Cuba: ridedicazione della Chiesa di Nostra Signora dell'Assunzione di Baracoa

L’edificio è stato sottoposto ad un importante restauro, durato quasi tre anni

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

di Araceli Cantero Guibert

BARACOA, mercoledì, 22 agosto 2012 (ZENIT.org) – Dopo un lungo lavoro di restauro, durato 2 anni e 11 mesi, la città più antica di Cuba, Baracoa, nell’estremo est dell’isola, ha celebrato il 15 agosto scorso la ridedicazione della sua Chiesa parrocchiale, la cui fondazione risale al 15 agosto 1512, la prima delle Americhe posta all’invocazione di Nostra Signora dell’Assunzione.

La stessa villa o città di Baracoa fu fondata un anno prima, il 15 agosto 1511, da Diego Velázquez de Cuéllar proprio con il nome di Villa de Nuestra Señora de la Asunción de Baracoa.

Durante una solenne Eucaristia sono stati unti con l’olio sacro l’altare e i muri del tempio e sono state collocate nell’altare varie reliquie di santi. La chiesa si è riempita di incenso e di canti e i fedeli hanno ascoltato preghiere per un rinnovamento interiore e per essere tempio di Dio in cui dimora lo Spirito.

“Si è potuto rinnovare l’edificio di pietra, cemento, sabbia… Una cosa difficile, ma anche più facile che rinnovare il nostro proprio edificio spirituale. È quello che ho chiesto a Dio per voi”, ha detto il vescovo della diocesi di Guantánamo-Baracoa, monsignor Wilfredo Pino Estévez, all’inizio dell’atto.

Rivolgendosi a centinaia di persone riunitesi il 15 agosto per il cinquecentesimo anniversario, mons. Pino ha sottolineato che i fedeli di Baracoa sono le pietre vive del tempio che ha riaperto le sue porte e “accoglierà tutti, proteggerà tutti ed abbraccerà tutti sotto la sua ombra benefica”.

Il pubblico ha accolto con un applauso le parole del Nunzio Apostolico, mons. Bruno Musarò, che ha rappresentato papa Benedetto XVI con la sua benedizione apostolica.

“Che questo tempio, che è soprattutto il tempio di pietre vive che siamo noi, sia casa di Dio e porta del cielo”, ha dichiarato il nunzio ricordando le litanie della Vergine.

La Chiesa appena restaurata – l’attuale edificio è dell’inizio del XIX secolo – custodisce l’antica Croce della Parra, l’unica sopravvissuta delle 29 croci piantate da Cristoforo Colombo durante i suoi quattro viaggi in America. In occasione del cinquecentesimo anniversario della fondazione della villa di Baracoa, il 15 agosto 2011 la Commissione Nazionale Cubana dei Monumenti ha dichiarato la Cruz de la Parra Monumento Nazionale.

Il territorio faceva parte dell’arcidiocesi di Santiago de Cuba, fino all’erezione della diocesi di Guantánamo-Baracoa da parte di papa Giovanni Paolo II durante la sua storica visita a Cuba nel gennaio del 1998.

La celebrazione è iniziata con una solenne processione d’ingresso sulla strada con circa 30 sacerdoti, seminaristi e diaconi e sette prelati, che si sono recati dalla Casa parrocchiale alla chiesa già gremita di fedeli.

Nel suo saluto, il vescovo ha spiegato l’importanza per ogni villaggio di avere la propria chiesa o luogo di culto, anche “se possiamo incontrare e pregare Dio in ogni parte di questo mondo meraviglioso”.

Ha chiesto che la Cappella del Santissimo “sia un angolo prezioso che invita tutti ad entrare e dove possiamo dire ogni giorno a Gesù: ‘Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta’”. Il presule ha anche pregato che la Cruz de la Parra ricordi a Cuba e a Baracoa le sue radici cristiane.

Davanti al popolo radunato e alle autorità ha fatto notare che più di 200 comunità della diocesi aspettano ancora il permesso per costruire una piccola cappella di legno di palma e con un tettuccio di paglia di palma. “Prego che, con lo sguardo diretto al bene di Cuba, quel giorno arrivi prima o poi”.

Tra gli applausi, il direttore dei lavori, Miguel Barrero Borrás, ha consegnato al vescovo i documenti relativi al restauro.

I fedeli e l’altare sono stati benedetti con l’acqua santa prelevata dal fiume Jojó, lo stesso attraversato il 21 febbraio 1853, dall’allora vescovo di Santiago de Cuba, Sant’Antonio Maria Claret.

L’unzione dell’altare e dei muri con l’olio santo è avvenuta dopo le letture. Nell’altare sono state collocate reliquie di Sant’Antonio Maria Claret, San Vincenzo de’ Paoli, Santa Caterina Ricci, e dei Beati José Olallo Valdés, Giovanni Paolo II e Madre Teresa di Calcutta.

Dopo la comunione, mons. Pino ha portato l’Eucaristia in processione alla Cappella del Santissimo Sacramento, in cui spicca un nuovo tabernacolo, un dono dei cattolici cubani della parrocchia di St. Brendan nell’arcidiocesi statunitense di Miami.

“L’amore ha reso possibile il dono del tabernacolo – ha detto il parroco di St. Brendan, padre Fernando Hería, che ha partecipato alla cerimonia -. Quando venite a pregare davanti a questo tabernacolo, ricordate che siamo uno e che la carità ci unisce”.

Carmen Espartero, cattolica di Baracoa che ha cantato nel coro durante l’Eucaristia, si è mostrata raggiante: “È una grande soddisfazione – ha detto – vedere che abbiamo un tempio nuovo nel quale possiamo formare la nostra chiesa, la nostra famiglia ed unirci di più”.

Oltre al nunzio, monsignor Musarò, hanno rappresentato le altre diocesi cubane l’arcivescovo di Santiago de Cuba, Dionisio García Ibañez, presidente della Conferenza Episcopale, il vescovo di Camagüey, mons. Juan García, il vescovo di Holguín, mons. Emilio Aranguren, il vescovo di Cienfuegos, mons. Domingo Oropesa, il vescovo ausiliare de L’Avana, mons. Alfredo Petit e il vescovo emerito di Holguín, mons. Héctor Peña.

Al termine dell’Eucaristia, il vescovo Pino ha ringraziato la collaborazione di tutti e ha menzionato più di 35 gruppi e persone, tra cui operai, benefattori, autorità, imprese, istituzioni, autisti e tecnici.

Il prelato ha concluso il suo intervento raccontando la favola di una lumaca che inizia la sua lenta salita del tronco di un ciliegio, molto prima che esso porti frutti, che poi viene derisa dai passeri. Ma la lumaca sapeva che “ci saranno le ciliegie quando io arrivo”.

Così è stato con il tempio di Baracoa, ha spiegato il vescovo. “Non avevamo tutto il cemento che serviva, né tutto il denaro, né tutto il legno, né tutta la calce. Ma avevamo la cosa più importante: la nostra fiducia in Dio! Egli è colui che ha fatto questa opera e noi siamo solo stati i aiutanti. Come Gesù ci ha insegnato a dire, ‘abbiamo fatto solo quello che dovevamo fare’”, ha quindi concluso.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Paul De Maeyer]

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione