La misericordia prima del Giubileo     

Maria di Gesù d’Ágreda e la porta dell’amore operoso

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Leggendo vari scritti pubblicati in occasione del Giubileo della misericordia, così come ascoltando omelie o altro, capita di sentir dire che solo recentemente si è riscoperto il volto misericordioso del Signore per lungo tempo taciuto, ma che il tal santo o personaggio fu un antesignano parlandone diffusamente già nei secoli passati. Un vero e proprio genere letterario in cui si offusca tutto per evidenziare la luce; ma le cose spesso non stanno proprio così. Ad esempio, il Papa medievale Onorio III (1216-1227) ebbe a scrivere che come le lampade senza l’olio non possono illuminare così le opere buone senza la misericordia non giovano a nessuno. O nel Siglo de Oro spagnolo suor Maria di Gesù d’Ágreda (1602-1665) nella Mistica città di Dio (Ed. Porziuncola, Assisi) parla di un tempo favorevole della misericordia perché tutti siano salvi, come si può leggere nel seguente brano. 
***
A questo mio desiderio la Vergine santissima rispose: «Figlia mia, il mondo è così bisognoso di questi insegnamenti perché non conosce e neppure porta a Dio onnipotente la dovuta riverenza. Per siffatta ignoranza l’audacia dei mortali provoca la giustizia, che li affligge ed opprime, e, non sapendo cercare il rimedio né vedere con la luce, restano nell’oblio e nelle tenebre. Ciò deriva dalla mancanza di timore e di riverenza che invece dovrebbero avere».
L’Altissimo e la Regina mi diedero questi ed altri avvertimenti per chiarirmi la loro volontà riguardo a quest’opera, cosicché rifiutare gli ammaestramenti che questa grande Signora aveva promesso di darmi parlandomi della sua santissima vita mi parve temerario e poco caritatevole verso me stessa.
Inoltre stimai inopportuno rimandare a un altro momento, poiché l’Altissimo mi aveva manifestato che era questo il tempo opportuno, dicendomi: «Figlia mia, quando io inviai il mio Unigenito nel mondo, esso si trovava nello stato peggiore in cui fosse mai stato dal suo principio in poi, eccetto i pochi che mi servivano fedelmente; perché la natura umana è così imperfetta che, se non si riferisce alla guida interiore della mia luce e alla pratica di quanto insegnano i miei ministri, cade subito nel profondo delle tenebre e in innumerevoli miserie, di abisso in abisso, fino a giungere all’ostinazione nel peccato.
E questo accade ogni volta che non si vuole assoggettare la propria volontà a seguire me, che sono via, verità e vita, e ad osservare i miei comandamenti senza perdere la mia amicizia. Dalla creazione e dal peccato del primo uomo fino alla legge che diedi a Mosè gli uomini si governarono secondo le loro inclinazioni e incorsero in gravi errori e peccati.
Sebbene li commettessero anche dopo la legge col non obbedirvi e andassero così sempre più allontanandosi dalla verità e dalla luce fino a pervenire allo stato del sommo oblio, tuttavia io con paterno amore inviai alla natura umana la salvezza eterna e la medicina a rimedio delle sue infermità incurabili, e con ciò giustificai la mia causa.
E come allora aspettai il tempo in cui avrebbe potuto risplendere meglio tale misericordia, così adesso voglio mostrarne un’altra assai grande, perché è appunto questo il tempo opportuno per operarla finché non giunga la mia ora, in cui il mondo troverà contro di sé tali e tanti capi d’accusa, che riconoscerà quanto sia giusta la ragione del mio sdegno. In quell’ora farò conoscere il mio cruccio, la mia giustizia ed equità e quanto sia ben giustificata la mia causa.
Per farlo meglio e poiché è questo il tempo in cui l’attributo della mia misericordia si deve maggiormente manifestare e in cui voglio che il mio amore non resti inoperoso, avendo riguardo per i giusti che ci sono in questo tempo e che lo rendono accettabile, voglio aprire a tutti una porta attraverso cui accedere alla mia misericordia.
Ora che il mondo è giunto al secolo più infelice da quando il Verbo si è fatto carne e gli uomini sono più dimentichi del proprio bene, che cercano sempre meno; ora che più volge al termine il giorno della loro vita mortale col tramonto del sole del tempo, giungendo per i reprobi la notte dell’eternità e nascendo per i giusti il giorno eterno senza più notte; ora che la maggior parte dei mortali vive nelle tenebre della propria ignoranza e delle proprie colpe, opprimendo i giusti e disprezzando i figli di Dio; ora che la mia legge santa e divina si conculca per l’iniqua ragione di stato tanto odiosa quanto nemica della mia grande provvidenza; ora infine che mi vedo così ripagato dai malvagi, proprio in questo tempo, per riguardo ai giusti, voglio offrire una luce perché gli uomini si illuminino nelle tenebre della loro cecità, e voglio dar loro – ammesso che vogliano avvalersene – un rimedio opportuno per giungere alla mia grazia.
Felici coloro che lo troveranno; beati quelli che ne conosceranno il valore; ricchi coloro che s’incontreranno con questo tesoro; fortunati e assai sapienti quelli che vi scruteranno dentro con riverenza e ne intenderanno gli enigmi e i misteri! Voglio inoltre che sappiano quanto vale l’intercessione di colei che fu rimedio delle loro colpe, dando nel suo grembo vita mortale all’Immortale.
Voglio che abbiano come specchio, in cui scorgere la propria ingratitudine, le opere ammirabili del mio braccio onnipotente con questa semplice creatura, e intendo manifestarne molte altre da me compiute con la Madre del Verbo, ma che finora ho tenuto nascoste per i miei alti giudizi».
Per un approfondimento cfr. S. Cecchin, Maria di Gesù d’Ágreda. Mistica dell’Immacolata Concezione, LDC-Velar, Gorle 2016.

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ZENIT Staff

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