Lanciato sito web per la beatificazione di Benedict Daswa, primo martire sudafricano

Il portale www.daswabeatification.org.za racconta la storia del Servo di Dio, catechista e padre di otto figli, offrendo informazioni, foto e video dell’evento, in programma il 13 settembre

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Il prossimo 13 settembre si terrà Tshitanini, nella diocesi di Tzaneen, la cerimonia di beatificazione di Benedict Samuel Tshimangadzo Daswa, Servo di Dio del Sudafrica, morto martire il 2 febbraio 1990. In vista dell’evento, che sarà celebrato dal card. Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, è stato creato appositamente il sito ufficiale www.daswabeatification.org.za.

In esso si ricorda la figura di Daswa, “un uomo di dedizione, fede, integrità”, come si legge, padre amorevole di otto figli, maestro, catechista e grande testimone di fede. Il portale ne racconta la vita, ripercorrendo le tappe principali del suo processo di beatificazione e offrendo aggiornamenti sulla logistica della celebrazione.
 
Il sito permette inoltre di scaricare foto e video legati all’evento e riporta anche numerose interviste, tra cui quella a mons. Hugh Slattery, vescovo emerito di Tzaneen, che nel 2000 diede inizio alla causa di beatificazione di Daswa. Nell’intervista – riportata dalla Radio Vaticana – il presule mette in risalto una singolare coincidenza: Benedict fu ucciso lo stesso giorno in cui fu annunciata la scarcerazione di Nelson Mandela, leader sudafricano della lotta contro l’apartheid, dopo 27 anni di prigionia.

Daswa e Mandela, spiega Slattery, sono stati “entrambi guidati da una visione di liberazione delle persone dalla schiavitù. Mandela ha trascorso la sua vita cercando di liberare il suo popolo dal giogo dell’apartheid. Daswa, nella sua vita, ha sperimentato la libertà interiore dal potere della stregoneria e del male. E poi, ha cercato di aiutare anche gli altri a vivere questa libertà, aprendosi a Cristo ed alla gioia del Vangelo”. “Si potrebbe dire – sottolinea ancora il vescovo – che Daswa e Mandela siano complementari, in quanto le persone hanno bisogno della libertà sia interiore che esteriore, per costruire una società giusta e sana”.

Benedict Daswa è nato, il 16 giugno 1946, in Mbahe, un povero villaggio Venda vicino Thohoyandou nella diocesi di Tzaneen, Limpopo, la provincia più settentrionale del Sud Africa. I suoi genitori appartenevano alla tribù chiamata Lemba. Come San Giovanni Paolo II, Benedict sperimentò durante la sua gioventù la dolorosa perdita del padre e la pressione di dover rappresentare una figura di riferimento per i fratelli e le sorelle più giovani. Attraverso il contatto con degli amici cattolici, durante l’adolescenza si convertì al cattolicesimo e nel 1963, a 17 anni, chiese il battesimo scegliendo il nome di Benedict. Poco dopo lo seguì anche sua madre.

La sua fede lo portò a servire la Chiesa in molti modi: come assistente di sacerdoti, catechista di giovani, aiutante nella costruzione di chiese. Fu anche preside della scuola locale e ricoprì diversi altri incarichi di rilievo nella comunità, come ad esempio quello di guida ed animatore dei giovani durante i week-end e le vacanze, dotando il villaggio di un campo sportivo ed allenando i ragazzi della squadra di calcio. Era ampiamente rispettato e molto influente nella comunità locale.

Il 25 gennaio 1990, dopo un forte temporale, cumuli di paglia nel villaggio presero fuoco; il capo propose quindi di consultare uno sciamano per individuare lo spirito maligno responsabile dei roghi. Si concordò un contributo di 5 rand a persona per pagare lo stregone.

Benedict arrivò tardi, dopo che questa decisione era già stata presa. Nonostante ciò vi si oppose con vigore. Anche perché spiegò che la causa dei roghi era semplicemente la conseguenza di un fenomeno naturale come un fulmine. Si rifiutò quindi di pagare il contributo, affermando che la sua fede cattolica gli impediva di prendere parte a qualsiasi cosa avesse a che fare con la stregoneria.

Una posizione coraggiosa che strideva con la decisione del Consiglio locale. La comunità lo rimproverò dicendo che il suo comportamento sminuiva le credenze tradizionali. Daswa venne visto quindi come una pietra d’inciampo; cospirarono allora per sbarazzarsi di lui.

Il 2 febbraio 1990, venne perciò assalito dalla folla, lapidato e picchiato a morte. Quando vide un uomo venire verso di lui con un knobkerrie (un bastone tradizionale con una grande palla all’estremità ndr), si inginocchiò e pregò: “Dio, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Subito dopo gli venne inferto un colpo letale che schiacciò il suo cranio. Sulla sua testa gli venne versata poi dell’acqua bollente. Alla sua morte lasciò la moglie Evelyn, incinta dell’ottavo bambino, che partorì quattro mesi dopo, altri sette figli, sua madre Ida, tre fratelli e una sorella.  

l 22 gennaio 2015, Papa Francesco ha autorizzato la Congregazione delle cause dei Santi a promulgare il decreto che ne riconosce il martirio. 

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Per approfondimenti:

http://www.zenit.org/it/articles/mio-padre-benedict-daswa-un-santo-gia-in-famiglia

 
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ZENIT Staff

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