Bozzolo, San Pietro / Wikimedia Commons - Massimo Telò, CC BY-SA 3.0

Don Primo Mazzolari: un profeta dal passo “troppo lungo”

Biografia del Servo di Dio Primo Mazzolari, in occasione della visita di Papa Francesco a Bozzolo

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Martedì 20 giugno 2017, papa Francesco si recherà in visita a Bozzolo, in provincia di Mantova, dove si fermerà in preghiera sulla tomba di Don Primo Mazzolari nella chiesa parrocchiale di San Pietro.
Per l’occasione ripercorriamo, brevemente, le fasi più significative della vita del prete “amico della povera gente” e che Paolo VI definì come un profeta dal passo “troppo lungo”.
Don Primo Mazzolari — secondo quanto scritto da Paolo delli Carri per piemontesacro.it — è nato il 13 gennaio 1890 a Boschetto, provincia di Cremona, da una famiglia contadina. Ben presto sente e segue la vocazione sacerdotale, tanto che, a soli dieci anni, entrò nel seminario minore di Cremona, dove rimase fino alla sua ordinazione sacerdotale il 24 agosto 1912.
Il giovane prete, fu nominato vicario a Spinadesco per essere poi subito richiamato, nel seminario di Cremona, per insegnare Lettere.
Intanto la Prima guerra mondiale scoppiò e don Primo si oppose subito alla “mentalità” militarista tedesca.
La Guerra lo segna come uomo e come prete. Comprende che la pace dev’essere cercata ad ogni prezzo, tanto che dirà: “Se invece di dirci che ci sono guerre giuste e guerre ingiuste i nostri teologi ci avessero insegnato che non si deve ammazzare per nessuna ragione, che la strage è inutile sempre, e ci avessero formati ad un’opposizione cristiana chiara, precisa ed audace, invece di partire per il fronte saremmo discesi sulle piazze”.
Lascia l’esercito nel 1920 e nominato parroco a Bozzolo, in provincia di Mantova. Due anni dopo viene nominato parroco a Cicognara dove, in dieci anni, plasmò il suo stile da “prete del sociale” organizzando una scuola serale per contadini e aprendo una biblioteca. Nel 1932 viene nominato parroco a Bozzolo.
In questo periodo scrisse numerose opere, molte delle quali ostacolate dal Sant’Uffizio e dalle autorità fasciste.
L’opposizione al fascismo, che prese piede anche prima della marcia su Roma, fu caratterizzata da diversi episodi: non volle cantare il “Te Deum” per lo scampato attentato a Mussolini; non volle votare per la lista unica dei fascisti scatenando l’ira degli squadristi che esplosero tre colpi di rivoltella nella sua finestra, ma senza colpirlo.
Don Primo nella sua opposizione né ebbe per tutti, anche per il clero che restava “tiepido” davanti all’opera dittatoriale fascista. Nel 1924 scrisse: “sento il dovere di dichiararmi apertamente a favore degli oppressi”.
Dopo la caduta del fascismo e l’adesione alla resistenza fu costretto alla clandestinità fino alla liberazione.
Nel 1949 fondò un periodico (“Adesso”) che fu pubblicato fino al 1951, quando fu “sospeso”, su richiesta della Santa Sede.
Tra i suoi tanti scritti, nel 1955, ne uscì uno anonimo: “Tu non uccidere”. Il trattato di don Primo sottolinea la necessità di una pace che dev’essere ben radicata nella vita del cristiano che non deve dare spazio ad alcuna violenza. Così scriveva: “Cadono, quindi, le distinzioni tra guerre giuste e ingiuste, difensive e preventive, reazionarie e rivoluzionarie. Ogni guerra è fratricidio, oltraggio a Dio e all’uomo”.
Nel 1957 è chiamato a predicare a Milano dal cardinal Montini, futuro Paolo VI. Lo stesso papa Montini, successivamente, parlando di don Primo dirà: “Lui aveva il passo troppo lungo e noi si stentava a tenergli dietro. Così ha sofferto lui e abbiamo sofferto anche noi. Questo è il destino dei profeti”.
Con l’avvento di Giovanni XXIII il “pensiero moderno” di don Mazzolari trovò terreno più fertile, facendolo diventare il “precursore” delle innovazioni del Concilio Vaticano II. Don Primo, che ha sempre lasciato il primo posto alla Parola di Dio, è stato accolto dal cardinale Roncalli e dal cardinale Montini, tanto è vero che il primo, divenuto Papa, lo definì “tromba dello Spirito Santo”.
Don Primo Mazzolari, il parroco semplice per i semplici, morì il 12 aprile 1959 nella casa di cura “San Camillo” di Cremona.
Nel 2015 è stato autorizzato l’avvio della causa di beatificazione.
Ricordiamo alcune delle sue opere: “La più bella avventura” (1934); “Il samaritano” (1938); “I lontani” (1938); “Tra l’argine e il bosco” (1938); “Tempo di credere” (1941); “Impegno con Cristo” (1943).
Fra i suoi amici, invece, si ricordano: il fondatore di Nomadelfia, don Zeno Saltini; il poeta padre David Maria Turoldo; il sindaco fiorentino Giorgio La Pira e lo scrittore Luigi Santucci.
Fonte: Paolo delli Carri per piemontesacro.it

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Giuseppe Cesareo

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