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La Santa Sede chiede più rispetto per le "madri che lavorano"

Intervento dell’osservatore vaticano alla Commissione sullo status delle donne che si tiene all’Onu sul tema del lavoro femminile “nel mondo che cambia”

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Sono troppe le diseguaglianze tra uomini e donne nel mondo professionale, per questo la comunità internazionale deve impegnarsi a proteggere “la dignità della donna sul posto di lavoro”. È il richiamo che si è levato all’Onu di New York ieri, 16 marzo 2017, a nome della Santa Sede dall’osservatore permanente, mons. Bernardito Auza. Il presule è intervenuto alla 71.ma sessione della Commissione sullo status delle donne, in corso fino al 24 marzo e dedicata al tema del lavoro femminile “nel mondo che cambia”.
In questo pianeta in mutamento, appunto, mons. Auza rileva una “crescente” precarietà dell’occupazione femminile. A tal proposito egli ha elencato le troppe donne lavoratrici “estromesse dai sistemi di protezione e di previdenza sociale, trascurate per una promozione”, vittime di differenze retributive “rispetto agli uomini nell’ambito dello stesso lavoro”, oppure “discriminate nelle assunzioni semplicemente a causa della prospettiva di un congedo di maternità o di un congedo esteso destinato alla cura dei figli o dei familiari malati e anziani”.
Il presule ha invitato, piuttosto, a trovare “modi creativi” per permettere alle “madri che lavorano” di non sentirsi “sotto pressione o costrette a sacrificare le proprie capacità materne”. Del resto, ha aggiunto, “anche se il lavoro non pagato delle donne non è ufficialmente riconosciuto nell’economia formale”, esso “contribuisce non solo allo sviluppo economico di ogni Paese, ma sostiene anche i pilastri fondamentali che governano una società e una nazione”.
Di qui l’invito a considerare il “congedo familiare mirato alla crescita dei figli o alla cura di malati e anziani in famiglia”. A questo andrebbero accompagnate “politiche sociali e strutture di compensazione favorevoli alle donne che si occupano della famiglia stando in casa, con particolare attenzione alle ragazze madri, così come alle donne rifugiate e migranti, che sono in maniera sproporzionata tra le donne più vulnerabili e più povere”.
L’osservatore vaticano ha dunque ribadito che “è della massima importanza che la comunità internazionale protegga e riaffermi fortemente la dignità della donna sul posto di lavoro, nella famiglia e altrove”, anche per ostacolare “ogni forma di abuso, come pure allo sfruttamento e alla tratta delle donne e delle bambine”.
Infine mons. Auza, sulla scia di “Amoris Laetitia”, ha chiamato in causa le responsabilità dell’uomo nelle faccende domestiche nel contesto di un mondo del lavoro che cambia. Nell’esortazione apostolica il Pontefice definisce “possibile” che “il modo di essere maschile del marito possa adattarsi con flessibilità alla condizione lavorativa della moglie”. Del resto, scrive ancora il Papa, “farsi carico di compiti domestici o di alcuni aspetti della crescita dei figli non lo rendono meno maschile, né significano un fallimento, un cedimento o una vergogna. Bisogna aiutare i bambini ad accettare come normali questi sani ‘interscambi’, che non tolgono alcuna dignità alla figura paterna”.

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ZENIT Staff

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