Il Papa: “No a ideologie che strumentalizzano i poveri per interessi politici”

Incontrando la società civile paraguayana, Francesco richiama all’esperienza storica delle “Riduzioni” e invita ad amare la Patria evitando “sguardi ideologici sui poveri” e l’idolatria del denaro

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Il poliedro, simbolo tanto caro a papa Francesco, si è tradotto sotto i suoi occhi quest’oggi, presso il Palazzetto dello Sport “León Condou” del Colejo San José. Docenti, artisti, industriali, sindacalisti, sportivi, operatori della comunicazione, associazioni, agricoltori e indigeni: tante le categorie della società civile paraguayana che il Santo Padre ha incontrato, accompagnato da mons. Adalberto Martínez Flores, Ordinario Militare e Segretario della Conferenza Episcopale del Paraguay, e accolto da un’originale orchestra di giovani che suonano strumenti musicali ricavati da prodotti riciclati.

Pervaso dalla vivacità dei presenti e ascoltando alcune testimonianze, Francesco si è detto entusiasta di questo incontro. Dio – ha aggiunto – “è sempre a favore di tutto ciò che aiuta a sollevare, a migliorare la vita dei suoi figli”. Di qui l’apprezzamento per “la linfa di una vita che scorre e vuole germinare” in seno alla società civile paraguayana. Riferendosi alle persone che hanno parlato prima del suo intervento, il Papa ha detto di vedere in loro “la volontà per il bene della Patria”.

Dopo di che, ha risposto alla domanda di un giovane, che ha espresso “la preoccupazione di far sì che la società sia un luogo di fraternità, di giustizia, di pace e dignità per tutti”. Anzitutto, il Vescovo di Roma ha tenuto a precisare che “felicità e piacere non sono sinonimi”, giacché la prima “costruisce, consolida, esdifica” e “richiede l’impegno e la dedizione”.

Alla luce di questa considerazione, Francesco ha spronato la vasta popolazione giovane del Paraguay, definita “una grande ricchezza”, a “giocarsela tutta”. E per farlo, indispensabile è l’apporto di “persone anziane, dei vostri nonni”. Il Papa ha indicato: “Perdete molto tempo ad ascoltare tutte le cose buone che hanno da insegnarvi”, poiché essi “sono i custodi di quel patrimonio spirituale di fede e di valori che plasmano un popolo e rischiarano il cammino”. Indispensabile è poi la preghiera, in Gesù, che “è il segreto perché il vostro cuore si mantenga sempre gioioso nella ricerca della fraternità, della giustizia, della pace e della dignità per tutti”.

Giustizia e pace che devono essere “concrete, altrimenti non servono a nulla!”, l’esclamazione del Pontefice. E passano attraverso il dialogo. È da qui che nasce la risposta alla seconda domanda, riferita al dialogo come mezzo per costruire un progetto di nazione che includa tutti. “Effettivamente il dialogo non è facile”, la riflessione di papa Bergoglio. “Ci sono molte difficoltà che devono essere superate e, a volte, sembra che noi ci impegniamo a rendere le cose ancora più difficili”, ha proseguito. Difficoltà che nascono sovente dall’incapacità di relazionarsi con chi è diverso da noi. Per il Papa l’incontro deve avere come base il saper riconoscere “che la diversità non solo è buona: è necessaria”.

Francesco ricorda che “il bene comune si cerca a partire dalle nostre differenze”. E riconosce anche che nel dialogo non sempre tutto è coordinato come fosse “un balletto”, in quanto spesso scaturisce “il conflitto”. Ma questa cosa non va temuta o ignorata, “al contrario siamo invitati a farcene carico”, ha detto il Papa. È in questo passaggio del suo discorso che emerge di nuovo la figura del poliedro. Il Santo Padre evoca “un’unità che non è uniformità”, che “non rompe le differenze, ma che le vive in comunione attraverso la solidarietà e la comprensione”. Secondo lui, “questa è la base dell’incontro: siamo tutti fratelli, figli dello stesso Padre celeste, e ciascuno con la propria cultura, la propria lingua, le proprie tradizioni, ha molto da offrire alla comunità”. L’invito è dunque a non discriminare: “Se qualcuno considera che ci sono persone, culture, situazioni di seconda, terza o quarta categoria, qualcosa di sicuro andrà male, perché manca semplicemente il minimo, il riconoscimento della dignità dell’altro”.

Da qui nasce lo spunto per la risposta alla terza domanda, grondante inquietudine per la condizione di tanti indigenti. Il Papa ha precisato in primo luogo che “per promuovere i poveri” non serve “uno sguardo ideologico, che finisce per utilizzarli al servizio di altri interessi politici o personali”. Sottolineando che “le ideologie hanno una relazione incompleta, malata o cattiva con il popolo” e ricordando come nel secolo scorso sono sempre terminate in dittature, ha affermato che l’aiuto verso i poveri prescinde dalla consapevolezza che essi “hanno molto da insegnarci in umanità, in bontà, in sacrificio”. E “noi cristiani” – aggiunge – “abbiamo inoltre un motivo in più per amare e servire i poveri: in loro vediamo il volto e la carne di Cristo, che si è fatto povero per arricchirci per mezzo della sua povertà“.

Il Papa ha rilevato la necessità che le persone “la cui vocazione è di aiutare lo sviluppo economico” assicurino “che questo abbia sempre un volto umano”. Pertanto, “gli imprenditori, i politici, gli economisti, devono lasciarsi interpellare” da quanti si struggono per “portare il pane a casa, offrire ai figli un tetto, la salute e l’istruzione”, definiti “aspetti essenziale della dignità umana”.

La richiesta di Francesco è quindi eloquente: “Vi chiedo di non cedere ad un modello economico idolatrico che abbia bisogno di sacrificare vite umane sull’altare del denaro e del profitto”. Il Santo Padre ha ricordato che “il Paraguay è noto in tutto il mondo per essere stato la terra dove iniziarono le ‘Riduzioni’”. Definite da Francesco “una delle più interessanti esperienze di evangelizzazione e di organizzazione sociale della storia”, le Riduzioni erano costituite da piccoli nuclei cittadini istituiti dai missionari gesuiti per evangelizzare le popolazioni indigene. “Questa esperienza storica ci insegna che una società più umana è possibile anche oggi”, ha affermato il Pontefice.

Di nuovo di storia, o meglio di memoria storica da tener viva nel presente, ha parlato poi Francesco. Riferendosi alle autorità politiche del Paraguay, sedute dinanzi a lui, egli ha invitato a esprimere un “giudizio netto” contro la repressione. Il Papa ha dunque ammonito, suscitando gli applausi scroscianti del Palazzetto: “Siccome ci sono politici qui presenti, lo dico francamente: venendo qui mi hanno parlato di una persona che sarebbe stata ‘sequestrata’ dall’esercito. Solo dico, non so se è vero o no, però uno dei metodi che avevano le ideologie dittatoriali del secolo scorso era proprio mettere da parte la gente, reprimerla, o metterla nei campi di concentramento, come i nazisti o gli stalinisti”.

“Un’altra cosa, voglio dire – prosegue il Papa -: un metodo che non dà libertà alla persona ad assumere la loro responsabilità nella società, è il ricatto: devi fare questo per avere quest’altro… Il ricatto è sempre corruzione. E la corruzione è la cancrena di un popolo”. Inoltre, conclude, “la cosa peggiore che potete fare uscendo da qui è dire: ‘Il Papa ce l’aveva con quello e con quell’altro’. E non capire che invece le cose erano dette proprio per lui”.

Ribadendo infine la gioia per questo incontro con la società civile paraguayana, l’invito finale di Francesco è ad amare la Patria, i propri concittadini e “soprattutto” i più poveri. E’ così che – assicura – “sarete davani al mondo una testimonianza che un altro modello di sviluppo è possibile”.

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Federico Cenci

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