ROMA, giovedì, 11 ottobre 2007 (ZENIT.org).- “Senza l’amore per gli altri, ogni scienza è inutile”, ha detto il Cardinale Ivan Dias, questo lunedì, in occasione dell’inaugurazione del nuovo anno accademico della Pontificia Unviersità Urbaniana (Roma), della quale è Gran Cancelliere.
Il Prefetto della Congregazione vaticana per l’Evangelizzazione dei Popoli (www.urbaniana.edu) ha presieduto la solenne concelebrazione eucaristica “de Spiritu Sancto”, che ha preceduto l’atto accademico svoltosi nell’Aula Magna dell’Università.
La Pontificia Università Urbaniana, le cui origini risalgono al 1627, fa parte del Dicastero missionario. L’universalità che la caratterizza si esprime non solo nel numero dei Paesi di origine di studenti e professori – e delle istituzioni collegate –, ma soprattutto nell’attenzione allo studio delle culture e delle grandi religioni mondiali con cui la Chiesa cattolica entra in relazione nel suo impegno missionario “ad gentes”.
L’Università ha legami accademici con numerosi seminari e istituti di Filosofia, Teologia, Missiologia e Diritto Canonico presenti nei cinque continenti.
“Veniamo da tanti paesi, che rappresentano mondi e culture diverse – ha detto il Cardinale –. Tuttavia siamo parte di un’unica famiglia senza confini, in cui quanto ci potrebbe separare si compone nella comunione con il Signore e nell’ascolto fedele della sua Parola”.
Il quotidiano della Santa Sede, “L’Osservatore Romano”, ha pubblicato questo mercoledì alcuni passaggi dell’omelia pronunciata dal Cardinale Dias.
Provenienti da un centinaio di Paesi del mondo, ai quali si aggiungono quelli dei 90 istituti affiliati, gli studenti dell’Urbaniana “portano con sé le ferite dei popoli cui appartengono: quelle della guerra, delle malattie, di condizioni materiali difficili, talvolta persino della persecuzione”.
“Ma – ha avvertito il porporato – noi non siamo qui per dimenticare o per fuggire da situazioni complicate, bensì per prepararci a tornare nei nostri Paesi e nelle situazioni da cui veniamo come missionari, come uomini e donne colti e santi che non vivono per se stessi, ma per il Signore”.
Traendo spunto dalla liturgia della Parola del giorno, il porporato ha approfondito il tema della “compassione” richiamando l’invito di San Paolo a “vincere il male con il bene” e la figura del Buon Samaritano.
Da qui, ha continuato, scaturisce una lezione inequivocabile: “Senza l’amore per gli altri, soprattutto per i poveri, ogni scienza è inutile”.
Da qui il suo invito: “Entrare con lo studio nella conoscenza dei misteri divini, per condurre la nostra battaglia per il bene, con l’intelligenza di una ragione nutrita dalla fede e dalla carità”.
In un mondo dove tutto sempre provvisorio e l’uomo si sente padrone assoluto della vita e della morte, occore rimanere “ancorati al Signore” – ha esortato –, amandolo “come gli ci ha amti”, amando “tutti senza distinzione, per diventare annunciatori instancabili del Vangelo”.
“Diventiamo missionari dell’amore di Dio – ha concluso –, donne e uomini saggi e santi al servizio di Dio e dell’umanità”.