BOLOGNA, lunedì, 30 ottobre 2006 (ZENIT.org).-“Bologna Sette”, il supplemento domenicale del quotidiano “Avvenire” curato dalla Curia Arcivescovile, ha pubblicato domenica 29 ottobre un editoriale in cui esprime critiche e perplessità in merito al festival Gay “Gender Bender” che si svolgerà nella città felsinea dal 30 ottobre al 4 di novembre.
Secondo i promotori del “Cassero, gay lesbian center di Bologna” il festival “Gender Bender” – giunto alla sua quarta edizione – , presenta “i nuovi immaginari prodotti dalla cultura contemporanea e legati alle rappresentazioni del corpo, delle identità di genere e di orientamento sessuale” indicando “creativamente come sia possibile superare le norme e gli stereotipi del maschile e del femminile.
La Curia di Bologna ha riportato che il programma per l’evento prevede: “Un video con un attore che si masturba, un artista che appare in scena nudo indossando solo gli auricolari. Un’altra che lavora sul concetto di ‘animalità’, inteso come istinto latente e complementare della natura umana. Una ‘piece’ dove recitano una donna nuda e un uomo in abiti femminili dall’identità fluttuante sotto gli occhi di un gruppo di bambole a grandezza naturale vestite da adolescenti”.
A tal proposito, si è espressa commentando che “ci troviamo di fronte all’ennesima inquietante mistificazione: si contrabbanda per cultura l’interesse di una lobby”.
L’editoriale di “Bologna Sette” sottolinea che tale manifestazione ha una doppia aggravante: “Da una parte il presunto evento è stato presentato in pompa magna da autorevoli rappresentanti istituzionali che dovrebbero avere a cuore la sensibilità di tutti i bolognesi e non solo di quelli che hanno problemi di genere”.
“Dall’altra – continua l’articolo – e il fatto è ancora più grave, l’iniziativa viene realizzata con il contributo degli assessorati alla cultura del Comune, della Provincia, della Regione Emilia-Romagna e di altre prestigiose istituzioni culturali pubbliche e di diritto privato”.
“E’ lecito – chiede il supplemento della Curia –, spendere soldi pubblici per finanziare spettacoli di pornostar mascherate da artisti?”, e argomenta: “Tutti abbiamo ascoltato i lamenti dei Comuni sui tagli della Finanziaria che potrebbero mettere in pericolo i servizi sociali primari. Mettere in scena la masturbazione o piccanti rapporti omosessuali è forse un servizio sociale primario?”.
“Chi glielo dice – continua l’editoriale – a tante realtà espressioni di autentica cultura, affannosamente alla ricerca di un patrocinio che consenta loro uno spazio vitale, che sono state scavalcate, in sede di distribuzione delle risorse, da chi vuole spacciare come manifestazione artistica l’esibizione di spogliarelli e simili che costringono al degrado l’impareggiabile vocazione della dignità umana?”.
L’editoriale di “Bologna Sette” ribadisce che “da qualche tempo, per la cultura a Bologna tira un’aria malsana, soprattutto perché alcuni suoi rappresentanti istituzionali sembrano ancora fermi alla concezione dell’indottrinamento delle masse”.
“Per questo – si legge di seguito – non possiamo accettare un’invasione barbarica che oltraggia la fede e la ragione dei bolognesi”.
L’affondo del supplemento del quotidiano “Avvenire” conclude invitando i cittadini a “vigilare perché i bilanci degli assessorati di ogni livello e delle istituzioni pubbliche riflettano le aspettative della comunità che dovrebbero interpretare e non l’ambizione all’applauso facile, perché ‘culturalmente corretto’, da parte di qualche loro responsabile non ancora consapevole che il palcoscenico che vorrebbe calcare è tanto ‘retrò’ e ormai archiviato”.
L’editoriale ha suscitato pesanti critiche da parte del Sindaco della città, Sergio Cofferati, il quale nella serata di domenica 29 ottobre ha diffuso una dichiarazione in cui afferma che “solo la censura e l’intolleranza rischiano di riportarci al tempo dei barbari”.
Per replicare a queste affermazioni, lunedì 30 ottobre, la Curia Arcivescovile di Bologna ha emesso un comunicato in cui è scritto: “Le dichiarazioni del Sindaco di Bologna sconcertano e addolorano. Il festival in questione è in atto, e ogni cittadino che lo desideri può parteciparvi; assessori alla cultura lo hanno liberamente illustrato alla stampa e pubblicamente fatto oggetto di apprezzamento; i suoi contenuti sono disponibili a tutto il mondo sul sito internet. Allora, dove è la censura?”.
“La Chiesa non censura nessuno – conclude il comunicato – ma non accetta neppure di essere censurata, perché non può abdicare al suo dovere-diritto di parlare per il bene e per la dignità della persona umana; e rientra nel dovere-diritto di ogni cittadino di esprimere il proprio parere su come si spende il denaro pubblico. Ciascuno giudichi da che parte sta la volontà di censurare”.