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Mons. Follo: "La sete del cuore"

Lectio divina – III Domenica di Quaresima – Anno A – 19 marzo 2017

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III Domenica di Quaresima – Anno A – 19 marzo 2017
Rito Romano
Es 17,3-7; Sal 94; Rm 5,1-2.5-8; Gv 4,5-42
Rito Ambrosiano
Es 34,1-10; Sal 105; Gal 3,6-14; Gv 8,31-59
Domenica di Abramo
            Premessa
In questa III domenica di Quaresima, come poi nella IV e nella V, invece del Vangelo secondo San Matteo la Liturgia della Chiesa ci propone tre brani presi da quello secondo San Giovanni, nei quali sono raccontati tre incontri di Gesù:

  • con la Samaritana che viene al pozzo di Giacobbe e riceve in dono l’acqua che disseta per sempre;
  • con il cieco nato che riceve la luce degli occhi e quella del cuore;
  • con l’amico Lazzaro, che Lui resuscita.

L’incontro con ognuno di queste tre persone mette in luce alcuni aspetti particolari della persona di Gesù, Figlio di Dio che dona la vita, dissetando con acqua “spirituale”, dando la luce per vedere Dio e non solo le cosa, dando la vita all’amico, cioè a ognuno di noi
            1) La sete nostra.
Poiché è amore, Dio ha sete di amare e di essere amato; l’uomo, sua creatura, ha sete di essere amato e di amare.  Questa sete spinge, oggi,  Cristo a domandare alla donna Samaritana: “Dammi da bere” (cfr. Gv 4,7). Il Figlio di Dio viene a noi come un mendicante, bisognoso di ciò che possiamo dargli. “La cosa più grande nell’amore di Dio non è il fatto che egli ci ama, ma il fatto che egli ci chiede l’amore, quasi non potesse fare a meno di quello che noi possiamo dare a lui. Colui che è l’infinito, colui che è l’eterno, colui che è sufficiente a se stesso, stanco riposa sull’orlo di un pozzo” (Don Divo Barsotti). La Samaritana rappresenta l’umanità intera, la cui sete di amore non può essere appagata da nessun uomo (la Samaritana ne ha avuti sei).
Cerchiamo di immaginarci la scena del Vangelo di oggi: verso mezzogiorno una donna va al pozzo di Giacobbe, che si trova vicino al villaggio dove lei abita, per prendere acqua e nel giro di non molti minuti approda alla fede che l’incontro con Cristo suscita. Gesù è lì che l’aspetta al pozzo ed esprime anche lui il suo desiderio. Cioè la fede nasce dall’incontro di due desideri profondi, che “dialogano” fra loro. La sete di Cristo svela il segreto della sete di questa donna, che ci rappresenta tutti.
Perché questa donna arriva alla fede e vi arriva rapidamente?

  • Perché accetta di dialogare con Cristo che l’aspetta al bordo di un pozzo. Perché arriva al pozzo, dove va ogni giorno, perché ogni giorno il suo corpo ha sete. Ma la Samaritana ha sete anche e soprattutto di amore e non lo trova né esasperando l’amore che già ha, né cambiando continuamente amore (dinanzi ai cinque uomini già lasciati ed a quello con il quale convive ora si presenta il Cristo, colui che è il “settimo”).
  • Perché vi arriva assetata di non solo di acqua che disseta il corpo, ma anche di quella che estingue la sete di verità, di amore, e di giustizia. Questa sete “spirituale” – davanti  a Gesù che le dice “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: ‘Dammi da bere!’, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva” (Gv 4, 10) – spinge questa donna a mendicare, dicendo: “Signore, dammi quest’acqua” (Gv 4, 14).

Questa donna non rappresenta solo l’umanità vivente ai tempi della vita terrena di Cristo. Lei rappresenta anche tutta l’umanità di sempre, la cui sete è ben espressa da queste parole: “O Dio, tu sei il mio Dio, dall’aurora io ti cerco, ha sete di te l’anima mia, desidera te la mia carne, in terra arida, assetata, senz’acqua” (Sal 63,2).
La sete dell’uomo non si è estinta né allora né mai: non è estinguibile. In ogni essere umano c’“è” la domanda ineliminabile di senso (inteso come significato, direzione e gusto della vita) e apertura all’Infinito. A questa domanda di infinito, il mondo risponde con infinite cose, che non colmano mai il cuore dell’uomo, che vuole l’infinito, perché è capace di Dio. A questo riguardo il Catechismo della Chiesa Cattolica, al Capitolo I intitolato L’uomo è “capace” di Dio, ribadisce il fatto che il desiderio (cioè la sete) di Dio è inscritto nel cuore dell’uomo, perché l’uomo è stato creato da Dio e per Dio; e Dio non cessa di attirare a sé l’uomo e soltanto in Dio l’uomo troverà la verità e la felicità che cerca senza posa. Il senso della vita umana consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio, fonte di gioia.
Se domandassimo a quanti non conoscono ancora Cristo, a chi non l’ha ancora incontrato con Lui, anche a quelli che non lo vogliono cercare, molti risponderebbero di essere contenti della loro sorte. Vanno a prender l’acqua, ma non hanno bisogno di Dio. Vanno al pozzo per prender l’acqua per il corpo, ma non notano di aver loro i stessi sete di un’altra acqua. La presenza del Cristo rivela all’anima il suo vuoto che solo l’infinito amore di Dio può colmare. A questo riguardo cita il Beato Charles de Foucauld che, in una sua meditazione, parla della tristezza in cui lo lasciavano le passioni terrene, quando egli, ancora ateo, credeva di soffocare nelle trasgressioni questa sete di Dio che è propria dell’uomo.
        2) La sete di Cristo.
Per rispondere a questa sete profonda che il nostro spirito ha, Cristo mette una sola condizione perché Lui possa donarsi, mendica un “obolo” che noi gli offriamo dell’acqua per la sua sete. L’acqua che chiede  di avere dalla Samaritana è un’elemosina grazie alla quale la nostra mano e il nostro cuore si aprano e possano così ricevere molto di più, infinitamente di più.
Ispirandomi ad un quadro di Duccio di Boninsegna che ritrae Gesù seduto sul bordo di un pozzo, che in realtà è un fonte battesimale[1] marmoreo, solido, e  la donna Samaritana con sulla testa, in precario equilibrio, una fragile brocca di argilla, posso scrivere che Gesù ha bisogno proprio della brocca di ciascuno di noi da calare nel pozzo, cioè ha bisogno della nostra libertà, del nostro amore libero, che Lui redime.
Il cammino spirituale della Samaritana è proposto oggi a noi. E’ un itinerario, che ognuno di noi è chiamato a riscoprire e a percorrere costantemente. Anche noi, battezzati siamo sempre in cammino per divenire veri cristiani e questo episodio evangelico è uno stimolo a riscoprire l’importanza e il senso della nostra vita cristiana, il vero desiderio di Dio che vive in noi.
Proponendoci il Vangelo della Samaritana, oggi la Chiesa vuole portarci a professare la nostra fede in Cristo, come questa donna ha fatto, andando annunciare e testimoniare ai nostri fratelli la gioia dell’incontro con Lui e le meraviglie che il suo amore compie nella nostra esistenza.
La fede nasce dall’incontro con Gesù, riconosciuto e accolto come Salvatore, nel quale si rivela il volto di Dio. Una volta che il Signore ha conquistato il cuore della Samaritana, la sua esistenza è trasformata e lei corre senza indugio a comunicare la buona notizia alla sua gente. Diceva sant’Agostino che Dio ha sete della nostra sete di Lui, desidera cioè di essere desiderato. Più l’essere umano si allontana da Dio più Lui lo insegue con il suo amore misericordioso.           Dunque, quest’oggi, il Vangelo ci spinge a rivedere il nostro rapporto con Gesù, a cercare il suo volto senza stancarci.  “È il desiderio che scava il cuore”[2] (Sant’Agostino) e lo dilata. E’ il desiderio che rende profondo il cuore e la “vita del buon cristiano consiste nel santo desiderio”[3] (Id.).
Una testimonianza di buona vita cristiana è quella delle vergini consacrate nel mondo, che mortificano la sete di amore umano per dissetarsi solamente all’acqua di vita che sgorga da Cristo e per rispondere alla sua sete.
La verginità consacrata “non è assenza di desiderio ma intensità di desiderio” (Santa Teresa d’Avila) ed è una vocazione che esprime come sia possibile vivere una vita che si disseta solamente con Dio. Questa vita donata e, quindi, feconda va vissuta con un atteggiamento di fede e di gioia spirituale, alimentato dalla preghiera. Essa va pure vissuta con un distacco non solo dalla vita di coppia, ma anche dalle simpatie troppo limitate, per orientare tutte le energie, comprese quelle affettive, alla comunione con Cristo e con quanti diventano vicini a causa di lui.
La persona che vive la verginità consacrata è un dono prezioso per la Chiesa: testimonia infatti la presenza iniziale del regno di Dio e la sicura speranza del suo compimento; rende più disponibili al servizio. Infine non dimentichiamo che la verginità non contraddice la dignità del matrimonio, ma la presuppone, la conferma, la difende dalle interpretazioni riduttive. Essa ricorda agli sposi che devono vivere il matrimonio come un anticipo e una figura della comunione perfetta con Dio. Il “Tu” che ognuno cerca in definitiva è Dio: l’altro coniuge non può saziare il desiderio illimitato di amore; le vere nozze sono quelle con Dio.
Letture Patristiche
San Nerses Snorhali (1102 – 1173)
Jesus, 442-443
Sorgente della vita, Tu hai chiesto l’acqua
Alla Samaritana nella (tua) sete;
E Tu hai promesso l’Acqua viva,
in cambio dell’effimera.
A me pure accorda, Sorgente della Vita,
La santa Bevanda spirituale,
Colui che sgorga dal seno come un fiume:
Lo Spirito da cui zampilla la grazia in abbondanza.
Sant’Efrem, il Siro (306 – 373)
Diatessaron, 12, 16-18
Nostro Signore venne alla fontana come un cacciatore, chiese l’acqua per poterne dare; chiese da bere come uno che ha sete, per avere l’occasione di estinguere la sete. Fece una domanda alla Samaritana per poterle insegnare e, a sua volta, essa gli pose una domanda. Benché ricco, Nostro Signore non ebbe vergogna di mendicare come un indigente, per insegnare all’indigente a chiedere. E dominando il pudore, non temeva di parlare ad una donna sola, per insegnarmi che colui che si tiene nella verità non può essere turbato. “Essi si meravigliarono che si intrattenesse con una donna e le parlasse” (Jn 4,27). Egli aveva allontanato i discepoli (Jn 4,8), perché non gli scacciassero la preda; egli gettò un’esca alla colomba, sperando così di prendere tutto uno stormo. Aprì la conversazione con una domanda, con lo scopo di provocare confessioni sincere: “Dammi dell’acqua, perché io beva” (Jn 4,7). Chiese dell’acqua, poi promise l’acqua della vita; chiese, poi smise di chiedere, al pari della donna che abbandonò la sua brocca. I pretesti erano finiti, perché la verità che essi dovevano preparare, era ora presente.
Dammi dell’acqua, perché io beva. Essa gli disse: Ma tu sei Giudeo. Egli le disse: Se tu sapessi” (Jn 4,7 Jn 9-10); con queste parole, egli le dimostrò che essa non sapeva e che la sua ignoranza spiegava il suo errore; la istruì sulla verità; voleva rimuovere a poco a poco il velo che era sul suo cuore. Se le avesse rivelato fin dall’inizio: Io sono il Cristo, essa avrebbe avuto orrore di lui e non si sarebbe messa alla sua scuola: “Se tu sapessi chi è colui che ti ha detto: Dammi dell’acqua perché io beva, tu gli avresti chiesto… La donna gli disse: Tu non hai un secchio per attingere e il pozzo è profondo. Egli le rispose” (Jn 4,10-11 Jn 4,13): Le mie acque discendono dal cielo. Questa dottrina viene dall’alto e la mia bevanda è celeste; coloro che ne bevono non hanno più sete, poiché non vi è che un battesimo per i credenti: “Chiunque beve dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete. Essa gli disse: Dammi di quest’acqua perché io non abbia più sete e non debba venir più qui ad attingerne” (Jn 4,14-15).
Egli le disse: Va’ a chiamare tuo marito” (Jn 4,16). Come un profeta, egli le apre una porta per rivelarle cose nascoste. Ma essa gli rispose: “Io non ho marito” (Jn 4,17), per provare se egli conosceva le cose nascoste. Egli le dimostrò allora due cose; ciò che essa era e ciò che essa non era, ciò che era di nome, ma non era in verità: “Tu ne hai avuti cinque, e quello attuale non è tuo marito. Essa gli disse: Mio Signore, vedo che sei un profeta” (Jn 4,18-19). Qui, egli la portò ad un gradino superiore: “I nostri padri hanno adorato su questo monte. Egli le rispose: Non sarà più così, né su questo monte, né a Gerusalemme; ma i veri adoratori adoreranno in spirito e verità” (Jn 4,20-21 Jn 23). La esercitava perciò nella perfezione, e la istruì nella vocazione dei gentili. E per manifestare che non era una terra sterile, essa testimoniò, tramite il covone che gli offrì, che il suo seme aveva fruttificato al centuplo: “Ecco, quando verrà il Messia, ci annunzierà ogni cosa. Egli le rispose: Sono io che ti parlo” (Jn 4,25-26). Ma se tu sei re, perché mi chiedi dell ‘acqua ? È progressivamente che si rivelò a lei, prima come Giudeo, poi come profeta, quindi come il Cristo. La condusse di gradino in gradino fino al livello più alto. Essa vide in lui dapprima qualcuno che aveva sete, poi un Giudeo, quindi un profeta, e infine Dio. Essa persuase colui che aveva sete, ebbe il Giudeo in avversione, interrogò il saggio, fu corretta dal profeta e adorò il Cristo.
[1] E per questo richiamo al battesimo che il brano di oggi è scelto perché la quaresima soprattutto nei secoli passati era per i catecumeni il periodo di preparazione al battesimo impartito a  Pasqua.
[2] Desiderium sinum cordis.
[3] Vita boni christiani sanctum desiderium est.

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Archbishop Francesco Follo

Monsignor Francesco Follo è osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi.

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