Cardinal Tauran: l’ONU potrà “permettere agli Iracheni di prendere le redini del loro Paese”

DOHA, martedì, 1° giugno 2004 (ZENIT.org).- Dal 27 al 29 maggio si è tenuta, presso l’Hotel Ritz-Carlton di Doha, nel Qatar, la Conferenza sul Dialogo Islamo-Cristiano, organizzata dalla Commissione per i Rapporti Religiosi con i Musulmani e dal “Centro degli Stati del Golfo” dell’Università del Qatar.

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La delegazione della Santa Sede era composta dal cardinale Jean-Louis Tauran, Archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa, dall’arcivescovo Michael Louis Fitzgerald, Presidente de Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, e dall’arcivescovo Pier Luigi Celata, segretario dello stesso Consiglio.

In una conferenza stampa tenutasi al termine di questa due giorni di lavori, il cardinal Tauran ha sostenuto la necessità di riformare l’ONU secondo il principio di un maggiore equilibrio di poteri tra i Paesi, affidandole anche la risoluzione delle crisi del Medio Oriente e dell’Iraq.

Il cardinale, in alcune dichiarazioni riprese da “Radio Vaticana”, ha sottolineato in primo luogo l’abbandono, da parte di molti Cristiani, dei Paesi del Medio Oriente, da lui definito “emorragia della presenza cristiana”, comprensibile perché “ci sono delle situazioni che durano da tanti anni e non si può pretendere che tutti siano degli eroi”.

“Ciò che vogliamo evitare – ha proseguito – è che in Terra Santa i luoghi sacri diventino dei musei. Per noi sono delle realtà vive”, attorno alle quali vivono attive comunità cristiane, ha quindi spiegato.

Interrogato poi su come veda il processo di riforma dell’ONU, di cui tanto si parla in questi tempi, il prelato ha affermato che mai come oggi gli attori della società internazionale hanno avuto in mano “un patrimonio giuridico così completo e affinato”. Ciò che manca, secondo il cardinal Tauran, è “la volontà politica di rispettare gli impegni sottoscritti”.

La riforma dell’ONU è, quindi, necessaria, e soprattutto “non dovrebbero esserci grandi e piccoli Paesi”, perché “nella famiglia delle Nazioni tutti sono uguali”.

“Ovviamente – ha proseguito il cardinale – chi è più potente ha la responsabilità più grande”, ma al momento di decidere bisogna farlo rispettando il diritto e la giustizia.

Questi pensieri sono stati espressi, in varie occasioni, anche da Giovanni Paolo II, come nel Messaggio per la celebrazione della XXXVII Giornata Mondiale della Pace del il 1° gennaio scorso. In quell’occasione il Pontefice si era detto favorevole ad una riforma dell’ONU, che lo mettesse in grado di “funzionare efficacemente per il conseguimento dei propri fini statutari, tuttora validi”.

La riforma deve quindi rendere l’ONU più efficiente, perché è un organismo di fondamentale importanza. “Bisogna stare molto attenti a non distruggere l’ONU – ha infatti affermato il cardinal Tauran -: sarebbe catastrofico, non avendo nessun’altra struttura”.

Relativamente alla situazione irachena e a come l’ONU potrebbe contribuire a ristabilire la giustizia, il cardinale Tauran ha affermato che quest’ultima “è l’unica organizzazione capace di accompagnare la transizione di un ritorno dell’Iraq alla sua sovranità nazionale e permettere agli Iracheni di prendere le redini del loro Paese”.

E’ l’intera comunità internazionale, però, che deve svolgere questo compito, “non solo due o tre Paesi che possono imporre un ordine internazionale. Basterebbe tornare al testo della carta delle Nazioni Unite. Lì ci sono tutti gli elementi per una soluzione”.

Per quanto riguarda la crisi israelo-palestinese, che secondo il cardinal Tauran è “la madre di tutte le crisi”, essa sarà risolta, secondo il prelato, quando “tutti gli altri problemi troveranno la loro soluzione”.

Il porporato ha inoltre lodato l’iniziativa del Primo Ministro del Qatar, il quale ha auspicato che in futuro il dialogo tra Cristiani e Musulmani possa includere anche gli Ebrei, anche se ha ammesso che le reazioni non sono state unanimi.

Nonostante poi abbia espresso dei dubbi sulla pronta realizzazione di quanto prospettato, il cardinale si è, comunque, detto fiducioso che ciò verrà fatto in futuro. Del resto, “si tratta di tre religioni che sono chiamate dalla storia a convivere, perché tutto nasce da lì, in quella parte del mondo”.

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ZENIT Staff

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