Parole dure, anzi durissime, quelle rivolte giovedì 8 giugno scorso da papa Francesco alla delegazione della diocesi di Ahiara, nel sud della Nigeria, ma diffuse solo ieri, sabato 10 giugno, dalla Sala Stampa vaticana sia in inglese che in italiano.
Dichiarandosi “molto triste” per quello che è successo nella diocesi, il Papa ha infatti deciso che ogni sacerdote della diocesi nigeriana ha tempo fino al 9 luglio prossimo — quindi un mese — per scrivere una lettera a lui, in cui manifesti chiaramente “totale obbedienza” al Papa e si dichiari inoltre “disposto ad accettare il vescovo che il Papa invia e il vescovo nominato”. Chi non lo fa — avverte il romano Pontefice — verrà “ipso facto” “sospeso a divinis e decade dal suo ufficio”.
L’udienza e il discorso di giovedì sono la nettissima risposta di Jorge Bergoglio all’inaccettabile situazione di stallo che si è verificata nella diocesi di Ahiara in seguito alla nomina nel dicembre 2012 di mons. Peter Ebere Okpalek alla guida della diocesi, respinta da una parte dei fedeli e del clero per motivi etnici. In attesa di una soluzione il cardinale arcivescovo di Abuja, John O. Onaiyekan, era stato nominato nel 2013 amministratore apostolico di Ahiara.
Nel discorso Francesco parla di “una ferita inferta alla comunione ecclesiale” e paragona senza mezze parole coloro che si sono opposti al nuovo vescovo ai “vignaioli assassini” che vogliono appropriarsi dell’eredità, descritti nella parabola del Vangelo (Matteo 21, 33-44).
“La Chiesa è madre e chi la offende compie un peccato mortale”, ricorda Francesco, che chiede: “ma perché il Papa fa questo?”. Lo fa — così risponde — “perché il Popolo di Dio è scandalizzato” e “chi scandalizza, deve portarne le conseguenze”, prosegue il Pontefice, che dichiara anche di non aver voluto sopprimere la diocesi.
Pubblichiamo di seguito le parole di papa Francesco.
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La Chiesa, infatti (e mi scuso per la parola), è come in stato di vedovanza per aver impedito al Vescovo di andarvi. Tante volte mi è venuta in mente la parabola dei vignaioli assassini, di cui parla il Vangelo (cfr. Mt 21, 33-44)…che vogliono appropriarsi dell’eredità. In questa situazione la Diocesi di Ahiara è come senza sposo, ed ha perso la sua fecondità e non può dare frutto.
Chi si è opposto alla presa di possesso del Vescovo Mons. Okpaleke vuole distruggere la Chiesa; ciò non è permesso; forse non se ne accorge, ma la Chiesa sta soffrendo e il Popolo di Dio in essa. Il Papa non può essere indifferente.
Conosco molto bene le vicende che da anni si trascinano nella Diocesi e ringrazio per l’atteggiamento di grande pazienza del Vescovo; dico di santa pazienza da lui dimostrata. Ho ascoltato e riflettuto molto, anche sull’idea di sopprimere la Diocesi; ma poi ho pensato che la Chiesa è madre e non può lasciare tanti figli come voi. Ho un grande dolore verso questi sacerdoti che sono manipolati, forse anche dall’estero e da fuori Diocesi.
Ritengo che qui non si tratti di un caso di tribalismo, ma di appropriazione della vigna del Signore. La Chiesa è madre e chi la offende compie un peccato mortale, è grave. Perciò ho deciso di non sopprimere la Diocesi. Tuttavia, desidero dare alcune indicazioni da comunicare a tutti: anzitutto va detto che il Papa è profondamente addolorato, pertanto, chiedo che ogni sacerdote o ecclesiastico incardinato nella Diocesi di Ahiara, sia residente, sia che lavori altrove, anche all’estero, scriva una lettera a me indirizzata in cui domanda perdono; tutti, devono scrivere singolarmente e personalmente; tutti dobbiamo avere questo comune dolore.
Nella lettera
1. si deve chiaramente manifestare totale obbedienza al Papa, e
2. chi scrive deve essere disposto ad accettare il Vescovo che il Papa invia e il Vescovo nominato.
3. La lettera deve essere spedita entro 30 giorni a partire da oggi fino al 9 luglio p.v. Chi non lo farà ipso facto viene sospeso a divinis e decade dal suo ufficio.
Questo sembra molto duro, ma perché il Papa fa questo? Perché il Popolo di Dio è scandalizzato. Gesù ricorda che chi scandalizza, deve portarne le conseguenze. Forse qualcuno è stato manovrato senza una piena cognizione della ferita inferta alla comunione ecclesiale.
A voi, fratelli e sorelle, manifesto vivo ringraziamento per la vostra presenza; così pure al Cardinale Onaiyekan per la sua pazienza e al Vescovo Okpaleke, di cui ho ammirato oltre la pazienza anche l’umiltà. Grazie a tutti.
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