Congelamento, trasferimento, impianto e adozione di embrioni (I)

Intervista a padre Alain Mattheeuws, Docente ordinario all’Istituto di Studi Teologici a Bruxelles

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ROMA, lunedì, 8 gennaio 2007 (ZENIT.org).- Se creare embrioni soprannumerari e congelarli prima di servirsene come materiale biologico per la scienza è un male, sbagliata è anche la scarsa cura e protezione che i genitori prestano agli embrioni congelati, sostiene padre Alain Mattheeuws, S.I., dottore in Teologia morale e sacramentaria all’Istituto Cattolico di Tolosa.

Padre Mattheeuws, attualmente Professore ordinario all’Istituto di Studi Teologici a Bruxelles, insegna anche in altre Facoltà tra cui lo “Studium” di Parigi. Inoltre, ha partecipato in qualità di esperto in occasione dell’ultimo Sinodo dei Vescovi a Roma.
<br> In questa intervista, il sacerdote gesuita affronta un tema delicato della ricerca bioetica dal punto di vista della teologia morale.

Si può accettare, ritenendolo “normale”, il congelamento degli embrioni umani?

Mattheeuws: Si è dato inizio al congelamento degli embrioni umani per aumentare l’efficacia delle diverse tecniche di riproduzione medicalmente assistite. Questo consente di non “obbligare” le donne a subire ripetuti prelievi di ovociti, nei casi in cui il primo trasferimento non sia riuscito o venga espresso il desiderio di una nuova fecondazione. Il congelamento di queste cellule embrionali, se considerate semplicemente materiale biologico, embrione potenziale, pone problemi unicamente di natura tecnica o giuridica: a chi appartengono questi embrioni affidati alla clinica, abbandonati o dimenticati in un ospedale? Se invece, si prende in considerazione il rispetto dovuto all’essere umano, a partire dal suo concepimento, il congelamento dell’embrione è inaccettabile e moralmente illecito. In effetti, con quale diritto si immerge l’embrione in una “prigione di gelo”? Nel 1987 l’Istruzione Donum Vitae si esprimeva così: “Lo stesso congelamento degli embrioni, anche se attuato per garantire una conservazione in vita dell’embrione – crioconservazione – costituisce un’offesa al rispetto dovuto agli esseri umani, in quanto li espone a gravi rischi di morte o di danno per la loro integrità fisica, li priva almeno temporaneamente dell’accoglienza e della gestazione materna e li pone in una situazione suscettibile di ulteriori offese e manipolazioni.” (Parte I, n°6).

Coppie sempre più numerose fanno ricorso alla procreazione medicalmente assistita (PMA) nell’affrontare problemi di sterilità. Quale è la loro responsabilità in questo campo?

Mattheeuws: Prima di tutto, è necessario ricordare il carattere illecito (cioè immorale) delle procreazioni medicalmente assistite. Non bisogna però giudicare i genitori che si interrogano sul valore del loro atto. Al tempo stesso, nella ricerca della verità, è conveniente non nascondere loro il carattere illecito di ciò che hanno fatto, a volte in buona fede. Far prendere coscienza con delicatezza e amore è sempre rispettare la dignità altrui. Essi hanno il diritto di conoscere le condizioni biomediche che hanno accompagnato il loro percorso; se queste informazioni non sono state loro fornite, devono domandarle. In particolare: quale è la responsabilità attuale nei confronti dei loro embrioni congelati? Che cosa hanno firmato? Che cosa ne faranno? Solo loro sono i primi e gli ultimi responsabili sulla terra dei propri embrioni.

Accade che, per alcune situazioni familiari, lo Stato faccia decadere giuridicamente la responsabilità parentale, ma è possibile esercitare questo diritto fin dai primi stadi dello sviluppo dell’essere umano? E’ forse lo Stato il proprietario ultimo di questi embrioni? Non ci sembra. I centri di PMA fanno generalmente firmare alcuni documenti ai genitori. Questa firma è un impegno di natura civile: non corrisponde sempre alla legge del cuore. Per esempio, come genitori essi non possono moralmente firmare una cessione degli embrioni provenienti dal loro corpo e dalle loro persone. I genitori hanno certamente un “diritto prioritario” sui loro figli, ma questo non è assoluto, così per gli embrioni, i genitori non sono autorizzati a disfarsene come degli “oggetti”. E’ dunque normale e moralmente buono che i genitori si prendano cura dei loro embrioni. Un legame li unisce e, se una decisione deve essere presa, questa è solo di loro competenza; non possono esimersi dalla responsabilità che hanno assunto al momento del concepimento anche se questo è avvenuto con l’aiuto dei medici.

Ma cosa possono fare allora?

Mattheeuws: L’esistenza dei loro embrioni è un dato di fatto incontrovertibile. Se prendono coscienza dell’ “essere” e della dignità degli embrioni, è giusto che facciano tutto quanto è in loro potere per rispettarli e dar loro la possibilità di continuare a vivere. Quello che mi sembra decisivo per i genitori è la considerazione seguente: ch’essi restituiscano ai loro embrioni la dimensione del tempo e li facciano uscire dal loro stato di congelamento. Tocca a loro evitare che ad un male se ne aggiunga un altro: creare embrioni soprannumerari e congelarli è un male, ma lo è anche mantenerli in questo stato o servirsene come materiale biologico per la scienza. I genitori devono proteggere la dignità degli embrioni congelati. Il legame tra loro e gli embrioni non può essere sciolto. Ma sono tenuti a trasferirli tutti nel corpo della madre nella prospettiva di metterli al mondo? Non credo che sia per i genitori un “obbligo morale”. Ch’essi compiano “al meglio” la loro responsabilità fino in fondo. Ch’essi li affidino alla bontà divina dopo averli liberati dalla loro prigione di “gelo”.

A chi concerne di fatto questa problematica?

Mattheeuws: La problematica assume una dimensione mondiale poiché la produzione e la crioconservazione degli embrioni umani non è un fenomeno circoscritto. Il numero di embrioni umani conservati in tutto il mondo non è conosciuto con precisione, ma aumenta ogni giorno e si aggira intorno a centinaia di migliaia. Negli Stati Uniti si contano 400.000 embrioni congelati, di cui 11.000 soprannumerari non rientrerebbero più nel progetto coniugale. In Francia sarebbero 80.000. In Belgio 24.000. Le questioni giuridiche, scientifiche ed etiche si moltiplicano e diventano sempre più complesse. Per una coscienza umana aperta al rispetto delle origini della vita umana, la questione non è di facile risoluzione.

Lei parla di rispetto delle origini della vita umana. Secondo lei, quali sono i punti chiave di questa problematica?

Mattheeuws: L’embrione ha diritto a essere rispettato per quello che è e per quello che può diventare. Nello stato di congelamento, egli è dipendente e sofferente. Il suo sviluppo è arrestato. Gli si toglie una qualità intrinseca: il suo tempo, il suo divenire; corre un rischio reale di “morire”, sia rimanendo congelato sia durante il decongelamento. E’ per così dire sottratto a qualunque universo relazionale e a qualsivoglia progetto simbolico umano: un giorno potrebbe essere trasferito, oppure utilizzato come materiale biologico per la ricerca, oppure gettato nella “spazzatura”. Egli si ritrova nell’ipotetico. Il suo “status” che per natura è “fragile”, si trova fissato in questa fragilità.

I fatti e le cifre parlano chiaro. Che cosa è possibile fare oggi per salvare gli embrioni congelati?

Mattheeuws: La sola possibilità che si presenta è quella del loro trasferimento e gestazione nell’utero di una donna. Questa possibilità, d’altronde, non assicura automaticamente la loro sopravvivenza. Feriti dal congelamento, feriti dal decongelamento, molti di questi embrioni non possono più essere trasferiti e svilupparsi normalmente. Il loro trasferimento resta problematico e rischioso: l’embrione congelato può morire. Dopo il trasferimento, la stessa gestazione non è sempre coronata dal successo. Esistono dei progetti di uteri artificiali (ectogenesi), ma la ricerca non è ancora abbastanza sviluppata in
questo campo. C’è comunque una questione etica che grava su questi stessi progetti.

[Martedì, la seconda parte dell’intervista]

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ZENIT Staff

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