L’incontro era ormai saltato: gli ultimi preparativi per il viaggio in Messico avevano reso necessario cancellare dall’agenda papale il tradizionale incontro col clero di Roma di inizio Quaresima, in San Giovanni in Laterano. Una lettera del cardinale Vallini di qualche settimana fa annunciava infatti che l’appuntamento, di carattere “penitenziale”, sarebbe stato presieduto dal vescovo Angelo De Donatis.
Ma il Papa già si trovava questa mattina a Santa Maria Maggiore per affidare, come ormai consolidata tradizione, il suo viaggio apostolico alla Salus Populi Romani. E probabilmente avrà pensato: meglio riposare prima di affrontare 12 ore di volo o salutare i ‘miei’ sacerdoti riuniti a sette minuti da qui?
Ecco quindi che il Papa ha fatto ingresso in basilica, a metà mattina, tra gli applausi e lo stupore generale. Stupore accresciuto nel vedere il Pontefice indossare la stola viola, sedersi e confessare alcuni tra i presenti. Seppur il tempo breve, Francesco ha poi voluto condividere con tutti i sacerdoti alcune riflessioni – naturalmente a braccio – per aiutarli nel loro ministero pastorale. A cominciare da alcune indicazioni su come comportarsi nel confessionale, tema molto caro al Papa.
Come ai cappuccini nella Messa di martedì scorso, Bergoglio ha chiesto ai preti della Capitale di “non bastonare la gente”, ma di “accarezzare, come ci accarezza Dio” o “come si fa in ospedale, che se sa accarezzare la suorina infermiera o il dottore buono, le ferite non fanno male, no?”. Ancor di più “la carezza della parola di un prete fa tanto bene, tanto bene!”, ha assicurato il Pontefice, “fa miracoli, eh?”.
In questa prospettiva, l’Anno della Misericordia in corso è a tutti gli effetti “una grazia”. “Non è stata una cosa che ho pensato: ‘Farò questo’. No!”, ha spiegato il Papa, “è una cosa che viene da Paolo VI, e poi San Giovanni Paolo II con tre pilastri forti: la Dives in Misericordia, la canonizzazione di Faustina e la festa della Divina Misericordia, nell’ottava di Pasqua! È un messaggio che viene, viene, viene … Papa Benedetto, anche: con quanta tenerezza, in due o tre catechesi ne ha parlato”.
Così è nata l’intuizione di un Anno Santo dedicato alla misericordia. “Un giorno – ha rivelato Papa Francesco – parlando fraternamente, in un’udienza di tabella, con monsignor Fisichella ho detto: ‘Ma, questo della misericordia, vedo che è un filo che viene da lontano, nella Chiesa. Si potrebbe fare un Giubileo sulla misericordia?’. La prima volta che l’ho detto, così, perché è uscito da me. Ma è il Signore che lo ha fatto”. E “se il Signore vuole un Giubileo della misericordia, è perché ci sia misericordia, nella Chiesa, perché si perdonino i peccati”.
E magari perché tutti i sacerdoti ricordino che non sono “principi”, né “padroni”, bensì “servitori della gente”. “Se il Signore ci ha dato questa missione è proprio per andare ad aiutare la gente, con umiltà e misericordia” ha ribadito il Papa e, rivolgendosi direttamente ad ognuno dei presenti, ha aggiunto: “Oggi, quando ho visto tutti voi confessarvi lì ho sentito consolazione, perché una delle grazie più belle in un presbiterio è quando i presbiteri si sentono peccatori, perché così possono perdonare meglio gli altri peccatori. È una grazia bella”.
Certo perdonare i peccati “non è facile”, ha ammesso Francesco, “perché la rigidità tante volte viene da noi che siamo rigidi o padroni…”. E’ “la malattia del clericalismo” che contagia un po’ tutti. “Tutti, eh? Anche io”, ha detto il Santo Padre, “tutti l’abbiamo, questo” e tutti “dobbiamo lottare… Tu sei padre, eh? Lascia crescere i figli. Sì, metti i limiti, ma come lo farebbe un padre”. Cioè con misericordia.
Misericordia che “è Gesù, è il Padre che ti ha mandato Gesù”. La misericordia è la certezza che Cristo “si è fatto carne”, “si è fatto peccato” – come diceva San Paolo in tono “più energico” – e “ha scelto me peccatore. Lui sceglie i peccatori!”. Questo – ha osservato il Vescovo di Roma “è tanto bello”. Perciò – ha ammonito – se tu sacerdote “non credi che Dio è venuto in carne, sei l’anticristo: e questo non lo dico io, lo dice l’apostolo Giovanni”.
La misericordia è dunque la bussola che deve orientare il servizio di ogni sacerdote. “Non è manica larga, no!”, ha precisato il Papa, “è amore, è abbraccio di padre, è tenerezza, è capacità di capire, di mettersi nelle scarpe dell’altro”. Significa essere “generosi nel perdono”, “capire i diversi linguaggi” e “i gesti della gente”.
Perché c’è il linguaggio delle parole, ma anche il linguaggio dei gesti. Ad esempio, ha spiegato il Papa, “quando una persona viene al confessionale, è perché sente qualcosa che non sta bene, vorrebbe cambiare o chiedere perdono, ma non sa come dirlo e diventa muto. ‘Ah, se non parli non posso darti l’assoluzione!’. No. Ha parlato con il gesto di venire, e quando una persona viene è perché non vuole, non vorrebbe fare lo stesso un’altra volta. ‘Mi prometti di non farlo?’. No, è il gesto. Alle volte lo dicono: ‘Vorrei non farlo più’, ma a volte non riescono a dirlo perché diventano muti, davanti … ma ha fatto, lo ha detto con i gesti. E se una persona dice: ‘Io non posso promettere questo’, perché è in una situazione irreversibile, c’è un principio morale: ad impossibilia nemo tenetur (nessuno è tenuto a fare cose impossibili)”.
Bisogna, però, cercare sempre il modo per perdonare, “come San Leopoldo che era un campione, perché sempre cercava come perdonare”, o come quell’amico cappuccino, confessore a Buenos Aires – già citato nella Messa di martedì – “che ha la coda lì, sempre, preti, gente, ricchi, poveri, tutti… poverino, tutta la giornata lì”. “Un gran perdonatore lui”, ha detto Francesco. “E una volta, parlando, mi ha detto: ‘Ma senti, io sento lo scrupolo di perdonare troppo’. Gli ho detto: ‘Cosa fai, Luigi, quando tu perdoni troppo?’. ‘Ma, io vado in cappella, davanti al tabernacolo e dico: ‘Signore, perdonami, ho perdonato troppo! Ma sei stato Tu a darmi il cattivo esempio!’”.
L’invito perciò è chiaro: “Siate misericordiosi come il Padre, grandi perdonatori”. Di qui anche la gratitudine “per il lavoro che fate nella diocesi, perché io credo che quest’anno ci saranno gli straordinari che non vi saranno pagati! Ma il Signore ci dia la gioia di avere gli straordinari di lavoro per essere misericordiosi come il Padre”.
“Vi lascio – ha concluso Francesco – perché devo andare ancora, ho questo pomeriggio due appuntamenti e non ho fatto gli appunti, le valigie e tutto…”.