Incontrare veramente il Risorto

Vangelo della III Domenica di Pasqua

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di padre Angelo del Favero*

ROMA, giovedì, 19 aprile 2012 (ZENIT.org).- “In quel tempo,…Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Sconvolti e pieni di paura credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: “Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho”. Dicendo questo mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: “Avete qui qualche cosa da mangiare?”. Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: “Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nel Profeti e nei Salmi”. Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: “Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni” (Lc 24,35-48).

Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi” (Lc 24,44): dicendo così, il Risorto sembra contraddirsi. Infatti, ai discepoli stupefatti ha appena dimostrato di non essere un fantasma (“Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho.” – 24,39), ed ora parla al passato, come farebbe il fantasma di un morto: “..vi dissi quando ero ancora con voi”.

L’aggiunta di un avverbio ci aiuta a comprendere: significa quando Gesù era ancora con lorofisicamente.

Ma allora ci chiediamo: quel Gesù che appare ai discepoli, è veramente la persona di prima?

Il Vangelo rivela che quella del Signore risorto non è più una presenza materiale, corruttibile come la nostra carne biologica. Invitando i discepoli a toccare il Suo corpo, Gesù fa intendere loro che il reciproco rapporto di amicizia, fatto di gesti e sensazioni concrete, non si è interrotto. Infatti la corporeità, per la Bibbia, non è solo segno fisico e materiale, ma è espressione della persona intera nella sua capacità di comunicare e comunicarsi.

Ora, noi sappiamo e crediamo che il Signore risorto è veramente vivo con il Suo corpo in mezzo a noi, e che la Sua presenza non è sottratta alla nostra possibilità umana di contatto, come lo è un’ombra che sfiora il corpo senza toccarlo.

La domanda decisiva è perciò questa: come possiamo sperimentare (pur nella non-fisicità della fede) la reale presenza di Gesù, vivo in mezzo a noi e dentro di noi? La Sua umanità fa parte di un mondo del tutto inaccessibile, oppure continua ad essere la porta d’accesso per un autentico incontro con Dio?

In altre e più concrete parole: è possibile anche a me, oggi, qui nella mia stanza, “udire, vedere, toccare” il Signore, ed essere così testimone credibile dell’incontro con Lui (Lc 24,48)?

La risposta è del tutto affermativa: sì, è veramente possibile! E’ possibile da duemila anni, ma il modo di un simile ineffabile incontro è stato magistralmente descritto solo sei secoli fa, dalla santa carmelitana Teresa d’Avila (1515 – 1582).

Per questo suo immenso merito dottrinale, nel 1970 è stato conferito a Teresa il titolo di “Dottore della Chiesa” (quasi un “Nobel” spirituale).

Nell’omelia di quel giorno, tratteggiando il carisma del Carmelo rinnovato da Teresa, papa Paolo VI parlò dei segreti dell’unione mistica con Dio, che la nostra riformatrice ha conosciuto ed insegnato, e disse: “…sono i segreti dell’orazione. La sua dottrina è qui. Ella ha avuto il privilegio e il merito di conoscerli per via di esperienza..ha avuto l’arte di esporli questi medesimi segreti, tanto da classificarsi tra i sommi maestri della vita spirituale. Ornata di questo titolo magisteriale, ella ha un’autorevole missione da compiere, nella sua famiglia religiosa e nella Chiesa orante e nel mondo, con un suo messaggio perenne e presente: il messaggio dell’orazione” (Domenica 27 settembre 1970, Basilica di San Pietro).

Ma che cos’è, e come ‘si fa’ orazione?La risposta è semplice, dato che la domanda è simile a questa: cos’è, e come si fa amicizia con qualcuno? Tutti comprendiamo che l’amicizia non è una tecnica, ma una relazione affettiva nutrita da vero amore e dalla fedeltà all’incontro.

Così..: “la vita di orazione che Teresa insegna può stimarsi una vita di amore, poiché l’orazione è quella necessità dell’amicizia, per cui parliamo a lungo soli con Dio, dal quale sappiamo di essere amati” (Paolo VI, Lettera apostolica, 27 settembre 1970).

L’orazione è l’incontro interiore con Gesù, nostro amico e sposo dell’anima, vivo e radioso, che sta in nostra attesa: “Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre, entrerò, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20).

Si tratta di un vero e proprio appuntamento “a quattr’occhi” con il Figlio di Dio, il Quale ci fissa per far sentire al nostro volto la gioia della Sua dolce amicizia.

Così, di volta in volta, l’orazione trasforma il cuore e ci fa diventare quell’uomo nuovo che già siamo in forza del Battesimo e della Risurrezione di Cristo.

La nostra parte, insegna Santa Teresa, non è tanto (o solo) quella di affaticare la mente a riflettere sulla presenza interiore di Gesù, ma semplicemente ‘guardare’ il Suo volto rivolto a noi: “non vi chiedo altro che di guardarLo..tiene tanto a che noi Lo guardiamo, che non sarà per causa Sua se non succederà. E’ dunque troppo che, a Chi tanto vi da’, volgiate qualche volta gli occhi per guardarLo?” (Cammino di perfezione, c. 26,3-4).

A dire il vero, qui si rimane un poco perplessi, ma queste parole non vanno prese alla lettera. Ad occhi chiusi non si vede nessuno, se non in sogno. L’orazione, però, è realtà.

Guardare Gesù non è un atto della vista, o della memoria, o del pensiero che immagina. E’ piuttosto un atto della coscienza personale, mediante il quale (e con l’aiuto determinante dello Spirito Santo) si può cogliere anche affettivamente la presenza reale del Signore. E’ simile all’atto spirituale con cui ognuno conosce se stesso, si vuol bene, si guarda ‘dentro’, si auto-possiede.

E’ anche simile all’atto di amorosa coscienza con cui una mamma incinta entra in contatto con il bambino dentro di sé. Ella ‘guarda’ e contempla il suo bambino ad occhi chiusi, lo immagina senza faticare, lo incontra ogni volta che lo desidera.

Ecco, Gesù vive nel grembo dell’anima, e ‘guarda’ da dentro tutto il nostro essere, l’intera nostra persona. Lo può fare per il fatto stesso che è Lui il nostro Creatore, “l’Autore della vita” (At 3,15) che ci mantiene in continua creazione.

E quando Dio crea, guarda; e quando Dio guarda, crea.

——–

* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E’ diventato carmelitano nel 1987. E’ stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.

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ZENIT Staff

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