ROMA, martedì, 6 luglio 2004 (ZENIT.org).- Come mai quando si parla o si pensa a Maria di Nazareth la si abbina subito al tema del dolore piuttosto che a quello della gioia? Da questa domanda che suona un po’ come una sfida prende avvio il libro-intervista scritto da Rosangela Vegetti dal titolo: “Maria, donna del sorriso. Alla ricerca del volto nascosto di Maria” (Milano, Ancora, 2004, Euro 9,50).
Firma nota di numerosi settimanali cattolici della Diocesi di Milano, Rosangela Vegetti in questa intervista concessa a ZENIT indaga su un tema, quale quello del sorriso di Maria, non molto frequentato dalla tradizione popolare e artistica.
Cosa si sa del sorriso di Maria?
Rosangela Vegetti: Praticamente nulla, come non si sa nulla dei sorrisi di Gesù. Tale aspetto della loro vita non rientrava nelle considerazioni culturali del tempo, né interessava gli evangelisti porlo in evidenza: sta a noi “scovare” tutte le possibili occasioni in cui il sorriso può aver segnato l’espressione di Maria e di Gesù. Dal momento che il messaggio portato e fortemente ripetuto da Gesù è segnato dalla gioia, e che l’angelo a Maria annuncia per prima cosa una grande gioia, non è azzardato pensarli entrambi con un atteggiamento sorridente verso la vita.
Perché non c’è traccia di questo sorriso nella teologia né nell’iconografia?
Rosangela Vegetti: Probabilmente perché è il dolore che ci fa problema e ci inquieta, non certo la gioia. E lungo i secoli si è cercato di trovare ragioni di speranza, di certezza contro le cause di sofferenza, nell’aiuto solidale di chi il dolore ben sapeva cosa fosse per averlo sperimentato.
Non è neppure il caso di dire che non esiste alcuna traccia di sorriso in teologia, basti riprendere ciò che andava dicendo sul sorriso di Maria santa Teresa di Lisieux, ed anche nell’iconografia si trovano opere che indagano e rappresentano espressioni gioiose e sorridenti di Maria. Bisogna anche dire che la gioia è alla base di tutto il messaggio cristiano, solo che il sorriso ne costituisce il lato più personale, forse più umano, quello che si coglie guardando in viso la persona con cui si sta comunicando.
Implica una vicinanza e una comunicazione a tu per tu. Lungo i secoli, poi, le devozioni che si sono sovrapposte su Maria non hanno facilitato la conoscenza anche umana e personale di lei, ma l’hanno piuttosto allontanata dalla storia umana rendendola troppo “celestiale”..
Le persone con cui ha parlato per scrivere il libro erano tutte d’accordo sul carattere sorridente di Maria?
Rosangela Vegetti: Le persone con cui ho riflettuto sul tema si sono trovate d’accordo nell’importanza di aprire un campo di riflessione finora poco battuto. Ciascuna di loro, infatti, si è fatta coinvolgere in un’approfondita rilettura dei testi evangelici, delle tradizioni e dei personali sentimenti che il sorriso di Maria suscitava in loro.
E proprio perché il tema è inconsueto, ciascuna di loro ha prodotto delle considerazioni al di fuori degli schemi astratti, attingendo al suo sapere profondo. Potrei dire che il volto di Maria si è arricchito di espressioni nuove.
Una Maria che sorride può essere un nuovo modello per la donna?
Rosangela Vegetti: Direi che è un nuovo modello per tutti e per tutte, non solo per le donne: induce ogni uomo e ogni donna a ripensarsi nel proprio profondo e a cogliere il valore autentico di sè. In effetti Maria porta il femminile nel messaggio di Cristo e fa scaturire alcuni specifici sentimenti di donna e di madre lungo tutta la sua storia terrena: è lei che ha trasmesso al figlio i valori fondamentali della cultura, dell’educazione, della libertà di relazione con le altre persone, che lo ha educato alla gioia dello stare con gli altri, del fare festa con gli amici, del comunicare con i vicini e i lontani.
A Cana, durante il banchetto di nozze, Maria fa intervenire il figlio con un gesto prodigioso, è questo l’unico intervento di Maria presso il figlio ed è per garantire la continuità della festa. Certo Maria è modello per le donne che possono cogliere nella sua vita tante piccole e grandi cose che compongono la normale vita famigliare e femminile, a cominciare dal senso della dignità personale, della tenacia nel seguire la propria strada, nell’affidarsi al disegno di Dio e non ai propri progetti.
Maria ha saputo attendere fino alla fine della vita per capire poi la grandezza di ogni suo momento, e non si è mai scoraggiata né è rimasta delusa per quanto accadeva e che avrebbe potuto renderla triste o delusa della promessa che Dio le aveva fatto all’inizio della sua vita.