La vera sfida è ritornare a crescere

L’Unione Europea boccia la Legge di stabilità del Governo italiano

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Siamo stati purtroppo facili profeti con il nostro articolo del 21 ottobre scorso, dal titolo Si può fare di più.

Così la legge di Stabilità del Governo italiano non ha superato l’esame della Commissione dell’Unione Europea (UE), che ha evidenziato  sia il rischio di sforamento del rapporto 3% deficit/Pil, sia la mancata diminuzione del debito pubblico (attualmente intorno al 129,5%).

In altre parole l’UE richiede all’Italia di rivedere la sua manovra, con una maggiore stretta sui conti pubblici che il commissario europeo per gli Affari economici e monetari Olli Ilmari Rehn  l’ha quantificata in uno 0,5% del Pil, che significa altri 5 miliardi di tagli.

Ancora tagli, che sommati a quelli delle ultime stagioni effettuati dai vari governi e dall’ultima legge di Stabilità,  potrebbero aggravare ancora di più la spirale depressiva dell’Italia, e produrrebbero un’ulteriore diminuzione del prodotto interno lordo e ad una sempre maggiore sofferenza sociale.

Su un punto il premier Enrico Letta ha ragione quando ha ricordato ai tedeschi, paladini ideologici dell’austerity, che “se continuate su questa strada, continuerete per un po’ a essere forti ma avrete attorno un deserto e vi indebolirete anche voi”.

Questa giusta osservazione del nostro premier, non deve far dimenticare il vero deficit dell’Italia in Europa e cioè la bassa reputazione e affidabilità della classe politica del Paese.

Difatti una parte della classe politica per anni, ha sottoscritto regole sempre più rigide sul bilancio pubblico nella convinzione di poterle poi ignorare, aggirare, rinviare.

Questa cultura della doppia morale si  è impossessata anche di parte della società civile italiana: mi è capitato di  sentire dire “le tasse  non le pago perché tanto, prima o poi, arriva una sanatoria o un condono”.

Si tratta di una cultura di scarso capitale civile.

Altri deficit strutturali italiani che i vari governi si erano impegnati a risolvere si chiamano: riforma del mercato del lavoro, eccessiva tassazione sul lavoro e sulle imprese, la mancanza di vere liberalizzazioni, le eccessive regolamentazioni che ingessano gli investimenti in ogni campo, i tempi archeologici per ottenere giustizia, macchinoso e incerto,  il complicato ed esoso sistema tributario, ecc.

L’insieme di questi deficit genera inaffidabilità, riduzione del capitale civile e della reputazione.

C’è da sperare che il Governo di Enrico Letta riesca a far crescere l’Italia, superando le tante meschinità.

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Carmine Tabarro

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