Un Vescovo dove l'Aids è una stregoneria

Dichiarazioni di un partecipante al Sinodo dell’Africa

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di Jesús Colina

CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 11 ottobre 2009 (ZENIT.org).- In una regione in cui l’Aids sta decimando la popolazione, per monsignor Fulgence Muteba Mugalu, Vescovo di Kilwa-Kasenga, nella Repubblica Democratica del Congo, una delle sfide più grandi è far capire alla sua gente che la pandemia non è una stregoneria.

In questa regione del sud-est congolese, alla frontiera con lo Zambia, la ricchezza di materie prime come il cobalto o il rame attira lavoratori di altre zone che arrivando “diffondono l’epidemia in modo tremendo”.

Nominato Vescovo ad appena 42 anni (ora ne ha 47), monsignor Muteba Mugalu ha parlato con un gruppo di giornalisti, tra cui ZENIT, in modo molto sincero: “Se c’è un Paese in cui non si fa niente per combattere l’Aids è la Repubblica Democratica del Congo”.

“Lo Stato non fa quasi nulla. E’ chiaro, ci sono due organizzazioni di facciata che gestiscono milioni, ma l’impatto è molto limitato, forse solo nelle città. C’è molta gente che non ha mai visto un cartellone sulla lotta all’Aids”, ha riconosciuto.

Mancanza di medicinali

Nel corso del Sinodo dei Vescovi dell’Africa, il presule ha reso noto che nella Repubblica Democratica del Congo circa il 40% dell’assistenza medica è gestito dalla Chiesa cattolica.

“Accogliamo tutti senza distinzioni – ha spiegato -. In tutta la Diocesi c’è un solo centro in cui ci sono farmaci antiretrovirali. E’ terribile!”.

“Siamo del tutto impotenti – ha aggiunto -. Vogliamo accogliere negli orfanotrofi i bambini, ma non abbiamo risorse. Ci accontentiamo dei mezzi disponibili, vale a dire della nostra buona volontà. Lavoriamo con i volontari delle parrocchie. Prendono la bicicletta e vanno a sensibilizzare un villaggio”.

Schiacciati dai costumi

Il presule ha riconosciuto che “le persone sono schiacciate dai costumi. Questo succede nella mia terra e nello Zambia”.

Per questo motivo, confessa di essersi reso conto che con la sua autorità morale di Vescovo può far molto.

“Serve che io prenda la parola e dica: ‘L’Aids esiste davvero!’. Loro dicono: ‘No, è una stregoneria’”.

“Alcuni non credono ancora che sia una pandemia e che possono essere contagiati – ha sottolineato – . In questo contesto, il lavoro nelle campagne è più difficile di quello in città”.

“Ho capito che il fatto che io parli fa riflettere molto. Credono che i Vescovi non parlino dell’Aids, perché quando se ne parla si pensa sempre al sesso. Io dico loro di essere disciplinati nella loro vita sessuale, e questo ha aiutato molte persone”.

In questo senso, aiuta molto “ciò che dice la Chiesa”, ha confessato il presule, ma ha riconosciuto che tutta la mancanza di informazione relativa alla pandemia influisce anche su ciò che dice la Chiesa. La gente, ha concluso, in realtà non sa cosa dice il Papa.

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ZENIT Staff

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