Storie di cristiani nel Caucaso

Intervista al giornalista e scrittore Michele Zanzucchi

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di Antonio Gaspari

ROMA, giovedì, 29 aprile 2010 (ZENIT.org).- E’ arrivato nelle librerie il volume “Sull’ampio confine. Storie di cristiani nel Caucaso” scritto da Michele Zanzucchi e pubblicato da “Città Nuova Editrice”.

Si tratta di un libro utilissimo per capire la storia e le vicende di una delle regioni più conflittuali del pianeta.

Michele Zanzucchi, giornalista e scrittore, Caporedattore del quindicinale Città Nuova, ha raccolto in questo volume quattro anni di viaggi nella regione transcaucasica e nella regione ciscaucasica.

Un viaggio in cui l’autore racconta tante avventure, ma soprattutto incontri e visite.  Visite a luoghi meravigliosi e drammatici, incontri con gente ricca di umanità, di ogni etnia, età, estrazione sociale, cristiani soprattutto ma non solo. 

Lingue, culture e rivendicazioni inedite, drammatiche e sconvolgenti, comunque intrise di un’umanità prorompente. E poi ci sono i cristiani tutti d’un pezzo che vivono la loro fede con impegno, talvolta nella paura, in ogni caso solidali con la loro gente.

Per cercare di capire la storia antica dei cristiani e che cosa sta accadendo in quella parte del mondo ZENIT ha intervistato Michele Zanzucchi.

Quanti sono i cristiani nelle regioni del Caucaso? E quanto incidono nella vita sociale, culturale e religiosa delle varie nazioni che vanno dalla steppa russa fino al deserto iraniano?

Zanzucchi: È difficile valutare con esattezza il numero dei cristiani presenti nella regione, che come si sa è divisa dalla catena montagnosa in Ciscaucasia e Transcaucasia.

La prima è completamente in territorio russo, ed è composta da alcune province autonome (come la Cabardino-Balcaria o la Cecenia): solo l’Ossezia del Nord è a prevalenza cristiana, mentre le altre regioni sono essenzialmente musulmane; ovunque, però, si registra una forte presenza di agnostici e atei. Nella regione ciscaucasica i cristiani possono essere valutati in un milione circa, o poco più.

La Transcaucasia è invece composta da tre Stati indipendenti – Georgia, Armenia e Azerbaijan, più piccoli territori contesi –, le prime due delle quali sono essenzialmente cristiane, mentre nel terzo Paese la presenza cristiana è assolutamente minoritaria; nel complesso si può calcolare che i cristiani nella regione transcaucasica siano circa sette milioni.

Su un totale di circa 24 milioni di abitanti, i cristiani sarebbero quindi circa 8 milioni, un terzo. La loro presenza, tuttavia, è assai significativa dal punto di vista religioso, civile e culturale, soprattutto, ovviamente, nei Paesi a maggioranza cristiana. Spesso, purtroppo, i cristiani – e ancor più i cattolici – hanno comunità così esigue da riuscire a malapena a sopravvivere.

Ossezia, Cecenia, Georgia, Abcasia, Azerbaijan, Armenia, ecc. sono regioni e culture complesse, con una storia complicata. Qual è la testimonianza dei cristiani che ci vivono e che tu hai raccolto?

Zanzucchi: Le testimonianze raccolte dicono che il cristianesimo è duro a morire, seppure in condizioni spesso drammatiche: pensiamo alle minoranze nella regione ciscaucasica, talvolta, come dicevo, tutte impegnate semplicemente a sopravvivere. Le storie raccolte nel libro dicono di una fede provata ma salda, messa in difficoltà da alcune tensioni ecumeniche con i cristiani ortodossi e soprattutto da certe pressioni provenienti da fedeli di altre religioni. Ma va sottolineato come le tensioni nella regione siano essenzialmente di carattere etnico e politico, raramente di carattere religioso.

Mi preme sottolineare, inoltre, come i cristiani più di tante altre comunità sappiano fungere da collante, da fattori di coesione sociale e politica. Certamente, però, nella regione si scaricano tante e tali tensioni, anche economiche, da rendere difficile ogni forma di armonizzazione sociale e religiosa.

Quante di queste zone, una volta cristiane, sono ora di religione musulmana? E quali sono i rapporti tra cristiani e islam?

Zanzucchi: È soprattutto nella regione ciscaucasica, quindi in territorio russo, che si trovano regioni che, cristiane sotto gli zar, sono diventate musulmane negli ultimi due secoli: penso in particolare alla Cecenia e all’Inguscezia. In queste regioni la tensione politica è talmente elevata da fagocitare ogni altra tensione. Sì, i combattenti ceceni e ingusci spesso inalberano il loro simbolo religioso musulmano per combattere il simbolo religioso cristiano dei soldati russi, ma la dominante politica è indubbia.

È da notare come vi siano state infiltrazioni di fondamentalismo islamico arabo nella regione – penso ai salafiti e ai wahhabiti –, e che tali infiltrazioni si siano saldate con le tendenze terroristiche. Ma le popolazioni non hanno mai veramente assimilato il credo del radicalismo islamista. Basti notare il ruolo della donna in tutta la regione, considerato alla pari di quello dell’uomo.

In generale, comunque, i responsabili religiosi non hanno grandi problemi di convivenza, e anzi spesso operano congiuntamente, soprattutto in campo sociale.

Perchè la Chiesa d’Oriente non è riuscita a crescere, ed anzi ha perso influenza e presenza?

Zanzucchi: Va certamente distinta la situazione in Georgia e Armenia – dove anzi le rispettive chiese ortodosse hanno aumentato di molto la loro influenza dopo la caduta dell’Imperium comunista – da quella nella parte settentrionale della regione, in cui effettivamente le Chiese cristiane hanno avuto molte difficoltà a mantenere negli ultimi decenni un’influenza spesso imposta dal regime zarista con la forza.

Più in generale va detto che si nota come il comunismo abbia tramortito la gente, l’umanità della regione caucasica, come d’altronde in tante altre parti dell’ex Unione Sovietica. La gente normale fatica ad accettare le basi del pensiero e della fede quali la verità, la giustizia e la fraternità, vittime tra l’altro di un potente consumismo. Ho visto gente che abitava in case di fango e faticava a trovare il cibo, ma l’ultimo modello di cellulare ce l’avevano o il maquillage più ardito se l’erano fatto dipingere sul volto…

Perchè hai scritto questo libro?

Zanzucchi: L’ho scritto per avere incontrato nella mia attività giornalistica diverse personalità e gente comune provenienti dalla regione: tutte persone degne di rispetto e della massima attenzione. Il primo approccio alla regione, comunque, è stato provocato da un incontro sul dialogo tra le religioni promosso dall’Unesco, dal governo georgiano, dalla Chiesa ortodossa di Georgia e da varie organizzazioni cultural-religiose della regione, tra cui la galassia musulmana turca, di tradizione sufi, che fa capo a Fetullah Gülen.

Ho intuito come il Caucaso sia uno dei più importanti e pericolosi carrefour del mondo, dove si incrociano etnie (un centinaio), religioni diverse, culture antichissime, commerci… Studiare questi “incroci del mondo” è materia di grandissimo interesse per capire il presente e intuire qualcosa del futuro. Anche in campo religioso.

Debbo poi confessare di aver preso l’ultima decisione solo dopo essermi immerso nella lettura delle stupende memorie di Pavel Florenskij, la cui famiglia era un’esemplificazione della complessità della regione, tra l’altro fornita di bellezze naturali ineguagliabili. Ho lasciato un pezzo del mio cuore laggiù.

Quali sono le novità che hai colto? E quali gli insegnamenti da trarre?

Zanzucchi: Le novità? Tutto, in fondo, risulta nuovo rispetto a quanto ci è dato di conoscere qui da noi dai resoconti giornalistici, che per forza di cose sono rapidi e spesso non approfonditi. Purtroppo, la visione che noi abbiamo della regione è influenzata in modo totalizzante dalle tante situazioni di conflitto di cui si parla: Ossezia del Sud, Abca
sia, Nagorno Karabakh, Inguscezia, Cecenia… La regione, invece, è ricca di quell’umanità eroica e profonda che nasce proprio dalle difficoltà. Non va certamente dimenticata la gravissima povertà che colpisce la massima parte della regione caucasica.

Insegnamenti? Uno su tutti: il messaggio del Cristo è veramente universale, ed è la risposta agognata da tanti. Quando i cristiani riescono a dare una testimonianza concreta e compiuta, ecco che nella società viene piantato il seme della pace, che prima o poi germoglia.

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ZENIT Staff

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