Questo, ha spiegato il Pontefice, “discende direttamente dal comandamento nuovo lasciato da Gesù ai suoi discepoli”.
“L’amore accompagnato da gesti coerenti crea fiducia, fa aprire i cuori e gli occhi”, ha proseguito lodando i partecipanti alla Plenaria, che si dedicano alla “promozione della piena comunione di tutti i cristiani, secondo la volontà del Signore stesso che per quella unità ha pregato alla vigilia della sua passione, morte e resurrezione”.
Anche se viviamo “in un periodo di grandi cambiamenti in quasi tutti i settori della vita”, ha spiegato il Papa, “lo scopo del movimento ecumenico rimane immutato: l’unità visibile della Chiesa”.
“Com’è noto, il Concilio Vaticano II considerò come uno dei suoi principali intenti il ristabilimento della piena unità fra tutti i cristiani. E’, questo, anche il mio intento”, ha osservato.
Dal Concilio Vaticano II ad oggi, ha proseguito il Vescovo di Roma, “molti passi sono stati fatti verso la piena comunione”, a livello sia universale che locale.
Tra le esperienze di comunione ecumenica, Benedetto XVI ha ricordato i funerali di Giovanni Paolo II e l’inaugurazione del suo pontificato: “la condivisione del dolore e della gioia è segno visibile della nuova situazione creata tra i cristiani”, ha constatato.
Circa i cambiamenti dal tempo del Concilio, il Papa ha ricordato anche che molte delle “venerate Chiese d’Oriente” nel periodo conciliare “vivevano in condizioni di oppressione ad opera di regimi dittatoriali. Oggi esse hanno ricuperato la libertà e sono impegnate in un ampio processo di riorganizzazione e di rivitalizzazione. Siamo ad esse vicini con i nostri sentimenti e la nostra preghiera”.
Il riavvicinamento tra la parte orientale e quella occidentale dell’Europa “stimola le Chiese a coordinare i loro sforzi per la salvaguardia della tradizione cristiana e per l’annuncio del Vangelo alle nuove generazioni”.
Questa collaborazione, ha aggiunto, è resa particolarmente urgente dalla situazione di avanzata secolarizzazione soprattutto del mondo occidentale.
“Nutriamo grandi speranze per il futuro cammino che sarà fatto nel rispetto delle legittime varietà teologiche, liturgiche e disciplinari, per il raggiungimento di una sempre più piena comunione di fede e di amore in cui sia possibile un sempre più profondo scambio tra le ricchezze spirituali di ogni Chiesa”, ha osservato.
“Anche con le Comunità ecclesiali d’Occidente, abbiamo vari dialoghi bilaterali, aperti ed amichevoli, che registrano progressi nella reciproca conoscenza, nel superamento di pregiudizi, nella conferma di alcune convergenze, e nella stessa identificazione più precisa delle vere divergenze”.
Nonostante questi passi avanti, sono anche emerse “varie importanti problematiche che richiedono un approfondimento e un accordo”, come “la difficoltà di trovare una comune concezione sul rapporto fra il Vangelo e la Chiesa e, in relazione a ciò, sul mistero della Chiesa e della sua unità e sulla questione del ministero nella Chiesa”, o problemi “in campo etico, con la conseguenza che le differenti posizioni assunte dalle Confessioni cristiane sulle attuali problematiche ne hanno ridotto l’incidenza orientativa nei confronti dell’opinione pubblica”.
“C’è bisogno, proprio da questo punto di vista, di un approfondito dialogo sull’antropologia cristiana oltre che sull’interpretazione del Vangelo e sulla sua concreta applicazione”, ha dichiarato il Papa.
Ribadendo il fatto che “non sono certamente il relativismo o il facile e falso irenismo che risolvono la ricerca ecumenica” – ma “anzi la travisano e la disorientano” –, Benedetto XVI ha incoraggiato il “dialogo della carità”, che “per sua natura promuove e illumina il dialogo della verità: è infatti nella piena verità che si avrà l’incontro definitivo a cui conduce lo Spirito di Cristo”.
“Va poi intensificata la formazione ecumenica partendo dai fondamenti della fede cristiana, cioè dall’annuncio dell’amore di Dio che si è rivelato nel volto di Gesù Cristo e contemporamente in Cristo ha svelato l’uomo all’uomo e gli ha fatto comprendere la sua altissima vocazione”, ha aggiunto.
“A queste due essenziali dimensioni dà sostegno la cooperazione pratica tra i cristiani”, ha osservato.
Il Pontefice ha concluso il suo discorso esortando il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani a proseguire su questa strada, “che già tanti frutti ha dato ed altri ancora ne darà”, e sulla quale si impegna a fondo “facendo leva sulla preghiera, sulla carità, sulla conversione del cuore per un rinnovamento personale e comunitario”.