Benedetto XVI ricorda il Cardinale Caprio, rileggendone il testamento

“La presenza di Cristo risorto è stata certamente il conforto nei momenti più difficili”

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CITTA’ DEL VATICANO, martedì, 18 ottobre 2005 (ZENIT.org).- Durante la Liturgia esequiale celebrata nella Basilica di San Pietro per il Cardinale Giuseppe Caprio, scomparso questo lunedì all’età di 90 anni, Benedetto XVI ha ricordato la forte vocazione sacerdotale del porporato e il solerte servizio da lui prestato nella diplomazia vaticana.

Gran Maestro emerito dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme e Presidente emerito della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede, il Cardinale Caprio fu infatti stretto collaboratore di ben cinque Papi.

“Non sia turbato il vostro cuore… Io vado a prepararvi un posto” (Gv 14,1.2). Le parole del Signore Gesù ci illuminano e ci confortano, cari e venerati Fratelli, in quest’ora di mesta preghiera, che ci vede riuniti intorno alle spoglie mortali del compianto Cardinale Giuseppe Caprio”, ha detto Benedetto XVI questo martedì.

“Nel suo testamento – ha aggiunto – ritroviamo la serena fiducia a cui Cristo invita i suoi discepoli. Proprio all’inizio egli scrive: ‘Ringrazio la SS.ma Trinità di avermi creato, redento e fatto nascere in una famiglia povera di mezzi materiali, ma ricca di virtù cristiane, che fin dai primi anni della mia fanciullezza mi ha insegnato ad amare Dio ed ubbidire alla sua santa legge’”.

“Ringrazio la Santissima Trinità…”: non c’è forse in queste parole come la sintesi della vita di un cristiano?”, ha commentato il Pontefice.

“Al temine della giornata terrena, l’anima si raccoglie in un atteggiamento di intima e commossa gratitudine, tutto riconoscendo come dono e preparandosi all’abbraccio definitivo con Dio-Amore”, ha aggiunto.

“E’ il medesimo sentimento di intima fiducia nel Signore di cui ci ha parlato la prima Lettura, tratta dal Libro del Siracide: ‘Quanti temete il Signore, aspettate la sua misericordia; / … confidate in lui / … sperate i suoi benefici, / la felicità eterna e la misericordia’”.

“Chi vive nel santo timore del Signore trova la vera pace e, come dice ancora il Siracide, ‘sarà benedetto nel giorno della sua morte’”.

Il Vescovo di Roma ha quindi ricordato brevemente le origini di Giuseppe Caprio, nato a Lapio il 15 novembre del 1914, da una famiglia di abbienti contadini; e gli studi da lui compiuti con profitto prima presso i seminari arcivescovile e regionale di Benevento, e poi a Roma presso l’Università Gregoriana, dove conseguì la licenza in Teologia e la laurea in Diritto canonico.

“Leggiamo nel testamento: ‘Ringrazio [Dio] col cuore pieno di confusione e riconoscenza, d’avermi chiamato al sacerdozio’”, ha proseguito il Papa.

“Anche noi, nella preghiera, ci associamo in questo momento al suo rendimento di grazie, mentre ci accingiamo ad offrire per la sua anima il sacrificio eucaristico, centro e forma della vita sacerdotale”, ha detto.

“Mi piace pensare, specialmente in questi giorni in cui tutta la Chiesa è come concentrata sul mistero eucaristico, che proprio lì, all’altare, la vita e il ministero del Cardinale Caprio abbiano avuto il loro punto di profonda unità, nei diversi spostamenti che per lui ha comportato il servizio diplomatico della Santa Sede”.

Nella sua lunga carriera diplomatica, “la presenza di Cristo risorto è stata certamente il conforto nei momenti più difficili”, ha detto il Pontefice.

Nel 1947, il Cardinale Caprio fu inviato a Nanchino, come Segretario presso l’Internunziatura Apostolica di Cina. In quel Paese si trovò nel pieno della guerra civile, conclusasi il primo ottobre 1949 con la proclamazione della Repubblica comunista guidata da Mao Tse-tung, che ruppe le relazioni diplomatiche col Vaticano.

Nel giugno del 1951 i nuovi governanti imporranno al Cardinale scomparso così come al Nunzio Apostolico del Paese, monsignor Antonio Riberi, e all’altro Segretario il domicilio coatto, nella sede della Nunziatura Apostolica a Nanchino. Segregati dal mondo verranno poi espulsi dal Paese il 4 settembre 1951.

Ritornato in Europa, nel 1952 divenne uditore presso la Nunziatura Apostolica in Belgio. Poi nel 1956 fu inviato a Saigon in qualità di visitatore e quindi di Reggente della delegazione Apostolica in Vietnam meridionale. Tre anni dopo fu promosso Internunzio in Cina con sede a Taiwan , guidata dal governo del generale Chang Kai-shek, antagonista di Mao.

Dalla Cina, nel 1967 si spostò in India, ricoprendo l’incarico di Pro-nunzio apostolico. Nel febbraio successivo partecipò, come capo della delegazione vaticana, alla seconda Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo (U.N.C.T.A.D.), svoltasi a Nuova Delhi.

“Nel suo testamento egli nota: “Elevo il mio pensiero riconoscente e devoto al Sommo Pontefice, che mi ha concesso l’insigne onore di rappresentarlo in tanti Paesi e che ho sempre servito con fedeltà ed amore filiale’”, ha detto in seguito Benedetto XVI.

“Di lui è stata riconosciuta la visione d’insieme dei problemi della Chiesa e la preoccupazione costante di considerare gli aspetti amministrativi nella loro relazione con gli interessi superiori, in piena adesione allo spirito del Concilio”, ha quindi ricordato.

Benedetto XVI ha poi accennato alla devozione mariana del Cardinale Caprio, così come risalta dal suo testamento: “Affido – scrive – l’anima mia alla Vergine SS.ma di Pompei, perché presentandola al suo Figlio Gesù Cristo ottenga perdono e misericordia per me“.

“Facciamo nostra questa sua preghiera nell’attuale momento di dolore e di viva speranza. Con affetto e gratitudine accompagniamo questo nostro fratello nell’ultimo viaggio verso il vero Oriente, cioè verso Cristo, sole senza tramonto, con la piena fiducia che Iddio lo accoglierà a braccia aperte”, ha infine concluso.

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ZENIT Staff

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