Benedetto XVI ricorda i due anni dalla morte di Giovanni Paolo II

CITTA’ DEL VATICANO, lunedì, 2 aprile 2006 (ZENIT.org).- Papa Benedetto XVI ha ricordato questo lunedì il secondo anniversario della morte del suo predecessore, che ha definito “padre e guida sicura nella fede, zelante pastore e coraggioso profeta di speranza, testimone infaticabile e appassionato servitore dell’amore di Dio”.

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Presiedendo questo lunedì pomeriggio sul sagrato della Basilica vaticana la celebrazione della Santa Messa con i Cardinali in suffragio di Giovanni Paolo II, il Papa ha sottolineato come l’anniversario ricorra “in un contesto quanto mai propizio al raccoglimento e alla preghiera”, visto che si è appena entrati nella Settimana Santa.

La liturgia odierna, ha spiegato, “ci conduce a Betania, dove, proprio ‘sei giorni prima della Pasqua’ – come annota l’evangelista Giovanni – Lazzaro, Marta e Maria offrirono una cena al Maestro”.

La cena di Betania, ha osservato, “è preludio alla morte di Gesù, nel segno dell’unzione che Maria fece in omaggio al Maestro e che Egli accettò in previsione della sua sepoltura”, ma “è anche annuncio della risurrezione, mediante la presenza stessa del redivivo Lazzaro, testimonianza eloquente del potere di Cristo sulla morte”.

“Oltre alla pregnanza di significato pasquale, la narrazione della cena di Betania reca con sé una struggente risonanza, colma di affetto e di devozione – ha proseguito –; un misto di gioia e di dolore: gioia festosa per la visita di Gesù e dei suoi discepoli, per la risurrezione di Lazzaro, per la Pasqua ormai vicina; amarezza profonda perché quella Pasqua poteva essere l’ultima, come facevano temere le trame dei Giudei
che volevano la morte di Gesù e le minacce contro lo stesso Lazzaro di cui si progettava l’eliminazione”.

Il racconto di Maria di Betania che a un certo punto, “presa una libbra di olio profumato di vero nardo, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli” (Gv 12,3) è un dettaglio che “parla dell’amore per Cristo, un amore sovrabbondante, prodigo, come quell’unguento ‘assai prezioso’ versato sui suoi piedi. Un fatto che sintomaticamente scandalizzò Giuda Iscariota: la logica dell’amore si scontra con quella del tornaconto”, ha detto il Papa.

Per noi, ha ricordato, il gesto dell’unzione di Maria “è ricco di echi e di suggestioni spirituali”, perché evoca “la luminosa testimonianza che Giovanni Paolo II ha offerto di un amore per Cristo senza riserve e senza risparmio”.

“Il ‘profumo’ del suo amore ‘ha riempito tutta la casa’ (Gv 12,3), cioè tutta la Chiesa”, ha dichiarato.

“Ne abbiamo approfittato noi che gli siamo stati vicini, e di questo ringraziamo Iddio, ma ne hanno potuto godere anche quanti l’hanno conosciuto da lontano, perché l’amore di Papa Wojtyła per Cristo è traboccato, potremmo dire, in ogni regione del mondo, tanto era forte ed intenso”, ha aggiunto.

“La stima, il rispetto e l’affetto che credenti e non credenti gli hanno espresso alla sua morte non ne sono forse una eloquente testimonianza?”, ha chiesto.

Benedetto XVI ha affermato che “l’intenso e fruttuoso ministero pastorale, e ancor più il calvario dell’agonia e la serena morte dell’amato nostro Papa, hanno fatto conoscere agli uomini del nostro tempo che Gesù Cristo era veramente il suo ‘tutto’”.

“La fecondità di questa testimonianza, noi lo sappiamo, dipende dalla Croce”, che nella vita di Karol Wojtyła “non è stata solo una parola”.

“Specialmente con il lento, ma implacabile progredire della malattia, che a poco a poco lo ha spogliato di tutto, la sua esistenza si è fatta interamente un’offerta a Cristo, annuncio vivente della sua passione, nella speranza colma di fede della risurrezione”.

“Da lungo tempo egli si preparava a quest’ultimo incontro con Gesù”, e “come il suo divino Maestro, egli ha vissuto la sua agonia in preghiera”. “E’ morto pregando. Davvero, si è addormentato nel Signore”.

“Il profumo della fede, della speranza e della carità del Papa riempì la sua casa, riempì Piazza San Pietro, riempì la Chiesa e si propagò nel mondo intero – ha detto il Santo Padre –. Quello che è accaduto dopo la sua morte è stato, per chi crede, effetto di quel ‘profumo’ che ha raggiunto tutti, vicini e lontani, e li ha attratti verso un uomo che Dio aveva progressivamente conformato al suo Cristo”.

Secondo Benedetto XVI, il titolo di “servo di Dio” è “particolarmente appropriato” per il suo predecessore: “il Signore lo ha chiamato al suo servizio nella strada del sacerdozio e gli ha aperto via via orizzonti sempre più ampi: dalla sua Diocesi fino alla Chiesa universale”.

E proprio questa dimensione di universalità, ha proseguito il Santo Padre, “ha raggiunto la massima espansione nel momento della sua morte, avvenimento che il mondo intero ha vissuto con una partecipazione mai vista nella storia”.

L’“amato Giovanni Paolo II”, ha osservato, “dalla casa del Padre – ne siamo certi – non cessa di accompagnare il cammino della Chiesa”.

“Il Totus tuus dell’amato Pontefice ci stimoli a seguirlo sulla strada del dono di noi stessi a Cristo per intercessione di Maria, e ce l’ottenga proprio Lei, la Vergine Santa, mentre alle sue mani materne affidiamo questo nostro padre, fratello ed amico perché in Dio riposi e gioisca nella pace”, ha concluso.

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ZENIT Staff

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