traslazione dal desiderio (legittimo) di un figlio al diritto al figlio. Il passaggio eugenetico al diritto al figlio sano e con determinate caratteristiche fisiche è breve”.
Le conclusioni del convegno sono state affidate a padre Roberto González, LC, e a padre Gonzalo Miranda, LC, entrambi docenti di Teologia morale presso l’APRA, nel segno di una sintesi di carattere teologico e morale sull’argomento della fertilità.
Secondo padre González, il tema va ricondotto alla creazione dell’uomo a immagine e somiglianza di Dio e alla paternità di Dio stesso, nei confronti delle sue creature.
“La redenzione – ha detto – è costata a Dio la consegna del proprio Figlio per chiamare a raccolta tutti i figli di Dio dispersi dal peccato originale che rappresenta il disconoscimento di Dio in quanto padre, di cui siamo figli e servitori: questo è il significato teologico della fertilità di Dio”.
Padre Miranda ha altresì sottolineato il rispetto della vita embrionale come rispetto verso gli esseri più deboli.
“Il problema etico – ha spiegato il teologo – nasce nella misura in cui la scienza mi permette di manipolare un embrione e io avrei un interesse a farlo. Le tecniche riproduttive possono essere moralmente accettabili a patto che non danneggino la vita nascente e non siano sostitutive ma soltanto integrative dell’atto coniugale”.