Questa Banca ha anche ottenuto una certificazione che costituisce la garanzia del rispetto degli standard qualitativi nazionali e internazionali in tutte le fasi del processo di produzione, per cui se un paziente in un qualsiasi centro trapianti nel mondo risultasse geneticamente compatibile con una delle unità di sangue cordonale conservate presso una Banca nazionale, questi potrebbe ricevere un’unità di sangue ivi conservata da utilizzare a scopo trapiantologico.

Una delle prime banche di sangue del cordone ombelicale, insieme a quelle di New York e di Duesseldorf, la Cordon Blood Bank, è stata fondata a Milano nel 1993. Le banche di sangue cordonale attualmente attive in Italia sono 15 ed operano secondo standard scientifici nazionali e internazionali.

Nel 1995 è stato creato il Grace (Gruppo per la raccolta e Amplificazione delle Cellule Ematopoietiche), una rete internazionale che permette di trovare il donatore grazie a un ricco archivio informatico collegato con i registri di donatori di midollo o di sangue placentare di tutto il mondo.

Sul fronte delle donazioni è invece molto attiva in Italia l'Adisco (Associazione Donatrici Italiane Sangue del Cordone Ombelicale), che nel proprio sito internet permette anche di consultare una sorta di mappa dei centri addetti a questo tipo di servizio (www.adisco.it).

Secondo i dati aggiornati al 2001, l'Italia sarebbe ai primi posti fra le nazioni che effettuano più trapianti di cellule staminali: 173, dietro i 181 della Francia.

Per saperne di più, ZENIT ha intervistato il professor Leone e il professor Mancuso, i quali hanno rivelato qual è lo stato attuale dell’applicazione clinica delle cellule staminali adulte e qual è l’utilità per le donne che hanno partorito di conservare il cordone ombelicale del bambino.

Professor Leone, quando è iniziato l’impegno del Policlinico “Gemelli” di Roma su questo fronte della ricerca?

Professor Leone: L’impegno ufficioso è cominciato da molti anni…direi che saranno sei/sette anni fa che con il professor Mancuso iniziammo a fare delle ricerche sul sangue di cordone. Dopo di che la nostra collaborazione si spostò sulla pratica clinica nel senso che dalla ricerca è nata la volontà di realizzare una banca di cordone perché questo sangue potesse essere utile. Grazie poi anche alla sovvenzione della Banca di Roma è nato questo centro per la selezione e la conservazione del sangue di cordone. Ovviamente continua la nostra attività di ricerca.

A chi dice che le cellule staminali da embrione rispetto a quelle da cordone sono la vera risposta alla cura di malattie come la leucemia o del sangue in generale cosa risponde?

Professor Leone: Prima di tutto parliamo dal punto di vista clinico: le cellule derivate da embrione non sono mai state utilizzate o sicuramente non hanno mai dimostrato una qualsiasi attività terapeutica. Invece le cellule staminali dell’adulto, come quelle da cordone, hanno dimostrato la loro validità nei trapianti di midollo per esempio nei talassemici, nei bambini leucemici. Nel momento attuale non c’è nessun paziente che sia stato mai curato con le cellule staminali embrionali. Questo bisogna stabilirlo.

Per cui quando si dice “ci avete tolto una possibilità di cura”, bisognerebbe forse dire “ci togliete la speranza” tuttalpiù. Però se noi vogliamo la speranza , ci sono gli embrioni di animali da poter studiare. Nessuna legge e nemmeno la Chiesa vieta di studiare l’embrione animale. Quando avremo studiato gli embrioni animali, potremo dire qualcosa, ne capiremo qualcosa di più. Io non vedo per quale motivo in questo momento bisogna usare gli embrioni umani. Questo è il punto, al di là di qualsiasi problema etico, si studia prima di tutto l’animale.

Professor Mancuso, secondo lei le donne italiane sono informate sulla possibilità di donare il cordone ombelicale?

Professor Mancuso: Lo sono sempre di più adesso. Quando vengono a partorire nel nostro dipartimento chiedono di poter donare il sangue del cordone ombelicale per questo spirito di altruismo e solidarietà umana che si sta sempre più diffondendo. Non tutti i cordoni ombelicali possono essere raccolti e tenuti per la donazione perché bisogna avere dei minimi requisiti sulla storia familiare di entrambi i coniugi.

Bisogna che la gravidanza sia a termine insomma, poiché c’è tutta una serie di controindicazioni. Possiamo quindi per donazione raccogliere circa il 30-35% dei cordoni ombelicali dei parti che si verificano nel nostro dipartimento. Ma gran parte del sangue del cordone che viene poi raccolto serve per la ricerca.

In questo momento c’è un grande fervore di ricerca non solo nel nostro dipartimento ma anche in ematologia, cardiologia, in neurologia perché le cellule staminali adulte da cordone ombelicale hanno una straordinaria versatilità e sono in realtà cellule riparatrici. Sono cioè quelle cellule che ognuno di noi ha e che nel cordone ombelicale hanno delle caratteristiche anche da un punto di vista immunitario che le rendono ancora più versatili e plastiche. Sono cellule di grande capacità riparativa.

Ma queste cellule per quanto tempo possono essere conservate?

Professor Mancuso: Potrei sbilanciarmi dicendo che possono essere conservate all’infinito. Oggi ci sono cellule conservate da circa 30 anni che in gran parte mantengono questa loro capacità di essere impiegate. La comunità scientifica in più centri di ricerca in questo momento è impegnata a trovare il modo per mantenerle in vitro più a lungo e a moltiplicarle in vitro perché la quantità di staminali che si possono raccogliere da un cordone non sono così alte.

Professor Leone fino ad oggi quali applicazioni cliniche concrete hanno dato queste cellule?

Professor Leone: Soprattutto nei pazienti con leucemia acuta, nei pazienti con talassemia, con linfomi, nei pazienti con le immunodeficienze congenite. Queste sono le malattie che attualmente traggono benefici dal trapianto con cellule staminali di cordone. Naturalmente la ricerca tenta di andare oltre. Il sangue di cordone può darci delle speranze per patologie che attualmente non trovano indicazioni. Adesso c’è la speranza per le cardiopatie.

Quando lei dice “da queste applicazioni si traggono benefici” cosa intende esattamente professor Leone?

Professor Leone: Nelle leucemie acute c’è un certo numero di pazienti che guarisce, nelle talassemie ancora di più. Nelle immunodeficienze raggiungiamo il 70-80% . Per le leucemie siamo intorno al 35-40%. Parliamo cioè di guarigioni.