Parole di Benedetto XVI in visita alla tendopoli di Onna

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ONNA (AQ), martedì, 28 aprile 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito le parole pronunciate da Benedetto XVI questo martedì mattina visitando Onna, il paese abruzzese più gravemente colpito dal terremoto del 6 aprile scorso.

* * *

Cari amici!

Sono venuto di persona in questa vostra terra splendida e ferita, che sta vivendo giorni di grande dolore e precarietà, per esprimervi nel modo più diretto la mia cordiale vicinanza. Vi sono stato accanto fin dal primo momento, fin da quando ho appreso la notizia di quella violenta scossa di terremoto che, nella notte del 6 aprile scorso, ha provocato quasi 300 vittime, numerosi feriti e ingenti danni materiali alle vostre case. Ho seguito con apprensione le notizie condividendo il vostro sgomento e le vostre lacrime per i defunti, insieme con le vostre trepidanti preoccupazioni per quanto in un attimo avete perso. Ora sono qui, tra voi: vorrei abbracciarvi con affetto uno ad uno. La Chiesa tutta è qui con me, accanto alle vostre sofferenze, partecipe del vostro dolore per la perdita di familiari ed amici, desiderosa di aiutarvi nel ricostruire case, chiese, aziende crollate o gravemente danneggiate dal sisma. Ho ammirato il coraggio, la dignità e la fede con cui avete affrontato anche questa dura prova, manifestando grande volontà di non cedere alle avversità. Non è infatti il primo terremoto che la vostra regione conosce, ed ora, come in passato, non vi siete arresi; non vi siete persi d’animo. C’è in voi una forza d’animo che suscita speranza. Molto significativo, al riguardo, è un detto caro ai vostri anziani: “Ci sono ancora tanti giorni dietro il Gran Sasso”.

Venendo qui, ad Onna, uno dei centri che ha pagato un alto prezzo in termini di vite umane, ho sorvolato in elicottero questa valle e mi sono reso ancor più conto dell’entità dei danni causati dal terremoto. Se fosse stato possibile, avrei desiderato recarmi in ogni paese e in ogni quartiere, venire in tutte le tendopoli e incontrare tutti. Mi rendo ben conto che, nonostante l’impegno di solidarietà manifestato da ogni parte, sono tanti e quotidiani i disagi che comporta vivere fuori casa, o nelle automobili, o nelle tende, ancor più a causa del freddo e della pioggia. Penso poi ai tanti giovani costretti bruscamente a misurarsi con una dura realtà, ai ragazzi che hanno dovuto interrompere la scuola con le sue relazioni, agli anziani privati delle loro abitudini.

Si potrebbe dire, cari amici, che vi trovate, in un certo modo, nello stato d’animo dei due discepoli di Emmaus, di cui parla l’evangelista Luca. Dopo l’evento tragico della croce, rientravano a casa delusi e amareggiati, per la “fine” di Gesù; ma, lungo la strada, Egli si accostò e si mise a conversare con loro. Anche se non lo riconobbero con gli occhi, qualcosa si risvegliò nei loro cuori: le parole di quello “Sconosciuto” riaccesero in loro quell’ardore e quella fiducia che l’esperienza del Calvario aveva spento.

Ecco, cari amici: la mia presenza tra voi vuole essere un segno tangibile del fatto che il Signore crocifisso è risorto e non vi abbandona; non lascia inascoltate le vostre domande circa il futuro, non è sordo al grido preoccupato di tante famiglie che hanno perso tutto: case, risparmi, lavoro e a volte anche vite umane. Certo, la sua risposta concreta passa attraverso la nostra solidarietà, che non può limitarsi all’emergenza iniziale, ma deve diventare un progetto stabile e concreto nel tempo. Incoraggio tutti, istituzioni e imprese, affinché questa città e questa terra risorgano.

Il Papa è qui, oggi, tra di voi per dirvi anche una parola di conforto circa i vostri morti: essi sono vivi in Dio e attendono da voi una testimonianza di coraggio e di speranza. Attendono di veder rinascere questa loro terra, che deve tornare ad ornarsi di case e di chiese, belle e solide. È proprio in nome di questi fratelli e sorelle che ci si deve impegnare nuovamente a vivere facendo ricorso a ciò che non muore e che il terremoto non ha distrutto: l’amore. L’amore rimane anche al di là del guado di questa nostra precaria esistenza terrena, perché l’Amore vero è Dio. Chi ama vince, in Dio, la morte e sa di non perdere coloro che ha amato.

Vorrei concludere queste mie parole rivolgendo al Signore una particolare preghiera per le vittime del terremoto.

Affidiamo questi nostri cari a Te, Signore, sapendo

che ai tuoi fedeli Tu non togli la vita ma la trasformi,

e nel momento stesso in cui viene distrutta

la dimora di questo nostro esilio sulla terra,

Ti preoccupi di prepararne una eterna ed immortale in Paradiso.

Padre Santo, Signore del cielo e della terra,

ascolta il grido di dolore e di speranza,

che si leva da questa comunità duramente provata dal terremoto!

E’ il grido silenzioso del sangue di madri, di padri, di giovani

e anche di piccoli innocenti che sale da questa terra.

Sono stati strappati all’affetto dei loro cari,

accoglili tutti nella tua pace, Signore, che sei il Dio-con-noi,

l’Amore capace di donare la vita senza fine.

Abbiamo bisogno di Te e della Tua forza,

perché ci sentiamo piccoli e fragili di fronte alla morte;

Ti preghiamo, aiutaci, perché soltanto il Tuo sostegno

può farci rialzare e indurci a riprendere insieme,

tenendoci fiduciosi l’un l’altro per mano, il cammino della vita.

Te lo chiediamo per Gesù Cristo, nostro Salvatore,

in cui rifulge la speranza della beata risurrezione. Amen!

[© Copyright 2009 – Libreria Editrice Vaticana]

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ZENIT Staff

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