La Chiesa in Africa approfondisca il rapporto con i media

L’auspicio del Vescovo nigeriano Emmanuel Adetoyese Badejo

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di Roberta Sciamplicotti

ROMA, lunedì, 5 ottobre 2009 (ZENIT.org).- La Chiesa in Africa deve imparare a capire i media e non solo a usarli, e il Sinodo dei Vescovi per l’Africa deve lanciare un forte appello a questo riguardo.

Lo afferma Emmanuel Adetoyese Badejo, Vescovo coadiutore di Oyo (Nigeria), che in un rapporto riportato dal Catholic Information Service for Africa (CISA) sottolinea come già il primo Sinodo dei Vescovi per l’Africa (1994) abbia inserito tra i punti chiave per la Chiesa nel continente proprio le comunicazioni sociali.

Da allora sono stati compiuti grandi sforzi per “aumentare la consapevolezza dell’importanza delle comunicazioni nella missione della Chiesa in Africa”, ha spiegato, ma in questi anni “il mondo delle comunicazioni è stato reso più complesso dalla natura fluida e fugace delle cybercomunicazioni e di Internet, e anche dalla crescita sempre maggiore delle strutture dette nuove tecnologie mediatiche”.

Per questo, ammette il presule, “le politiche di comunicazione, il linguaggio, i metodi e le strategie che avrebbero potuto sembrare perfetti dieci anni fa sono a malapena adeguati attualmente”.

L’obiettivo che si pone attualmente è dunque quello di “aiutare i futuri sacerdoti e gli agenti di missione a vedere le comunicazioni come un sistema da studiare e comprendere e in cui entrare, piuttosto che come una serie di ‘mezzi da usare’. Un utente resta sempre esterno allo strumento, mentre un sistema richiede un impegno più integrato”.

Dall’utilizzo all’impegno

“La full immersion di colui che si prepara al ministero sacerdotale, alla vita religiosa o a un qualsiasi livello di lavoro pastorale nelle sfide e nelle implicazioni della comunicazione permetterà a questo individuo di svolgere in modo facile e fruttuoso e in modo dinamico la proclamazione del Vangelo, di impegnarsi nel dialogo a ogni livello e di decifrare la moltitudine di modi in cui l’esistenza della Chiesa presenta un’opportunità per una comunicazione efficace”.

In questo contesto, “il candidato può concettualizzare, comprendere e incarnare più chiaramente le dimensioni trinitarie e cristologiche della comunicazione, in cui la più alta forma di comunicazione è la presenza, la persona e l’atto di donazione di Cristo”.

“Gesù non si è limitato a comunicare o a usare gli strumenti della comunicazione; è diventato la comunicazione dell’amore di Dio stesso – ha proseguito il Vescovo –. Cristo diventa allora il modello, l’unico che l’agente pastorale deve incarnare quotidianamente nel processo di evangelizzazione”.

Nel mondo attuale, ha avvertito, “fin troppe opportunità di questa presenza comunicativa in cui la Chiesa e i suoi agenti potrebbero raggiungere membri della comunità umana a cui altrimenti non si potrebbe arrivare non sono utilizzate o quantomeno non come si dovrebbe”.

Il Vescovo Badejo ha quindi chiesto “un costante aggiornamento del curriculum delle comunicazione a tutti i livelli di formazione”.

A questo proposito, è necessario non solo che “la dimensione e l’implicazione comunicativa di ogni corso di formazione sia sottolineata e chiarita all’agente di evangelizzazione”, ma anche che la giusta formazione dottrinale sia “completata da un certo livello di conversione dell’atteggiamento verso la comunicazione”.

Questo, a suo avviso, implica un adattamento alla cultura mediatica tradizionale e contemporanea, perché “è solo con questo tipo di preparazione che si può cambiare atteggiamento e orientamento, facendo sì che la distanza tra quanti sono considerati ‘nativi’ dei nuovi media e i cosiddetti immigrati non sia più tanto ampia”.

“Gli agenti di pastorale, inclusi i Vescovi, devono essere incoraggiati a capire, a impegnarsi e a vivere, e non solo a usare, la cultura mediatica e il sistema di comunicazione contemporanei per realizzare efficacemente la missione della Chiesa”.

“Questo cambiamento non può aspettare un altro Sinodo”, ha concluso. “Il momento giusto è questo!”.

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ZENIT Staff

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