In Giappone c’è un detto che ricorre ogni anno, in occasione dell’anniversario del lancio della bomba atomica: “Hiroshima urla, Nagasaki prega”. Proteste nella prima città colpita dall’aviazione statunitense, composte liturgie nella seconda.
È un fatto questo, che attesta la presenza nel Paese del Sol Levante di un “piccolo gregge” cristiano che ha saputo resistere a secoli e secoli di persecuzioni, offrendo una testimonianza all’insegna di un dignitoso silenzio.
Questo serafico atteggiamento è riassunto nell’espressione della statua che ad Osaka rappresenta Justus Takayama Ukon. Un guerriero dallo sguardo fiero e con i capelli raccolti dietro il capo, tra le mani una katana sormontata dal crocifisso.
L’onore di un samurai al servizio di Cristo. Fu questo Ukon, perseguitato per seguire il Vangelo nel Giappone del XVI secolo. Sposato e padre di cinque figli, divenne cristiano già a dodici anni, quando suo padre si convertì – prendendo per sé il nome Dario e dando a suo figlio il nome Justus – grazie alla predicazione del gesuita San Francesco Saverio.
Per non abiurare quella fede cristiana, Ukon anni più tardi fu disposto a perdere tutti i riconoscimenti che aveva ottenuto ed ereditato dalla sua famiglia e a morire in esilio. Era una dinastia molto potente, quella dei Takayama Tomoteru, signori del castello di Sawa e di tutta la regione di Takatsuki.
Erano persone ricche di denaro e di virtù guerriere. Ukon, come tutti i suoi familiari, praticava il bushido, la “via della spada”, che condensa disciplina militare e norme morali molto rigide. Era anche un daimyo di nomina imperiale, pertanto possedeva il diritto di assoldare un esercito privato.
Il Giappone nel quale viveva (siamo intorno al 1580) era guidato dallo shogun (dittatore) Toyotomi Hideyoshi, noto anche come il “secondo unificatore della patria”. In quegli anni sbarcarono anche i primi predicatori cristiani, gesuiti guidati da San Francesco Saverio.
Specie nella zona di Nagasaki, riuscirono a portare a Cristo molte persone, principalmente potenti famiglie di samurai. Nel 1587, tuttavia, Hideyoshi decise di limitare quella che veniva definita la “religione dell’Occidente”.
Torture, estorsioni, abiure e violenza spinsero la maggior parte dei neofiti cristiani ad abbandonare la fede. Ukon e suo padre invece resistettero. Disposti ad affrontare la morte e l’umiliazione ma non a rinunciare al cristianesimo, rimisero nelle mani dell’imperatore terreni e onori militari.
Affrontarono una vita di stenti fino al 1614, quando l’imperatore decise di mettere al bando del tutto il cristianesimo. A quel punto Ukon scelse la via dell’esilio e, insieme ad altri 300 cristiani, si trasferì a Manila. Nelle Filippine trovò sostegno dei cattolici locali, dei gesuiti europei e della potenza coloniale, la Spagna. Morì a Manila appena quaranta giorni dopo il suo arrivo, il 4 febbraio 1615. Al funerale cattolico fu insignito dei più alti onori militari.
Anche nel Giappone, la sua patria, Ukon lasciò una traccia che perdura fino ad oggi. Prima di andare in esilio, contribuì alla fondazione di diversi seminari nella zona di Nakasaki, piccole comunità che hanno avuto il compito di tenere accesa la fiamma cristiana nel corso dei secoli. Ancora oggi quella di Nakasaki è la zona in cui è concentrato il maggior numero di seguaci di Cristo.
La memoria di Justus Takayama Ukon è sempre rimasta viva in loro. Già nel XVII secolo, grazie al clero di Manila, si tentò di beatificare il “samurai di Cristo”. Ma a causa della politica isolazionista dello shogunato Tokugawa, non fu possibile entrare in possesso dei documenti necessari all’indagine canonica. Nel 1965 ci fu un secondo tentativo, vanificato però da alcuni errori di forma nella preparazione della causa.
Oggi, finalmente, la beatificazione di Justus è potuta diventare realtà. Ha celebrato la Messa, ad Osaka, il card. Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il quale ha definito il nuovo beato – riferisce AsiaNews – “uno straordinario testimone della fede cristiana in tempi difficili, di contrasti e persecuzione”.
Justus è il primo singolo a ricevere gli onori degli altari nella storia del cattolicesimo nipponico. Dal Giappone vengono infatti 42 santi e 393 beati, tutti martiri del periodo Edo (1603-1867) e tutti festeggiati in gruppo.
Questi martiri – ha detto il card. Amato – benedicono la Chiesa giapponese con la loro “splendida testimonianza”. Uno splendore che rifulge nell’onore di Justus Takayama Ukon, il “samurai di Cristo”.
Justus takayama ukon, statua a Osaka - Wikimedia Commons
Giappone. Beatificato il "samurai di Cristo"
È salito oggi agli onori degli altari Justus Takayama Ukon, signore feudale giapponese che rinunciò ad ogni privilegio ed accettò l’esilio pur di seguire il Vangelo