Per ora sono stati approvati “ad experimentum” gli statuti della Segreteria per l’Economia, del Consiglio per l'economia e del Revisore generale; saranno quindi soggetti ad aggiustamenti ed eventuali correzioni nei prossimi mesi, trattandosi anche di istituzioni nuove. Tuttavia già chiariscono quale sia l’orientamento di Papa Francesco riguardo agli organismi finanziari vaticani.
I tre documenti, approvati dal Papa il 22 febbraio, prima della partenza ad Ariccia per gli Esercizi Spirituali, ma resi noti oggi, sono entrati in vigore a partire dal 1° marzo.
Ciò che salta immediatamente all’occhio di essi è il ridimensionamento di potere della Segreteria per l’Economia, che, a conti fatti, non diventerà il “superdicastero” prospettato da molti.
Più nel dettaglio, la funzione della neonata Segreteria si limiterà infatti al controllo e alla vigilanza degli organismi economici della Santa Sede, ma non avrà facoltà di investimento e di spesa. Non potrà, pertanto, gestire beni come gli immobili dell’Apsa e di Propaganda Fide, o il Fondo pensioni di competenza della Segreteria di Stato.
Il primo articolo dello statuto chiarisce la natura della Segreteria per l’Economia, che – si legge – “è il dicastero della Curia Romana competente per il controllo e la vigilanza in materia amministrativa e finanziaria sui dicasteri della Curia Romana, sulle istituzioni collegate alla Santa Sede o che fanno riferimento ad essa e sulle amministrazioni del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano”.
Essa, quindi, “agisce in collaborazione con la Segreteria di Stato, la quale ha competenza esclusiva sulle materie afferenti alle relazioni con gli Stati e con gli altri soggetti di diritto pubblico internazionale”. Inoltre, “garantisce che le materie riguardanti gli enti e amministrazioni di cui all’art. 1 siano trattati tenendo nel debito conto l’autonomia e le competenze di ciascuno di essi”.
Il documento specifica pure che la Segreteria conta di due sezioni: “la sezione per il controllo e la vigilanza” e “la sezione amministrativa”, guidate rispettivamente da due prelati segretari. La prima sezione ha la responsabilità di controllare e vigilare le attività riguardanti la pianificazione, la spesa, i bilanci di previsione e consuntivi, gli investimenti, la gestione delle risorse umane, finanziarie e materiali degli enti controllati. In altre parole, fungerà come una Prefettura degli Affari economici, solo che con poteri più ‘rafforzati’.
Il lavoro di controllo e vigilanza, inoltre, sarà d’ora in poi anche preventivo e il dicastero avrà molta più libertà di movimento e di intervento, promuovendo ispezioni. Come si legge negli statuti: “Quando questa Sezione viene a conoscenza di possibili danni al patrimonio degli enti e amministrazioni di cui all’art. 1, essa assicura che siano adottate misure correttive ivi incluse, ove opportuno, azioni civili o penali e sanzioni amministrative”.
Le novità si trovano invece nella seconda sezione, la cosiddetta “amministrativa”, che si occupa di offrire “indirizzi, modelli procedure in materia di appalti volti ad assicurare che tutti i beni e i servizi richiesti dai dicasteri della Curia romana e dalle istituzioni collegate alla Santa Sede o che fanno riferimento a essa siano acquisiti nel modo più prudente, efficiente ed economicamente vantaggioso, in conformità a controlli e procedure interne appropriati”.
In sostanza tale sezione assorbirà le competenze finora affidate all’Apsa, in materia di gestione del personale e degli appalti. Sarà dunque l occhio vigile che farà evitare sprechi e razionalizzerà le spese, occupandosi anche di seguire l'elaborazione degli stipendi e delle nuove assunzioni. “Fermo restando – precisa lo statuto - che spetta alla Segreteria di Stato l’accertamento dei requisiti di idoneità dei candidati all’assunzione”.
Per quanto riguarda il Consiglio dell'Economia, coordinato dal cardinale tedesco Reinhard Marx e definito "ente competente a vigilare sulle strutture e sulle attività amministrative e finanziarie dei dicasteri della Curia romana e del Governatorato", il nuovo statuto affida all'organismo la responsabilità sui bilanci preventivi e consuntivi annuali e consolidati, da presentare poi al Papa per la sua approvazione. Esso dovrà quindi dedicarsi a tutelare i beni degli enti, a ridurre i rischi, a razionalizzare le risorse umane e finanziarie. Si riunirà quattro volte all’anno con tutti i suoi 15 membri: 8 cardinali o vescovi e 7 laici esperti, più un prelato segretario senza diritto di voto.
In ultimo, lo statuto del Revisore generale approvato dal Pontefice prevede che tale figura sia “coadiuvato da due revisori aggiunti”. Saranno quindi tre in totale i revisori, che lavoreranno congiuntamente per garantire maggiore autonomia al loro lavoro, un controllo reciproco, e la verifica contabile e amministrativa sugli enti.
Gli è riconosciuto il segreto d'ufficio sulla provenienza delle segnalazioni di anomalie e potrà effettuare specifiche revisioni in presenza di attività che si discostino "in modo sostanziale" dagli” indirizzi” e ai “bilanci preventivi approvati”. Si occuperà quindi delle eventuali irregolarità nella concessione di appalti o di contratti per servizi esterni, o “nelle transazioni o alienazioni”.