Quando riportare le ostie nel tabernacolo?

Alla luce di quanto prescrive il Messale Romano, non è corretto obbligare il fedele ad assumere una particolare postura dopo la Comunione

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Nella sua consueta rubrica di liturgia, padre Edward McNamara LC, professore di Liturgia e Decano di Teologia presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma, chiarisce oggi il dubbio di un nostro lettore italiano.

Quando le ostie consacrate vengono riposte nel tabernacolo alla fine della Santa Messa, si richiede al popolo di mettersi in piedi. Mi chiedo perché, se mi sono appena comunicato? — T.Z., Messina, Italia

Recentemente sono state poste molte domande su questa pratica, soprattutto dall’Italia ma anche da altri Paesi. In alcuni casi i nostri lettori hanno descritto elaborati riti per la riposizione dell’Eucarestia nel tabernacolo, anche accompagnandola con candele come nelle processioni eucaristiche. In queste situazioni ai fedeli viene richiesto di restare in piedi.

La spiegazione data per l’introduzione di queste pratiche è che sono parte di uno sforzo per ripristinare il rispetto e la riverenza nei confronti del Santo Sacramento. Nonostante questo sia un obiettivo lodevole, ho i miei dubbi che questo sia il momento migliore ad attuarlo ed inoltre è anche contrario alle esplicite indicazioni della Santa Sede.

Innanzitutto, riguardo alla postura del fedele, il n. 43 dell’Ordinamento Generale del Messale Romano (OGMR) dice:

“43. I fedeli stiano in piedi dall’inizio del canto di ingresso, o mentre il sacerdote si reca all’altare, fino alla conclusione dell’orazione di inizio (o colletta), durante il canto dell’Alleluia prima del Vangelo; durante la proclamazione del Vangelo; durante la professione di fede e la preghiera universale (o preghiera dei fedeli); e ancora dall’invito ‘Pregate fratelli’ prima dell’orazione sulle offerte fino al termine della Messa, fatta eccezione di quanto è detto in seguito.

“Stiano invece seduti durante la proclamazione delle letture prima del Vangelo e durante il salmo responsoriale; all’omelia e durante la preparazione dei doni all’offertorio; se lo si ritiene opportuno, durante il sacro silenzio dopo la Comunione.

“S’inginocchino poi alla consacrazione, a meno che lo impediscano lo stato di salute,la ristrettezza del luogo o il gran numero dei presenti, o altri ragionevoli motivi. Quelli che non si inginocchiano alla consacrazione, facciano un profondo inchino mentre il sacerdote genuflette dopo la consacrazione.

“Spetta però alle Conferenze Episcopali adattare i gesti e gli atteggiamenti del corpo, descritti nel Rito della Messa, alla cultura e alle ragionevoli tradizionidei vari popoli secondo le norme del diritto.Nondimeno si faccia in modo che tali adattamenti corrispondano al senso e al carattere di ciascuna parte della celebrazione. Dove vi è la consuetudine che il popolo rimanga in ginocchio dall’acclamazione del Santo fino alla conclusione della Preghiera eucaristica e prima della Comunione, quando il sacerdote dice ‘Ecco l’Agnello di Dio’, tale uso può essere lodevolmente conservato.

“Per ottenere l’uniformità nei gesti e negli atteggiamenti del corpo in una stessa celebrazione, i fedeli seguano le indicazioni che il diacono o un altro ministro laico o lo stesso sacerdote danno secondo le norme stabilite nel Messale”.

Dal momento che alcuni hanno interpretato questo punto come obbligo per il fedele di rimanere in piedi durante l’intera durata della distribuzione della Comunione, la Santa Sede ha risposto a un dubbio nel modo seguente sull’organo ufficiale Notitiae (39 [2003] pagina 533):

“In molti luoghi il fedele viene abituato o a restare inginocchiato in preghiera personale, oppure, una volta tornato a posto dopo aver ricevuto singolarmente la Santa Comunione, a sedersi. Le disposizioni dell’Editio Typica Tertia del Messale Romano proibiscono questa pratica? No, e per una ragione fondamentale.

Il motivo è che con le disposizioni dell’Ordinamento Generale del Messale Romano, il n° 43 intende, da un lato, entro ampi limiti, dare una certa uniformità nella postura della comunità per le varie parti della Santa Messa, e allo stesso tempo, dall’altro lato, non regolarla tanto rigidamente che coloro che vogliano restare in ginocchio o sedersi non possano farlo”.

Di conseguenza, non appare corretto obbligare il fedele ad assumere una particolare postura dopo la Comunione.

Inoltre, l’OGMR non dà un’ importanza tale al riportare del Santissimo Sacramento al tabernacolo tanto da giustificare un rito elaborato. A riprova di ciò:

“163.Terminata la distribuzione della Comunione, il sacerdoteall’altare consuma subito e totalmente il vino consacrato rimasto; invece le ostie consacrate, che sono avanzate, o le consuma all’altare o le porta al luogo destinato alla conservazione dell’Eucaristia.

“Il sacerdote, ritornato all’altare, raccoglie i frammenti, se ce ne fossero; poi, stando all’altare o alla credenza, purifica la patena o la pisside sopra il calice, purifica poi il calice dicendo sottovoce: ‘Il sacramento ricevuto’, e lo asterge con il purificatoio. Se i vasi sacri sono stati astersi all’altare, il ministro li porta alla credenza. I vasi sacri da purificare, soprattutto se fossero molti, si possono anche lasciare, opportunamente ricoperti, sull’altare o alla credenza, sopra il corporale; la purificazione si compie subitodopo la Messa, una volta congedato il popolo”.

Come si può vedere, non vi è nulla che suggerisca un rito specifico. Questa è una domanda pratica che viene posta all’interno del contesto della purificazione. Mentre tutta la dovuta  riverenza va rispettata, non c’è alcun bisogno di enfatizzare eccessivamente questo momento.

Il messale, tuttavia, è esplicito sul fatto che dev’essere il sacerdote o il diacono, e non il ministro straordinario della Santa Comunione, a compiere questo compito all’interno della Messa. Il sacerdote o diacono deve fare una genuflessione nel richiudere il tabernacolo.

Io credo che ci siano svariate ragioni perché questo non sia il momento adatto per sottolineare l’importanza della presenza eucaristica.

Innanzitutto, come traspare dalle rubriche sopracitate, questo non è mai stato un momento particolarmente importante della celebrazione. Il secondo, e più importante motivo, è che stiamo ancora all’interno del contesto della celebrazione del sacrificio della Santa Messa, e, in un momento tale, l’enfasi deve essere rivolta al rendere grazie per aver potuto prendere parte a questo sacrificio attraverso la Santa Comunione.

[Traduzione dall’inglese a cura di Maria Irene De Maeyer]

***

I lettori possono inviare domande all’indirizzo liturgia.zenit@zenit.org. Si chiede gentilmente di menzionare la parola “Liturgia” nel campo dell’oggetto. Il testo dovrebbe includere le iniziali, il nome della città e stato, provincia o nazione. Padre McNamara potrà rispondere solo ad una piccola selezione delle numerosissime domande che ci pervengono.

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Fr. Edward McNamara

Padre Edward McNamara, L.C., è professore di Teologia e direttore spirituale

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