CITTA’ DEL VATICANO, martedì, 12 luglio 2005 (ZENIT.org).- Nonostante il 90% degli scambi commerciali del mondo sia nelle loro mani, i lavoratori del mare subiscono ancora violazioni dei diritti umani, denuncia il Dicastero vaticano preposto alla cura pastorale della gente del mare.
“Il nostro cuore e il nostro pensiero sono rivolti a tutti i marinai, i pescatori, gli equipaggi, i lavoratori portuali” e anche ai “regatisti”, scrive in un messaggio il Presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti – il Cardinale giapponese Stephen Fumio Hamao – in occasione della domenica del Mare.
Nella maggior parte dei Paesi del mondo questa giornata, promossa da organizzazioni come gli Apostolati del Mare, si celebra la seconda domenica di luglio.
La vicinanza ecclesiale si esprime attraverso l’Apostolato del Mare – che fa parte del suddetto Dicastero –, una rete internazionale di associazioni ed organizzazioni cattoliche fondata nel 1922 ed attualmente predente in 116 Nazioni.
Nel suo messaggio, il porporato riconosce “il debito che la nostra società ha con questi lavoratori”, perché “dipendiamo da loro per assicurare il trasporto di quasi tutto ciò che usiamo o consumiamo, soprattutto prodotti del mare”; “di fatto, oltre il 90%” “degli scambi commerciali tra Nazioni si svolge via mare”.
Anche se questo richiede enormi dosi di sacrificio e professionalità, “la grande maggioranza dei marinai sente che il suo contributo all’economia mondiale non è riconosciuto né giustamente ricompensato”, avverte.
Nonostante lo sforzo delle agenzie internazionali e di varie organizzazioni, “ci sono ancora molte situazioni irrisolte riguardanti la vita e la dignità soprattutto dei pescatori e dei marinai”, denuncia il documento, firmato anche dal Segretario del Dicastero, l’Arcivescovo Agostino Marchetto.
“Le sofferenze, nella fattispecie della gente in continuo movimento, sono causate in gran parte dalla violazione dei diritti umani, nonostante la società abbia il dovere di creare le condizioni, anche per tutti loro, per vivere in modo pacifico e decente”, sottolinea.
“Recentemente siamo stati testimoni di un incremento degli arresti ingiustificati e della criminalizzazione dei marinai – afferma il messaggio –. Questo include le detenzioni di pescatori innocenti da parte dei guardacoste di Pakistan ed India”.
Allo stesso modo, si citano molti rapporti di cappellani ed agenti di pastorale che si lamentano del fatto che l’accesso all’equipaggio delle imbarcazioni sta diventando sempre più difficile, anche per motivi pastorali.
Il concetto di “commercio giusto” “progredisce lento ma sicuro” in molte parti del mondo, ed un crescente numero di consumatori si sta sensibilizzando a questo riguardo. “In questo modo, dato che il trasporto via mare è una parte essenziale del commercio internazionale, non è giunto il momento di estendere la nozione di ‘commercio giusto’ al trasporto marittimo, alla pesca e ad altre categorie simili?”, chiede il documento.
Una preoccupazione speciale è espressa anche dai responsabili del Dicastero per la “catastrofe umana su larga scala” rappresentata dall’AIDS, un grave rischio per i marinai, i pescatori e i lavoratori di questi settori che viaggiano in tutto il mondo.
Consapevoli della loro responsabilità nel combattere questa epidemia, esortano gli Apostolati del Mare di tutto il mondo “ad occuparsi con decisione, conformemente alla dottrina morale della Chiesa, della formazione delle persone” colpite dal problema, sfidando ogni “discriminazione e marginalizzazione, dove esiste, nei confronti delle persone che vivono con l’HIV/AIDS”, dimostrando loro una “solidarietà indistruttibile”.