La spirale. Aspetti scientifici, etici e normativi

ROMA, domenica, 19 luglio 2009 (ZENIT.org).- Di seguito pubblichiamo per la rubrica di bioetica la risposta alla domanda di una lettrice da parte del dott. Renzo Puccetti, specialista in Medicina Interna e Segretario dell’associazione “Scienza & Vita” di Pisa e Livorno.

 

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Volevo sapere un po’ di informazioni sul meccanismo d’azione della spirale, anche di quelle nuove medicate al levonorgestrel che vengono usate per le emorragie. Volevo sapere se è illecito il ricorso anche in questo caso, ossia se è usata per diminuire le emorragie mestruali, e informazioni sul comportamento da tenere da parte di medici e di farmacisti cattolici. –Francesca R., Piacenza

Gentile lettrice,

la domanda che pone ha una valenza assolutamente interdisciplinare. Essa infatti implica quanto meno aspetti medico-scientifici, morali, deontologici e giuridici.

Cercheremo di esaminarli brevemente in riferimento alla domanda che lei pone in modo da poi potere formulare un giudizio bioetico sostanziato.

Aspetti scientifici

La prima cosa da appurare è quella del meccanismo di azione della cosiddetta spirale, più propriamente IUD (Intra Uterine Device). Le spirali al rame rilasciano rame sia in forma libera che salificata. Tale funzione altera il muco cervicale rendendolo meno permeabile al passaggio degli spermatozoi e determina un’infiammazione asettica della mucosa che riveste internamente l’utero (endometrio), svolgendo un’azione tossica nei confronti degli spermatozoi, resi in tal modo incapaci di fecondare l’ovulo.[1] Una descrizione del meccanismo d’azione delle spirali di questo genere configurerebbe solamente un meccanismo d’azione effettivamente contraccettivo e sono molti i ricercatori che negano per la spirale di rame effetti dopo il concepimento.[2] Questa rappresentazione delle conoscenze non è però completa. Nella loro revisione dei dati Ortiz, Croxattto e Bardin, non certo accusabili di sensibilità pro-life, individuano nei sali di zinco non soltanto un’azione nociva per i gameti, ma anche embrio-tossica, inoltre riportano che embrioni sono rinvenibili nei lavaggi uterini di donne che usano la spirale, segno che il meccanismo non può essere solamente di tipo contraccettivo. Il fatto che questa percentuale sia inferiore rispetto a quella di donne che non usano tale presidio attesta soltanto la presenza anche di un’azione contraccettiva, ma non esclude quella abortiva.[3] Altri autori hanno infatti concluso le proprie ricerche affermando che l’impedimento dell’annidamento dell’embrione nell’utero è uno dei meccanismo che sostiene l’efficacia del metodo.[4;5] Pure non essendo ancora in grado di quantificarne l’entità, la European Society of Human Reproduction and Embryology ha attestato che le spirali inibiscono l’annidamento dell’embrione.6 Per quanto riguarda le spirali medicate con il progestinico levonorgestrel la letteratura circa il meccanismo abortivo è ancora più solida.[7;8]

Aspetti etici

Dopo avere delineato gli aspetti tecnici dell’azione è possibile definire l’oggetto morale dell’azione. Si tratta per la donna dell’assunzione di un presidio che ha la capacità di sopprimere un essere umano nelle primissime fasi della sua vita, o, nel caso di un’assunzione per scopi terapeutici, che ha anche questo effetto. Nel caso del medico e del farmacista una eventuale prescrizione, il posizionamento, o la dispensazione costituiscono sicuramente una collaborazione con un tale atto, che può essere di tipo formale se si condivide il fine contraccettivo e abortivo, o materiale se, pur essendo ad essi contrari, si è disposti ad accettarli. In linea generale la collaborazione materiale è definita diretta, ed è quindi sempre colpevole, allorquando la collaborazione col soggetto principale non riconosce soluzione di continuità (ad esempio il ginecologo che posiziona la spirale, pur essendo per principio ad essa contrario), mentre quanto più l’azione compiuta se ne distanzia tanto più si realizza una collaborazione materiale indiretta il cui giudizio deve essere ponderato caso per caso. Tale inquadramento generale, che può apparire assai esteriore al soggetto, va invece ricondotto alla prospettiva dell’agente, come ricorda mons. Sgreccia al cui testo si rimanda: “[…] per valutare l’effettiva colpa morale di chi collabora bisogna esplorare la sua interiorità, guardare cioè alle caratteristiche del suo giudizio di coscienza”.[9] Anche se non a scopo contraccettivo, l’assunzione o l’applicazione di un tale presidio non può ricadere sotto il principio morale del duplice effetto altre volte ricordato,[10] data l’assenza di proporzione tra il bene ricercato (terapia di un disturbo mestruale) ed il male commesso (possibile soppressione di una vita umana); inoltre l’eventuale fine buono verrebbe ottenuto mediante il fine cattivo, cioè attraverso le modificazioni indotte dell’endometrio. Non è inoltre estraneo alla questione il fatto che la spirale per combattere eventuali meno-metrorragie non è carente di alternative terapeutiche.

Aspetti normativi

Sotto l’aspetto deontologico per i medici vale la cosiddetta clausola di coscienza prevista dal codice deontologico (art. 22 del codice), ma anche per i farmacisti il nuovo codice deontologico 2007 all’art. 3 ricorda che il farmacista deve “operare in piena autonomia e coscienza professionale, conformemente ai principi etici e tenendo sempre presenti i diritti del malato e il rispetto della vita”.[11] Sotto l’aspetto giuridico sia la legge 194 che quella 40 entrambe riconoscono per gli esercenti le professioni sanitarie la possibilità di ricorrere alla obiezione di coscienza. Sono esercenti le professioni sanitarie medici, infermieri, ostetriche, farmacisti, tecnici sanitari.[12;13] Il fatto che la formulazione della legge 40 abbia ricalcato integralmente quella della legge 194 fornisce una base estremamente solida al fatto che la ratio che unisce gli articoli delle due leggi è la possibilità che il legislatore vuole concedere agli operatori sanitari non tanto di non partecipare ai due tipi d’intervento che di per sé condividono finalità opposte (la distruzione e la creazione di un essere umano allo stadio embrionale), ma piuttosto quella di consentire agli stessi operatori di astenersi da pratiche che minino la vita e la dignità del concepito. In tale ottica, non trattandosi di leggi speciali, appare logico che il principio per analogia possa essere esteso anche ad altri campi.[14] Il fatto che un Regio Decreto del 1938 reciti: “I farmacisti non possono rifiutarsi di vendere le specialità medicinali di cui siano provvisti e di spedire ricette firmate da un medico per medicinali esistenti nella farmacia. I farmacisti richiesti di specialità medicinali nazionali, di cui non siano provvisti, sono tenuti a procurarle nel più breve tempo possibile (…)”, [15] non inficia la possibile obiezione di coscienza che è appunto costituita per sua natura a esentare da pratiche previste dalla legge come dovere, legge che, nel 1938 non poteva certo prevedere che i farmacisti potessero essere coinvolti nella vendita di prodotti ad azione abortiva.

Considerazioni conclusive

Purtroppo nella società relativistica con grande facilità il «delitto» viene percepito e protetto come «diritto».[16] È difficile trovare nella società zone non contaminate da un tale decadimento etico; esso attraverso le pagine dei giornali e delle riviste scientifiche, gli schermi televisivi, le infinite connessioni della rete telematica, inquina la pubblica opinione; tutti gli ambiti vengono toccati, le sale congressi affollate dalle professioni sanitarie, come le aule di tribunale ed i palazzi della politica. Nonostante il tentativo e lo sforzo di individuare nel piano della ragione il terreno comune per una discussione etica, percorso che ha trovato importanti adesioni non solo tra i cattolici, persiste una larga e attiva schiera che di fatto svuota dall’interno qualsiasi possibilità di confronto etico rifugiandosi nel soggettivismo non cognitivistico. Essa pretende l’egemonia decisionale, è pronta a riconoscere al pensiero ad essa disomogeneo, nel migliore dei casi, solo una limitata
riserva indiana individuata nell’obiezione di coscienza. Convegno dopo convegno, atto dopo atto, lo spazio a disposizione per la difesa della vita sembra diventare sempre più esiguo. Nelle professioni sanitarie si notano le prime crepe derivanti da una coesistenza sotto uno stesso tetto sempre più problematica. Sembra farsi sempre più vicina la prospettiva di un bivio: il progressivo strangolamento degli spazi di autonomia, oppure, indipendentemente dal riconoscimento che l’egemonia relativista intende concedere, la conquista di una terra di libertà da parte di una tradizione ippocratica forte di 25 secoli di storia, che, senza concessioni ad un patrignalismo poco paterno, individua nella beneficialità i confini dell’azione medica e nell’incontro personale di due fiducie e di due coscienze il linguaggio comune in cui paziente e medico possono incontrarsi. Un passo doloroso, conseguenza di quella coriandolizzazione relativistica della società, primo passo di quella società di stranieri morali indicata da Engelhardt,[17] un passo che sarebbe auspicabile non compiere, ma viene da chiedersi, quanto altro ancora rimandabile, in assenza di segni chiari ed efficaci di tutela da parte di chi ha l’onere della responsabilità del paese?

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1) Leon Speroff, Philip D. Darney. A clinical guide for contraception. Lippincott Williams & Wilkins Ed. 4th edition.

2) Alvarez F, Brache V, Fernandez E, Guerrero B, Guiloff E, Hess R, Salvatierra AM, Zacharias S. New insights on the mode of action of intrauterine contraceptive devices in women. Fertil Steril. 1988 May;49(5):768-73.

3) Ortiz ME, Croxatto HB, Bardin CW. Mechanisms of action of intrauterine devices. Obstet Gynecol Surv. 1996; 51(12 Suppl):S42-51.

4) Spinnato JA 2nd. Mechanism of action of intrauterine contraceptive devices and its relation to informed consent. Am J Obstet Gynecol. 1997; 176(3): 503-6.

5) Stanford JB, Mikolajczyk RT. Mechanisms of action of intrauterine devices: update and estimation of postfertilization effects. Am J Obstet Gynecol. 2002 Dec;187(6):1699-708.

6) ESHRE Capri Workshop Group. Intrauterine devices and intrauterine systems. Hum Reprod Update. 2008; 14(3): 197-208.

7) Barbosa I, Olsson SE, Odlind V, Goncalves T, Coutinho E. Ovarian function after seven years’ use of a levonorgestrel IUD. Adv Contracept. 1995; 11(2): 85-95.

8) Mandelin E, Koistinen H, Koistinen R, Affandi B, Seppälä M. Levonorgestrel-releasing intrauterine device-wearing women express contraceptive glycodelin A in endometrium during midcycle: another contraceptive mechanism? Hum Reprod. 1997; 12(12): 2671-5.

9) Sgreccia E, Spagnolo AG, Di Pietro ML. Bioetica – Manuale per i Diplomi Universitari della Sanità. Vita e Pensiero Università Ed. p. 249.

10) Puccetti R. Valutazione bioetica del caso della bambina stuprata. ZENIT. 22-03-2009. http://www.zenit.org/article-17637?l=italian

11) Codice deontologico del farmacista 19-06-2007. http://www.ordinefarmacisti.bari.it/files_rs/CODICE%20DEONTOLOGICO%202007.pdf

12) cfr. R.D. 27/07/1934, n. 1265.

13) Cfr. Ministero della Salute. http://www.ministerodellasalute.it/professioniSanitarie/paginaInterna.jsp?id=808&menu=strumentieservizi

14) cfr. Di Pietro M. Luisa, Casini Carlo, Casini Marina: Obiezione di coscienza in sanità. Nuove problematiche per l’etica e per il diritto. Cantagalli ed. 2005.

15) Cfr. R.D. 30-09-1938, n. 1706, Regolamenti, Art. 38.

16) Cfr. Giovanni Paolo II. Evangelium Vitae n.11.

17) Engelhardt TH Jr. The Foundations of Bioethics. Oxford University Press, 1996.

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ZENIT Staff

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