Putin e Francesco

La visita del Presidente della Russia al Papa chiude un’epoca, e ne apre un’altra

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Certe coincidenze temporali, per quanto possano apparire casuali, nascondono dei segnali profondi e significativi.

Oggi, il Papa chiude solennemente l’Anno della Fede venerando in piazza San Pietro le reliquie dell’Apostolo che fu suo primo predecessore.

E il giorno dopo, Francesco riceve in udienza Wladimir Putin, che della “Terza Roma” è il capo temporale ed insieme il protettore, in una tradizione cesaropapsitica che spinse addirittura Pietro il Grande, l’Imperatore illuminista, ad abolire il Patriarcato e a proclamarsi capo della Chiesa Ortodossa Autocefala, come il Re d’Inghilterra con quella Anglicana.

Mosca non potrebbe comunque essere la “Terza Roma” se non ci fosse stata la prima, che deve il proprio primato sul mondo cristiano precisamente a San Pietro.

La storia delle relazioni tra il Vaticano e la Russia rivoluzionaria ha conosciuto diverse fasi, caratterizzate prima da una preponderanza dei rapporti religiosi, e poi dalla prevalenza di quelli tra il Cremlino e la Chiesa Cattolica.

Tutto ebbe inizio con il Concilio, al quale Giovanni XXIII invitò gli osservatori delle diverse Chiese Cristiane non cattoliche.

Il Patriarcato di Mosca rispose inviando due alti prelati, i quali più tardi si seppe essere anche ufficiali di eguale rango della polizia politica, il che era normale per quanti venivano incaricati di simili missioni  all’estero.

Quanto  questi prelati prendessero comunque sul serio il “coté” religioso della loro presenza a Roma, lo provò il fatto che evitassero gli impegni mondani, preferendo sostare a lungo in preghiera nelle Basiliche, legate alla memoria degli Apostoli San Pietro e San Paolo.

Venne anche loro consegnata una petizione per la liberazione del Cardinale Slipy, capo degli ucraini cattolici di rito orientale, incarcerato fin dai tempi di Stalin: i due religiosi dissero che non potevano prendere nessun impegno al riguardo, ma comunque avrebbero trasmesso l’istanza a chi di dovere;  pochi mesi dopo una folla festante accoglieva il Metropolita al suo arrivo a Termini, proveniente da Mosca via Vienna.

Era cominciato il disgelo, che conobbe un altro momento alto con la famosa udienza concessa da Roncalli al genero di Krusciov, presente a  Roma con la consorte ufficialmente in veste di giornalista (quale era in effetti): questo incontro ebbe una preparazione travagliata, dato che tra il Vaticano e l’Unione Sovietica non esistevano all’epoca rapporti diplomatici.

La richiesta fu dunque affidata ad un rappresentante dello Stato italiano, il quale – recatosi a colloquio dal Cardinale Segretario di Stato – anziché consegnarla manualmente, finse di dimenticarla sulla scrivania del suo interlocutore.

L’incontro ebbe luogo, e il Papa mise a loro agio gli ospiti ricordando i suoi rapporti giovanili con le Chiese d’Oriente, con cui era stato precursore del dialogo ecumenico.

Poiché in Italia si avvicinavano le elezioni, il Papa venne accusato da certa destra di voler favorire il Partito Comunista, che in effetti incrementò i suoi voti, ma per tutt’altri motivi.

A procedere più spediti, furono comunque in quegli anni i rapporti tra le Chiese: tra gli Ortodossi, i Greci erano i più restii a stabilire rapporti di collaborazione col Vaticano; questa reticenza venne comunque superata grazie alla solenne restituzione di alcune reliquie, prelevate in Oriente all’epoca delle Crociate; i Russi, viceversa, erano all’avanguardia nel dialogo ecumenico, e anche grazie all’influenza della loro Chiesa, la più numerosa dell’Ortodossia, fu aperta la strada all’incontro di Gerusalemme tra il Papa e Atenagora, Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, del quale sta per ricorrere il cinquantennale.

In questo mezzo secolo, i vari Pontefici che si sono succeduti hanno scambiato moltissime visite con tutti i Patriarchi Ortodossi, tanto a Roma quanto nelle loro rispettive sedi.

Con tutti, meno che con uno: il Patriarca di tutte le Russie, la cui carica era stata paradossalmente restaurata dalla Rivoluzione di febbraio, che abbatté l’Impero e proclamò la Repubblica.

I motivi che hanno impedito questo storico incontro sono di carattere più politico che religioso, dato che la Chiesa Ortodossa russa si è rivelata tra le più aperte nel dialogo ormai da anni instaurato con i Cattolici, incentrato sulla definizione del primato petrino.

Questi motivi sono legati con l’esito della seconda guerra mondiale:  Stalin spostò letteralmente la Polonia da Est a Ovest, rendendo cattoliche – data l’espulsione degli abitanti tedeschi – le terre della Germania orientale perse da Roma con la Riforma protestante.

Nel contempo,  però i Cattolici ucraini di rito orientale vennero costretti ad unificarsi con la Chiesa Ortodossa, consegnandole tutti gli edifici di loro pertinenza.

Caduto il comunismo, la Chiesa Cattolica detta “uniate” si è ricostituita, e rivendica le sue temporalità.

Quanto per i Cattolici costituisce la ritrattazione di una imposizione, per gli Ortodossi è invece un atto di proselitismo.

Poiché il contenzioso non è stato risolto, Giovanni Paolo II è morto senza coronare il suo desiderio di un viaggio a Mosca.

Ha però restituito al Patriarca la presunta icona della Vergine di Kazan, alla cui protezione i Russi attribuiscono la vittoria di Poltava sugli Svedesi del 1709, che permise a Pietro il Grande l’edificazione di San Pietroburgo.

L’immagine era stata trafugata prima della Grande Guerra, e mai più ritrovata: anche se si discute dell’autenticità della copia consegnata dal Vaticano, che ne era giunto in possesso fortunosamente, senza dubbio il gesto è stato apprezzato, ma non è valso a risolvere il contenzioso.

Ora arriva Putin , che nel suo ruolo di capo temporale ed al contempo di protettore della Chiesa Ortodossa, cui si aggiunge quello di protettore dei Cristiani del Medio Oriente, a suo tempo compartito con la Francia e con l’Inghilterra ma ora svolto attivamente soltanto da Mosca, certamente ambisce a propiziare il colloquio tra il Patriarca ed il Papa.

Francesco, come pure i suoi predecessori , non pone come condizione di essere ricevuto a Mosca, ed è disposto a recarsi dovunque.

Si parla di Vienna, sede tradizionale di una delle Diocesi Ortodosse dell’Occidente, ma soprattutto di Bari, dove i Russi sono tornati a recarsi in pellegrinaggio sulla tomba di San Nicola, Patrono del loro Paese.

Anche qui, lo Stato italiano ha fatto la sua parte, restituendo a quello russo l’ospizio fatto costruire dall’Impero nell’Ottocento.

 E Putin, dal canto suo,  ha fatto consacrare la sua nuova Cattedrale Ortodossa di Roma, costruita a spese dello Stato e dedicata a Santa Caterina di Alessandria.

Che cosa può sbloccare la situazione?

Fondamentalmente, la consonanza tra Mosca e il Vaticano contro nuovi possibili interventi militari americani, e più in generale occidentali,  nel Medio Oriente o altrove, cui il Papa ha voluto esprimere la propria contrarietà nel modo più solenne.

Questo atto ha costituito però a sua volta la conseguenza di una ricollocazione della Santa Sede  nel quadro internazionale dalla parte delle potenze non occidentali: l’elezione di Bergoglio segna, da questo punto di vista, una svolta strategica di importanza storica.

Certamente a Putin non piace che questa nuova concordia, frutto anche della ritirata della Russia dall’Europa Orientale, con cui è stato eliminato il contenzioso prodotto dalla guerra fredda, sia guastata dalla controversia secondaria su alcune temporalità già appartenenti ai Cattolici di rito orientale dell’Ucraina Occidentale.

E il Presidente  non mancherà di imporsi al Patriarca, nella miglior tradizione cesaropapista del suo Paese.

Si chiude così  un tempo dedicato a sanare le ferite del passato, mentre se ne apre una altro, consacrato a costruire insieme il futuro.

“Pax in terra hominibus bonae voluntatis”!

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Alfonso Maria Bruno

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