Nulla ha senso se non c'è amore

Una riflessione dell’arcivescovo di Catanzaro-Squillace sulle recenti tragedie del Germanwings e del Tribunale di Milano

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“L’odio può essere sconfitto soltanto con l’amore. Rispondendo all’odio con l’odio non si fa altro che accrescere la grandezza e la profondità dell’odio stesso”.

Tutt’altra cosa, il sentire del Mahatma Gandhi, rispetto alle forze che animavano i protagonisti di due delle vicende più tragiche delle ultime settimane, l’imprenditore Claudio Giardiello ed il pilota Andreas Lubitz.

Due persone come tante, d’improvviso passate alle cronache per la loro voglia di vendetta, sfogata su estranei innocenti ed esplosa per punire, al prezzo della vita altrui, la presunta ostilità di un mondo avverso ai propri disegni.

Due casi tra molti, moltissimi, al punto che non fanno ormai scalpore più di tanto e a lungo, e comunque idonei a dipingere l’immagine di gente che si ritiene giusta ma perseguitata, infallibile eppure incapace di ammetterei propri errori e magari di chiedere scusa. O perdono. È il simbolo di un modo d’essere che si dilata anche là dove non si consumano stragi, anche quando non si spara e non si uccide con le armi: basti pensare a come si svolgono le relazioni interpersonali nei social forum. Ne vien fuori un modello d’uomo che quando sbaglia scarica sul prossimo le proprie colpe, con il   risultato di un continuo allungamento della catena di odi e di violenze.

Richiamandosi alla legge dell’amore, il cristianesimo offre una prospettiva radicalmente diversa: «Non lasciatevi vincere dal male, ma vinci con il bene il male» (Romani 12, 21). Questa norma vale prima di tutto nella sfera personale: quando ci si lascia vincere dal desiderio di battere il male con la violenza, la prima ad essere colpita è la propria vita. Si diventa cupi, tesi, stressati e spesso si esplode in maniera sbagliata: sono sempre in agguato l’ira rabbiosa, la vendetta incontrollabile, il ricorso a ogni bassezza nell’illusione di mostrarsi rigorosi e fieri contro il male, mentre in realtà si è solo degli esseri miseri, esagitati e feroci. Artefici, insomma, e padroni di una profonda solitudine, del vuoto di chi non ha nessuno cui davvero confessare la propria dolente, impazzita verità.

Per arginare questa tendenza, e circoscriverne gli effetti sempre più spesso letali, si invoca il ricorso a leggi di polizia, si sollecitano misure straordinarie, si evocano interventi eccezionali. Magari saranno pure utili, almeno in parte, ma che cosa potrà cambiare se prima non cambia l’uomo? Se solitudine e incoscienza delle proprie responsabilità si vanno allargando, potranno bastare milioni di telecamere a fermare carnefici impazziti, a svelare torti inesistenti, a salvare vittime innocenti?

Probabilmente, non basterebbe un agente ad ogni angolo di strada per scorgere chi, dietro l’anonima finestra di una casa come tante, lontano dallo spazio aperto delle città e della mente cova una muta rabbia. Non c’è nulla che possa leggere il cuore degli uomini, se non l’amore. Senza di esso, il mondo è quello visto con la lente del sospetto e dell’egoismo: un nemico.

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Vincenzo Bertolone

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