Lo hanno fatto in un documento firmato dall’Arcivescovo Charles Bo, Segretario generale della Conferenza dei Vescovi Cattolici del Myanmar (CBCM), e dall’Arcivescovo Samuel Mahn San Si Htay, Presidente del Consiglio delle Chiese del Myanmar (MCC).
Nel testo, datato 28 settembre, rivolgono “a nome di tutti i cristiani che vivono in Myanmar” una “richiesta speciale”.
“Ogni anno, dal 28 settembre al 4 ottobre, la Conferenza dei Vescovi Cattolici del Myanmar (CBCM) e il Consiglio delle Chiese del Myanmar (MCC) hanno organizzato insieme un servizio di preghiera settimanale per la pace e la riconciliazione nel Paese”, ricordano.
“Questo è il quinto anno in cui preghiamo particolarmente per il popolo e i leader del Paese riguardo a pace e riconciliazione”.
Tutte le Chiese cristiane e i cristiani, proseguono, “desiderano fortemente e contribuiscono al loro meglio all’unità, alla pace, alla giustizia e allo sviluppo globale del Paese”.
“Anche tutti i rispettivi leader delle Chiese stanno dando una guida adeguata ai fedeli”.
Tutto il clero – Arcivescovi, Vescovi, sacerdoti, reverendi e leader ecclesiastici – nutre “un grande timore e una speciale preoccupazione per l’attuale situazione e l’agitazione nel Paese”, prosegue il testo.
“Basandoci sugli insegnamenti delle religioni circa l’amore, la verità, la rettitudine, il perdono e la riconciliazione, e considerando l’attuale condizione del Paese, vorremmo appellarci con fervore perché lei sia così gentile da gestire questa situazione con amore paterno e soluzioni pacifiche perché ci siano stabilità, pace e non violenza, che sono anche ciò che il popolo desidera”, concludono.
Nelle ultime settimane, i monaci buddisti sono scesi in strada per protestare pacificamente contro il regime del Myanmar e chiedere la democrazia. Le autorità hanno risposto con la violenza. Vari monasteri sono stati danneggiati dai raid delle forze governative e molti monaci sono stati imprigionati.
Le vittime mortali riconosciute dal regime sono tredici, ma per molti sarebbero ben più numerose.
Non è noto il numero dei dissidenti arrestati dal regime. Secondo Bo Kyi, Segretario aggiunto dell’Associazione di assistenza ai detenuti politici (Aapp), “almeno 85 dimostranti, oltre 1.000 monaci e tra i 300 e i 400 studenti e attivisti sono stati arrestati”.
Per la Asian Human Rights Commission (Ahrc), “nell’ultima settimana almeno 700 monaci e 500 civili sono stati arrestati e portati in luoghi segreti”.
L’inviato speciale delle Nazioni Unite, Ibrahim Gambari, che si trova in questi giorni in Myanmar per aiutare a superare la crisi, si è già incontrato con la leader dell’opposizione e Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi, mentre martedì dovrebbe incontrarsi con il generale Than Shwe, capo della Giunta militare alla guida il Paese.