ROMA, lunedì, 8 ottobre 2007 (ZENIT.org).- “I cristiani concordano più facilmente sui cambiamenti climatici che sul diritto alla Vita?”. E’ la domanda contenuta in una nota che sarà resa pubblica martedì, 9 ottobre, dall’Osservatorio Internazionale “Cardinale Van Thuân” sulla Dottrina sociale della Chiesa (http://www.vanthuanobservatory.org/).
Intervistato da ZENIT, Stefano Fontana, Direttore dell’Osservatorio, ha detto che a volte “si ha l’impressione che alcune attuali difficoltà dell’ecumenismo dipendano più dalla ragione che dalla fede”.
In relazione alla Terza Assemblea Ecumenica di Sibiu (Romania), che ha visto la partecipazione di oltre 2.500 delegati cattolici, ortodossi ed evangelici d’Europa, ha infatti spiegato che “i rappresentanti delle varie confessioni cristiane sembra non si siano trovati d’accordo su una frase del Messaggio finale in cui si parlava di ‘diritto alla vita dal concepimento alla morte naturale’”.
“In questi casi si sollevano sempre motivi di forma – ha precisato Fontana –: la frase non era stata approvata in assemblea ma inserita in seguito, la frase approvata era un’altra che parlava solo di diritto alla vita omettendo dal concepimento alla morte naturale e così via. Ma sotto questi motivi procedurali c’è sempre una questione di sostanza”.
Secondo il Direttore dell’Osservatorio “è noto, infatti, che le comunità protestanti hanno posizioni molto diverse sull’aborto e l’eutanasia rispetto alla Chiesa cattolica”.
Alla domanda se al centro vi fosse una questione di fede o di ragione, Fontana ha risposto: “Di ragione, ossia di una sfiducia nella capacità della ragione di conoscere la verità sull’uomo”.
“Il movimento ecumenico – ha continuato – ha preso da tempo la strada dell’incontro tra confessioni diverse sui temi della giustizia, della pace e della salvaguardia del creato. Ma per proseguire su questo percorso non può fare a meno di una ragione ‘allargata’ e capace di conoscere il bene nel campo dell’etica”.
“Il relativismo – ha infatti spiegato – produce una negativa ondata di ritorno sul processo ecumenico”.
Per Fontana è contraddittorio che “se tra le confessioni cristiane c’è diversità di vedute sul diritto alla vita, sembra non essercene sui cambiamenti climatici. Come è noto la scienza non è in grado di dire una parola chiara e definitiva su questo problema, ma nonostante ciò sembra trattarsi di una certezza maggiore rispetto al diritto dell’embrione umano ad essere rispettato”.
A questo proposito il Direttore dell’Osservatorio “Cardinale Van Thuân” ha fatto l’esempio del Documento “In Whose Interest?”, emanato il 30 settembre scorso dal Consiglio Nazionale delle Chiese dell’Australia e firmato da 7 confessioni cristiane di quel Paese.
“Il Documento – ha detto – parla delle sfide della globalizzazione e, giustamente, esamina i problemi della povertà e dell’ingiustizia, delle armi e del nucleare, del commercio internazionale e del terrorismo”.
“Tratta anche dei diritti umani – ha aggiunto –, ma senza un minimo accenno al diritto alla vita quando è a tutti noto come questo sia ormai un problema veramente globale”.
Fontana ha quindi notato che gli “Organismi internazionali promuovono campagne per la sterilizzazione; fanno dipendere gli aiuti economici dall’assunzione di politiche di riduzione delle nascite; l’aborto viene promosso come un fatto di salute riproduttiva; la bioingegneria ci mette in mano la possibilità della clonazione e delle chimere e su ciò si fanno investimenti con molti zeri distogliendoli dallo sviluppo; infanticidio e selezione sessuale sono praticate ampiamente in giro per il mondo; i casi di eugenetica si moltiplicano. Ma per i cristiani d’Australia su tutto questo non ci può essere un pronunciamento comune. Sui cambiamenti climatici, invece, sì”.