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Un "No" al referendum, per difendere vita e famiglia

In Senato esponenti dell’opposizione e l’Associazione ProVita hanno presentato le azioni concrete per contrastare l’utero in affitto. Spazio anche alla campagna per il 4 dicembre

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Ampia è la posta in gioco del referendum del 4 dicembre. L’eventuale approvazione della riforma costituzionale spaventa quella galassia di sigle e associazioni impegnate per la tutela della vita e per il diritto dei figli ad avere una mamma e un papà.
Ne è stata data conferma stamattina, in Senato, durante la conferenza stampa organizzata dall’Associazione ProVita Onlus e dal senatore Lucio Malan (Fi), “per dare un segnale concreto di azione contro l’utero in affitto”. Presenti, oltre al senatore azzurro, anche i suoi colleghi Maria Rizzotti (Fi) e Carlo Giovanardi (Ppi).
Sommessamente Toni Brandi, presidente di ProVita, ha introdotto il dibattito rilevando come il tentativo posto in essere il 4 ottobre, di creare un fronte trasversale contro questa pratica, è fallito. “Solo i senatori dell’opposizione si sono rivelati concretamente disposti ad agire per tutelare i diritti fondamentali delle donne e dei bambini”.
Gli esponenti del centro-sinistra si sono dunque defilati, così l’appello al Governo di rafforzare gli “argini” contro la maternità surrogata rimane appannaggio di una fetta minoritaria del Parlamento italiano. Del resto – ha osservato Giovanardi – “in tutta Europa e in tutto il mondo si leva la condanna dell’ignominia dell’utero in affitto, ma solo a parole”. Ad avviso del senatore, infatti, questa pratica è non solo ipocritamente tollerata, ma persino promossa.
Giovanardi ha dunque denunciato “i miserabili imbrogli del Governo sulle unioni civili”. Egli ha ottenuto un documento che dimostra come l’Esecutivo Renzi si sia costituito parte in causa presso la Corte Costituzionale a favore dell’immediata applicazione, prima ancora dell’approvazione del ddl Cirinnà, della stepchild adoption in Italia.
La dichiarazione di neutralità del Governo rispetto al tema, ostentata durante il dibattito parlamentare sulle unioni civili, si è rivelata quindi “una contraddizione”, ha affermato Giovanardi.
Il quale è dell’avviso che lo stralcio della stepchild adoption sarebbe “uno specchietto per le allodole”. Del resto – ha aggiunto – “la Prima sezione della Cassazione, in sintonia con il Governo, ha già sdoganato le adozione da parte delle coppie gay”. Giovanardi ha poi spiegato che dei decreti legislativi obbligano gli ufficiali di stato civile che stipulano unioni civili ad indossare la fascia tricolore, nonché concedono la possibilità agli italiani residenti all’estero di celebrarle “facendo prevalere il diritto del Paese di residenza”. Ergo, se una coppia di omosessuali si sposa in un Paese che prevede l’adozione, può ottenere questa concessione anche in Italia.
L’utero in affitto è stato dunque legittimato, come ha rilevato anche la senatrice Rizzotti. “Nel momento in cui si permette a una donna di affittare il suo corpo, di vendere il prodotto di un concepimento, allora si potrebbe arrivare anche alla possibilità di vendere sangue, un rene..”, la sua riflessione. Secondo la senatrice, pertanto, “una società veramente civile non può ammettere” che si apra questa voragine di relativismo bioetico.
Di qui le due azioni contro l’utero in affitto illustrate dal suo collega di partito Malan. Anzitutto un’interrogazione al ministro della Giustizia in cui si chiedono provvedimenti “rispetto alle notizie di reato ampiamente documentate” dalla denuncia di ProVita alla Procura della Repubblica di Milano riguardo a un’agenzia straniera venuta in Italia a vendere gameti e a proporre uteri in affitto.
Inoltre Malan ha annunciato la presentazione di un ddl che specifica in modo chiaro il divieto di adozione da parte di coppie omosessuali (anche sotto forma di stepchild adoption), il divieto di iscrizione all’anagrafe di “genitori” dello stesso sesso, l’estensione delle pene già previste dal codice penale per la tratta, la riduzione in schiavitù, lo sfruttamento sessuale di donne e bambini a chi pratica o favorisce l’utero in affitto o il commercio di gameti, infine la perseguibilità di chi abbia compiuto tale pratica all’estero e poi venga a risiedere in Italia.
In conclusione l’appello per il 4 dicembre. I relatori presenti convengono sul fatto che affidare a un Governo come l’attuale una più schiacciante maggioranza (come si profila dal combinato disposto tra riforma costituzionale e legge elettorale italicum) e a una sola Camera il ruolo legislativo, con potere di votare la fiducia, equivale a spianare la strada all’approvazione di misure – ha spiegato Brandi – “contro la famiglia, a favore dell’eutanasia, della cannabis legale, dell’adozione ai gay e sull’omofobia”.
“Non per ragioni politiche ma di coscienza – ha dunque concluso – non possiamo che dire ‘No’ a questa riforma il 4 dicembre”.

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Federico Cenci

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