Il Card. Caffarra ai sacerdoti: predicate nel “cortile dei gentili”

Nella solennità della Beata Vergine in San Luca, patrona di Bologna

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di Antonio Gaspari

ROMA, giovedì, 13 maggio 2010 (ZENIT.org).- Nella solennità della Beata Vergine in San Luca, patrona di Bologna, (13 maggio) il cardinale Carlo Caffarra ha ricordato che Maria è “l’arca della Nuova Alleanza che reca la presenza salvifica del Signore in mezzo al suo popolo” ed ha invitato i sacerdoti a predicare il Vangelo nel “cortile dei gentili”.

Nel corso dell’omelia della Santa Messa Episcopale concelebrata da tutti i sacerdoti della diocesi, l’Arcivescovo di Bologna ha spiegato che come l’arca della prima Alleanza fu accolta dai leviti ‘levando la loro voce’, così Elisabetta accoglie Maria “esclamando a gran voce: ‘benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo’”.

Così, ha sostenuto il porporato, Maria “ci ha visitato, recandoci la presenza salvifica del nostro Salvatore” per questo bisogna esultare di gioia come fece Giovanni.

Il cardinale Caffarra ha quindi ricordato che una imponente tradizione dei Padri e dei Dottori della Chiesa insegna che “mediante la presenza di Maria, Giovanni è stato santificato fin dal grembo materno”.

L’evento di grazia che accade nella casa di Zaccaria ed Elisabetta è dunque “l’unzione profetica” di Giovanni.

“La santificazione del precursore fin dal grembo materno – ha precisato l’Arcivescovo – consiste dunque nella sua vocazione ad essere profeta dell’Altissimo: ‘per andare davanti al Signore a preparargli le strade. E pertanto Giovanni inizia a profetare mediante la voce di sua madre”.

Facendo riferimento all’Anno sacerdotale il cardinale Caffarra ha spiegato che la visita di Maria sollecita la missione profetica di predicare il Vangelo ad ogni presbitero.

“La predicazione del Vangelo precede ogni altra attività apostolica” ha sottolineato l’Arcivescovo, ed è “nel ‘cortile dei gentili’ che oggi il Signore ci chiede di esercitare il nostro munus propheticum più che nel recinto del Santo dei Santi”.

Il porporato ha sostenuto che “il profeta però non parla a nome proprio” e “infatti non predichiamo noi stessi” ma “il Vangelo di Dio.

“Il sacerdote-profeta – ha aggiunto – ha ricevuto una parola che non è sua; di cui è debitore verso ogni uomo poiché è la salvezza di ogni uomo”.

Circa la fonte da cui attingere la parola profetica, il cardinale Caffarra ha detto: “Scrittura, Tradizione, Magistero: il triplice ed unico canale da cui attingiamo l’acqua della Parola che annunciamo.

“Il sacerdote – ha continuato – deve giungere ad una tale assimilazione della Parola profeticamente predicata, che il suo pensiero, il suo sentire, il suo predicare è diventato pura trasparenza e rifrazione del pensiero, del sentire, della predicazione di Cristo. Come il pesce nell’acqua, siamo immersi nella verità che è Cristo”.

In conclusione l’Arcivescovo di Bologna ha invocato Maria dicendo: “Ottienici la forza dello Spirito perché siamo profeti ‘in opere ed in parole’ del tuo Figlio. Ogni fedele riconosca nella voce di ciascuno di noi la voce del Buon Pastore; ogni uomo e donna ancora in ricerca riconosca nella voce di ciascuno di noi la risposta alla sua attesa più profonda. O Spirito di profezia scendi su di noi”. 

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ZENIT Staff

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